Le temute truffe di identità basate sulle immagini sintetiche si sono concretizzate e sono in corso; i siti di disinformazione generano fiumi di falsità per incassare milioni; e le immagini di abusi su minori generate dal software travolgono, per pura quantità, chi cerca di arginare questi orrori.
Quando sono stati annunciati pubblicamente i primi software di intelligenza artificiale capaci di generare immagini e testi, per molti imprenditori la reazione istintiva è stata un entusiasmo sconfinato di fronte all’idea di poter tagliare i costi di produzione dei contenuti mettendo al lavoro questi nuovi servitori digitali al posto delle persone. Ma per molti altri, anche non esperti di informatica, la reazione è stata ben diversa. Paura, pura e semplice. Paura per il proprio posto di lavoro e paura per i possibili abusi, facilmente prevedibili, di questa tecnologia.
Questa è la storia di come quella paura del possibile è oggi diventata reale, raccontata attraverso tre casi recenti che sono un campanello d’allarme urgente. Le temute truffe di identità basate sulle immagini sintetiche si sono concretizzate e sono in corso; i siti di disinformazione generano fiumi di falsità per incassare milioni; e le immagini di abusi su minori generate dal software travolgono, per pura quantità, chi cerca di arginare questi orrori. La politica nazionale e internazionale si china su queste questioni con i suoi tempi inevitabilmente lunghi, ma nel frattempo i danni personali e sociali sono già gravi e tangibili, ed è decisamente il momento di chiedersi se si possa fare qualcosa di più di un coro tedioso di meritatissimi “Ve l’avevamo detto”.
Benvenuti alla puntata del 30 giugno 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane – e questa settimana inquietanti – dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.
Come temevamo i nodi relativi al nudging (spinta gentile) verso l'accettazione delle "decisioni" dell'Intelligenza Artificiale in campo medico stanno venendo al pettine.
Il WSJ racconta del caso di una esperta infermiera specializzata in oncologia che si è trovata di fronte a una diagnosi, secondo lei sbagliata, fatta da una IA. La diagnosi era di sepsi. L'allarme dell'algoritmo ha messo in relazione un elevato numero di globuli bianchi con un'infezione settica. A quanto pare l'IA non avrebbe tenuto conto che il paziente fosse affetto da leucemia, che può causare valori di globuli bianchi simili. L'algoritmo attiva l'allarme quando rileva modelli che corrispondono a precedenti pazienti con sepsi. Peraltro il sistema non ha spiegato la sua decisione.
Le regole dell'ospedale in questione prevedono che gli infermieri seguano il protocollo quando c'è una segnalazione di setticemia a meno che non ricevano un'approvazione da parte del medico responsabile. Secondo l'infermiera, Melissa Beebe, però anche con l'autorizzazione, in caso di errore rischia un procedimento disciplinare.
Risultato: l'infermiera ha eseguito gli ordini e ha effettuato il prelievo di sangue mettendo a rischio il malato. Alla fine la diagnosi dell'algoritmo si è rivelata sbagliata, come sosteneva l'infermiera.
Certamente l'uso di Intelligenza Artificiale, sempre più usata nella diagnosi medica, costituisce un grande aiuto per la cura della salute dei pazienti. Allo stesso tempo sta sollevando un grande interrogativo: chi prende le decisioni in caso di emergenza: gli umani o il software?
Temiamo che per un/una medico o un/una infermiere sarà sempre più difficile assumersi la responsabilità di contraddire la diagnosi di una Intelligenza Artificiale. Speriamo di sbagliarci, ma le avvisaglie sembrano andare in questa direzione.
Leggi la storia sul sito del WSJ o nella newsletter "Guerre di Rete"
La newsletter del 25 giugno di Carola Frediani
In questo numero:
Un testo del sociologo Antonio Casilli che è interventuo alla giornata di dibattito presso il Monk di Roma dal titolo «C’è vita oltre il lavoro», organizzata da Tlon
Angelica, giovane donna di 27 anni, vive a Tambaú, a nord della megalopoli di San Paolo. Il suo lavoro: «addestrare» robot aspirapolvere, piccoli elettrodomestici dotati di telecamere intelligenti che riconoscono e evitano ostacoli. Anche i più inattesi, come gli escrementi degli animali domestici. Angelica è retribuita per scattare foto delle deiezioni del suo cane. Le sue immagini, etichettate e catalogate, vengono pagate solo pochi reais su una delle cinquantaquattro piattaforme di micro-lavoro attive in Brasile. L’esempio di Angelica è tratto dal rapporto Micro-lavoro in Brasile. I lavoratori dietro l’IA? pubblicato il 19 giugno dal centro Latraps (Brasile), in collaborazione con il mio gruppo di ricerca DiPLab (Francia). Per anni, con i miei colleghi e studenti ho condotto inchieste come questa in diciannove paesi in Europa, Africa e America Latina. Alla domanda: «Dove viene prodotta l’intelligenza artificiale?», oggi noi diamo una risposta originale: non nella Silicon Valley o in grandi centri tecnologici dei paesi del Nord. I dati, ingredienti fondamentali dell’IA, vengono prodotti nei paesi emergenti e in via di sviluppo.
Sarà valido fino a fine 2025, e non era scontato visto che piacciono molto al ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi
La Camera ha approvato decreto-legge 51 del 2023 che tra le altre cose contiene l’estensione della moratoria sui sistemi di riconoscimento facciale in scadenza alla fine dell’anno. Fino al 31 dicembre 2025, e non più fino al 31 dicembre 2023, le autorità pubbliche e i privati non potranno installare impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale in luoghi pubblici e aperti al pubblico. L’emendamento che ha confermato il divieto in scadenza era stato presentato da Marianna Madia, Lia Quartapelle e Filiberto Zaratti del Partito Democratico, e approvato la scorsa settimana in commissione.
La conferma della moratoria non era scontata perché alla fine di aprile il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, aveva sostenuto la necessità di installare sistemi di riconoscimento facciale nelle stazioni, negli ospedali e nelle zone commerciali delle grandi città per garantire più sicurezza. «La videosorveglianza è uno strumento ormai unanimemente riconosciuto come fondamentale», aveva detto Piantedosi, intervistato dal Quotidiano Nazionale. «La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e indagine». L’estensione del divieto fino al 2025 non era scontata anche perché negli ultimi anni molti sindaci, soprattutto di centrodestra, avevano cercato di installare telecamere a riconoscimento facciale: tutti i tentativi fatti finora erano stati bloccati dal Garante della privacy.
Naomi Klein, The Guardian, Regno Unito
Le aziende tecnologiche sostengono che l’intelligenza artificiale risolverà molti problemi e migliorerà la vita delle persone. Ma senza regole adeguate produrrà sfruttamento e povertà
Tra i molti dibattiti in corso sulla rapida diffusione della cosiddetta intelligenza artificiale (ia) ce n’è uno relativamente sconosciuto sulla scelta della parola “allucinazioni”. È il termine che i programmatori e i sostenitori dell’ia generativa (quella in grado di generare a richiesta testi, immagini o altro in risposta a una richiesta) usano per descrivere le sue risposte quando sono completamente inventate o semplicemente sbagliate. Per esempio, quando chiediamo a un chatbot (un software che simula la conversazione di un essere umano) la definizione di una cosa che non esiste e il programma, in modo piuttosto convincente, ce ne dà una con tanto di note a piè di pagina false. “Nel nostro campo nessuno è ancora riuscito a risolvere il problema delle allucinazioni”, ha detto di recente Sundar Pichai, l’amministratore delegato di Google e dell’Alphabet, l’azienda che controlla il motore di ricerca californiano.
Respiro . La MeMa che sta prendendo forma è immersa nel mondo degli automi che ci inquietano, ma la sua intenzione è quella di testimoniare che esistono modi sicuri e socialmente sani per utilizzare le tecnologie cosiddette “intelligenti”
Con Sal avevamo spesso fantasticato di fare qualcosa insieme. Lui ‘hacker’ creativo e situazionista, io infiltrato nella realtà di una ‘big tech’ multinazionale ma molto presente nelle viscere tecnologiche d’Italia. Condividevamo molte intuizioni, l’amore per la ricerca, lo spirito anti-accademico, l’allergia per il soluzionismo e le buzzword del marketing informatico.
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Leggi l'articolo su "Il Manifesto"
Sul sito è possibile leggere un primo risultato di MeMa: La nostra Intelligenza Artificiale alla ricerca di Berlusconi
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Il testo normativo più avanzato al mondo sull’intelligenza artificiale è stato approvato dal Parlamento ed entra così nella fase finale della negoziazione europea. Ma solo l’applicazione pratica dirà quanto il testo sarà rispettoso del “mondo libero” di cui ci fregiamo di far parte
Il Regolamento prosegue con le pratiche di AI vietate, cui è dedicato il Titolo II; nella relazione della Bozza si legge che “Il titolo II stabilisce un elenco di pratiche di IA vietate. Il regolamento segue un approccio basato sul rischio, differenziando tra gli usi dell’IA che creano: i) un rischio inaccettabile; ii) un rischio alto; iii) un rischio basso o minimo. L’elenco delle pratiche vietate di cui al titolo II comprende tutti i sistemi di IA il cui uso è considerato inaccettabile in quanto contrario ai valori dell’Unione, ad esempio perché viola i diritti fondamentali.
Vietati:
Si sa ancora poco di Giove, il nuovo sistema di polizia predittiva italiano che il Ministero dell’Interno vorrebbe dare in dotazione a tutte le questure d’Italia.
Sviluppato dentro il Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno – sulla base delle sperimentazioni portate avanti dal 2008 dalla questura di Milano con il software KeyCrime – Giove si presenta come “un sistema di elaborazione e analisi automatizzata per l’ausilio delle attività di polizia”, come riporta Il Sole 24Ore, e sarebbe in grado di predire dove e quando i reati di maggior impatto sociale, come molestie sessuali, furti in abitazione e truffe agli anziani, potrebbero verificarsi nuovamente.
Uno scenario che richiama la fantascienza e che solleva dubbi e perplessità tra gli addetti ai lavori, soprattutto per la comprovata incapacità attuale di questi sistemi di trovare corrispondenze con la realtà e per la loro tendenza a discriminare le persone in base all’etnia e alla provenienza geografica. Non solo, ad aumentare la preoccupazione è il fatto che nulla sia ancora stato detto circa alcuni aspetti fondamentali, come quali banche dati e dati verranno usati per addestrare l’algoritmo, chi sarà il responsabile del trattamento dei dati e se l’uso del sistema comporterà o meno arresti preventivi. Domande che hanno spinto alcuni senatori a depositare, qualche giorno fa, un’interrogazione parlamentare dedicata.
Uno scenario inquietante, insomma, che potrebbe materializzarsi se il sistema otterrà il parere positivo del Garante della privacy.
Ne parliamo con Jacopo, parte del gruppo di ricerca C.I.R.C.E
Ascolta l'audio dell'intervento di Jacopo sul sito di Radio Onda D'Urto
Esperimenti e allucinazioni di e con ChatGPT
Si potrebbe continuare così per molte pagine. Palmiro Togliatti è stato assassinato nel 1964 da un membro di un gruppo neofascista, gli scioperi a rovescio “sono una forma di protesta in cui i lavoratori continuano a lavorare nonostante sia stato proclamato uno sciopero”, nella lista degli appartenenti alla loggia massonica P2 figura anche Renzo Arbore, e così via
Non si tratta, però, degli errori commessi da una macchina allo stadio iniziale dell’“apprendimento”, ma di quelle che nel gergo tecnico vengono definite “allucinazioni”, risposte completamente inventate prodotte di frequente dagli strumenti di intelligenza artificiale