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Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

Come riporta l'Ansa, Facebook ha fortemente limitato la capacità delle agenzie di stampa palestinesi di raggiungere il pubblico durante la guerra tra Israele e Gaza.

In un'analisi completa dei dati di Facebook, Bbc ha scoperto che le redazioni nei territori palestinesi (a Gaza e in Cisgiordania) hanno subito un forte calo del coinvolgimento del pubblico dall'ottobre 2023.

Nel corso dell'ultimo anno, i giornalisti palestinesi hanno espresso il timore che i loro contenuti online siano stati sottoposti allo shadow ban da parte di Meta, ovvero che il numero di persone che li visualizzano sia stato limitato.

Meta è stata già in passato accusata dai palestinesi e dai gruppi per i diritti umani di non aver moderato equamente l'attività online.

Un rapporto indipendente del 2021 commissionato dall'azienda ha affermato che ciò non era intenzionale, ma dovuto alla mancanza di competenze di lingua araba tra i moderatori. Parole e frasi venivano interpretate come offensive o violente, quando in realtà erano innocue.

Rispondendo alla ricerca della BBC, Meta ha ammesso di aver adottato "misure temporanee sui prodotti e sulle politiche" nell'ottobre 2023, per affrontare una sfida nel bilanciare il diritto alla libertà di parola con il fatto che Hamas era sanzionato dagli Stati Uniti e allo stesso tempo considerato un'organizzazione pericolosa dalle politiche dello stesso Meta.

Qui la notizia completa sul sito della BBC.

La Commissione irlandese per la protezione dei dati (Dpc) ha emesso una sanzione di 251 milioni di euro nei confronti di Meta, la società madre di Facebook, per aver trasgredito le normative europee sulla privacy dei dati (Gdpr).

La multa, annunciata martedì 17 dicembre, è il risultato di un’indagine su una violazione di sicurezza risalente a luglio 2017, che ha compromesso oltre tre milioni di account nel territorio dell’Unione Europea.

“Gli individui sono stati esposti a rischi significativi per i loro diritti fondamentali a causa della mancata integrazione dei requisiti di protezione dei dati”, ha affermato Graham Doyle, vice commissario del Dpc irlandese.

La falla è stata causata da un errore di progettazione nella piattaforma Facebook, che ha consentito a soggetti non autorizzati di accedere a profili utente non altrimenti visibili.

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Chiuse le indagini per una presunta evasione fiscale di oltre 887 milioni di euro nei confronti dei rappresentanti legali di Meta Platforms Ireland Limited (società che controlla Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger). Lo ha reso noto con un comunicato stampa il procuratore di Milano, Marcello Viola.

Al gruppo Meta viene contestato di aver omesso la dichiarazione di oltre 3,9 miliardi di euro fra il 2015 e il 2021 e aver evaso l’Iva per oltre 887 milioni di euro. Le indagini avrebbero verificato come Meta “acquisisca e gestisca, per scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme di ciascun iscritto” per “consentire agli utenti l’utilizzo” gratuito “del proprio software e dei correlati servizi digitali”, fa sapere il procuratore di Milano. Un “rapporto“, secondo gli investigatori, che andrebbe assoggettato a regimi Iva in quanto ricompreso nella “cornice normativa” della “operazione permutativa“.

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Un breve documentario di Al Jazeera.
Meta ha un problema con la Palestina. Se usate Facebook o Instagram, probabilmente avete visto voi stessi la censura. Dena Takruri scopre una cultura interna di censura, intimidazione e paura all'interno di Meta, la società madre di Instagram e Facebook.
Parla con i dipendenti di Meta che hanno cercato di risolvere il problema o di far sentire la propria voce e che hanno detto di essere stati messi a tacere o addirittura licenziati. L'autrice indaga anche sui profondi legami dei leader di Meta con Israele, che potrebbero spiegare perché Meta sopprime e censura i contenuti palestinesi per miliardi di utenti in tutto il mondo.

La Data Protection Commission (DPC), l’autorità irlandese che si occupa di privacy e che agisce in materia per conto dell’Unione Europea, ha multato Meta per 91 milioni di euro per non aver tutelato in maniera adeguata le password dei suoi utenti.

Meta è la società statunitense che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp e la sanzione è stata stabilita in seguito a indagini cominciate nell’aprile del 2019, quando Meta aveva avvisato l’ente irlandese di aver inavvertitamente conservato le password nei suoi sistemi interni senza che fossero criptate: è una violazione del Regolamento generale dell’Unione Europea sulla protezione dei dati (GDPR), la legge europea in vigore dal maggio del 2018 e pensata per rafforzare la protezione dei dati personali dei cittadini e dei residenti dell’Unione Europea.

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L'azienda Cox Media Group afferma di ascoltare le conversazioni degli utenti tramite smartphone e altri dispositivi per proporre annunci personalizzati.

I telefoni ci ascoltano, ci spiano: è qualcosa che si sente dire da tempo e che secondo l’azienda Cox Media Group (CMG) è vero. In questo caso però non si tratta di un report o di una ricerca che cerca di sostenere la tesi, bensì della strategia di marketing di CMG, che afferma di poter “origliare” le conversazioni tramite i microfoni di smartphone, tablet, smart TV e altri dispositivi.

CMG la chiama “Active Listening” e secondo i materiali marketing, esaminati da 404 Media, promette di analizzare le conversazioni in tempo reale per trovare potenziali clienti. CMG afferma che questo servizio è già disponibile: le aziende che decideranno di sfruttarlo potranno scegliere un territorio entro un raggio di 10 o 20 miglia, dove Active Listening ascolterà le conversazioni sfruttando i microfoni dei dispositivi.

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La storia recente ha insegnato che ogni ondata tecno entusiasta genera un effetto economico e sociale, il quale tende poi a rimodularsi, o meglio a sgonfiarsi, via via che quell'innovazione tecnologica perde di appeal, o magari si rivela proprio come un flop, come già accaduto negli anni scorsi con fenomeni come NFT, criptovalute, metaverso.

Troppa spesa, poca resa, questo lo dice addirittura Goldman Sachs rispetto all'AI generativa. Se questa grande attesa sarà mai ripagata in termini di vantaggi e rendimenti, é un grosso dubbio per l'industria: figuriamoci per gli utenti finali.

D'altro canto, un player che ha iniziato la corsa all'oro da tempo come OpenAI, potrebbe perdere 5 miliardi di dollari solo quest'anno a causa degli ingenti costi di ChatGPT. Nel frattempo, altri mega investitori, come Meta e Google, affilano le armi per scalzare la creatura di Sam Altman.

La domanda, chiaramente, é quali sono i benefici reali di questa corsa all'AI? La bolla sta forse iniziando già a sgonfiarsi, o è destinata a durare ancora per qualche anno?

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Lo stop richiesto dal Garante irlandese dopo la denuncia di una associazione

Meta non lancerà per il momento i suoi modelli di Intelligenza artificiale in Europa dopo che l'autorità irlandese di regolamentazione della privacy ha chiesto di ritardare il suo piano per usare i dati degli utenti di Facebook e Instagram.

La mossa del colosso tecnologico è arrivata dopo le denunce e un appello del gruppo 'Noyb' alle autorità per la protezione dei dati di Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia e Spagna ad agire contro l'azienda.

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Stati uniti. Su Instagram, Threads, e presto su Facebook gli utenti non vedranno più i post "problematici" per la piattaforma

In un post pubblicato sul proprio blog all’inizio di febbraio, Meta, la compagnia di Facebook e Instagram, aveva annunciato l’intenzione di rimuovere i contenuti politici dalle raccomandazioni che arrivano quando si usano Instagram e Threads. All’epoca, la società spiegò questa decisione affermando di non volersi intromettere tra gli utenti e i post che vedono, ma di non volere «nemmeno consigliare contenuti politici da account che non segui». Di questa mossa non si è più parlato fino a due giorni fa, ora, con le elezioni che si avvicinano e la campagna elettorale che entra sempre più nel vivo. Senza nemmeno avvisare gli utenti della modifica, questa funzionalità è stata ufficialmente implementata, per cui se già si sta seguendo l’account di qualcuno si vedono i suoi contenuti normalmente, ma se non si è un follower di quell’account non si vedranno più i suoi contenuti che contengano riferimenti “politici”.

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Big Tech. Alphabet (che controlla Google), Apple e Meta avrebbero violato il Digital Markets Act. La Commissione europea avvia un’indagine contro le tre aziende

È ancora scontro tra Europa e Big Tech americane, sempre in nome dell’apertura del mercato e del rispetto delle regole della concorrenza. Solo tre settimane dopo la pesante multa da 1,8 miliardi di euro comminata ad Apple da Bruxelles per violazione alla competitività in merito allo streaming musicale, la Commissione europea ha avviato ora un’indagine per non rispetto del Digital Market Act (Dma) – la legge sui mercati digitali entrata in vigore da due settimane – contro tre colossi digitali: Aphabet, che controlla Google, Meta, a cui fanno riferimento i social network Facebook e Instagram, e di nuovo contro il gigante di Cupertino.

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"A breve il Comitato Europeo dei Garanti esprimerà la propria decisione incolante sula legittimità del "Pay or OK", che preferisco chiamare "stacce o paga", ossia l'idea che si possa "pagare con i propri dati" un bene o un servizio, proprio come ci chiedono di fare molte testate italiane.

Io vedo due problemi:

  • uno, i dati personali non sono una proprietà alienabile, quindi "vendita" non è la parola giusta.
  • Secondo, nel caso dei giornali e di Facebook/Instagram la sola base legale sotto GDPR è il consenso esplicito dell'interessato.

Immaginate il padrone di casa che dice "ti installo una webcam nelle doccia, ma se non sei d'accordo puoi pagarmi il doppio dell'affitto".

È una vera scelta? È un consenso libero?"

Ascolta il podcast di Vannini

E' in vigore dal 7 marzo il regolamento che l’Europa ha voluto per riequilibrare la concorrenza nei mercati digitali.

Le big tech stanno cambiando molta della tecnologia alla base dei loro servizi e gli utenti europei se ne accorgeranno presto: tutto perché scattano giovedì le regole del Digital Markets Act, il regolamento che l’Europa ha voluto per riequilibrare la concorrenza nei mercati digitali.

Con sanzioni fino al 10 per cento del fatturato globale, che raddoppiano in caso di recidiva: un bel disincentivo. Non sorprende che le big tech stiano cominciando ad annunciare importanti modifiche, anche se alcune novità forse richiederanno ancora mesi e un braccio di ferro con l’Europa per esprimersi appieno. Le modifiche che le big tech stanno facendo ora sono in effetti “proposte” di adeguamento al Dma, che la Commissione europea dovrà valutare. Leggi cosa cambia per gli utenti sul sito de "IL Sole 24 ore"

Noyb ha presentato un reclamo contro Meta presso l'autorità austriaca per la protezione dei dati. Gli utenti europei possono ora "scegliere" se acconsentire a essere tracciati per la pubblicità personalizzata o pagare fino a 251,88 euro all'anno per mantenere il loro diritto fondamentale alla protezione dei dati su Instagram e Facebook. Non solo il costo è inaccettabile, ma i numeri del settore indicano che solo il 3% delle persone vuole essere tracciato, mentre oltre il 99% decide di non pagare quando si trova di fronte a una "tassa sulla privacy". Se Meta riesce a farla franca, i concorrenti seguiranno presto le sue orme. Considerando che su un telefono medio sono installate 35 applicazioni, mantenere la privacy potrebbe presto costare circa 8.815 euro all'anno.

Leggi tutto sul sito di NOYB

Meta e il suo CEO Mark Zuckerberg sono al centro delle accuse per aver ignorato le evidenze sulla nocività dei loro prodotti per gli utenti più vulnerabili, bambini e adolescenti. La società avrebbe scelto di ignorare, in nome del profitto, le pressioni interne per proteggere il benessere dei più giovani

Appare oramai evidente ai più come Meta, società madre di Facebook e Instagram, non sia intenzionata a mutare il proprio modello di business basato sull’indifferenza rispetto alla circostanza, assodata, che certi prodotti possono danneggiare i suoi utenti maggiormente vulnerabili, bambini e adolescenti.

Le notizie divulgate dalla CNN nei giorni scorsi fanno intendere che neanche le pressioni dei suoi più grossi dirigenti siano in grado di far cambiare idea, al proposito, a Mark Zuckerberg. È venuto fuori, infatti, che egli ha personalmente e ripetutamente contrastato iniziative tese a tutelare il benessere degli adolescenti su Facebook e Instagram, ignorando anche i suoi collaboratori più anziani.

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La recente mossa di Meta Platforms, l’azienda che offre il servizio di social media Facebook, di introdurre un abbonamento a pagamento (12,99 euro/mese) al servizio, così eliminando le pubblicità, ha sollevato una serie di critiche e di dubbi.
I principali, ovviamente, si incentrano sulla privacy, un diritto fondamentale del cittadino che viene monetizzato e si declassa a mera merce.

È questo il problema? Ci siamo incamminati realmente verso un declassamento dei diritti dei cittadini? Sopratutto, l’alternativa tra un Facebook a pagamento e uno basato sulla profilazione degli utenti, è realmente conforme alle norme del regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali?

Leggi l'articolo su Valigia Blu

L’azienda statunitense Meta ha annunciato il 30 ottobre che da novembre offrirà agli utenti europei abbonamenti a pagamento per usare Facebook e Instagram senza pubblicità, conformandosi così alla legislazione europea sui dati personali e sulla pubblicità mirata.

[...]

Meta e Google hanno costruito i loro imperi sui ricavi generati dalla pubblicità mirata, basata sui dati personali dei loro miliardi di utenti.

Ma l’Unione europea combatte da anni la profilazione degli utenti senza il loro consenso, prima con il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) del 2016 e poi con il Digital markets act (Dma), entrato in vigore quest’estate. Le piattaforme digitali avranno tempo fino al 6 marzo 2024 per adeguarsi.

A maggio Meta è stata multata per 1,2 miliardi di euro dall’autorità irlandese, che agisce per conto dell’Unione europea, per aver violato il Gdpr con Facebook. È stata la quarta multa inflitta a Meta nell’Unione europea in sei mesi.

Leggi l'articolo su "Internazionale"

L'argomento del giorno è sicuramente il lancio, ormai prossimo, di Threads, la nuova applicazione di Meta (la stessa di Whatsapp, Facebook e Instagram) che punta a fare concorrenza a Twitter. Cos'ha di diverso? Dovrebbe integrarsi nel fediverso (ma non subito). Cosa ha Meta da guadagnarci? E il mondo del fediverso, dovrebbe gioire?

Venendo all'unione europea, invece, vediamo che l'AI Act (per ora ancora una bozza) includerà delle limitazioni sia sulle AI generative sia sull'uso di AI all'interno della sorveglianza biometrica. Decisamente meno positivo quel che si muove in Francia, dove il governo vuole rispondere alle fortissime proteste che contestano la violenza della polizia con maggiori dispositivi di sorveglianza, repressione e censura.

A seguire, un po' di notiziole.

Ascolta la registrazione della trasmissione del 09/07/2023

L'azienda di Zuckerberg si era rivolta alla CGUE per contestare un'indagine dell'Antitrust tedesca. Ma i giudici hanno scoperchiato un vaso di Pandora

Sono tempi difficili per Mark Zuckerberg in Europa. In attesa dell’inizio dei controlli ai sensi del Digital Service Act -che partiranno il prossimo 25 agosto – la CGUE (Corte di Giustizia Europea) è andata contro un ricorso presentato da Meta nei confronti di un’indagine avviata dall’Antitrust tedesca. Tutto era partito da un’inchiesta per “abuso di posizione dominante” avviata dalla Bundeskartellamt, con Menlo Park che aveva contestato la legittimità delle autorità nazionali di intervenire su questi ambiti. E la risposta ha deluso le aspettative della holding che controlla Instagram, Facebook e Whatsapp.

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Non è solo una questione di sanzione economica: dietro la decisione del Garante Privacy irlandese contro Menlo Park c'è molto di più

Una decisione storica. Non solo per la portata della sanzione. Il Garante della Privacy irlandese (che agisce a nome dell’Unione Europea perché la sede di Meta nel Vecchio Continente è a Dublino) ha sanzionato l’azienda di Mark Zuckerberg per la cifra record di 1,2 miliardi di euro. Un provvedimento che ha origini molto lontane nel tempo, partendo dalla denuncia fatta da Max Schrems, passando per la sentenza della Corte di Giustizia UE di “cancellare” il Privacy Shield e per arrivare a questa multa. La più alta relativa a una violazione della Privacy.

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La decisione di applicare la sanzione per aver violato le norme europee sulla protezione dei dati (Gdpr) con il suo social network Facebook non ha precedenti

Multa da record per Meta Platforms. L'autorità garante della privacy irlandese ha deciso di infliggere una multa record da 1,2 miliardi di euro a Meta per violazione delle legge europea sulla privacy per aver inviato informazioni sugli utenti agli Stati Uniti: lo riporta il Wall Street Journal. La decisione di applicare la sanzione per aver violato le norme europee sulla protezione dei dati (Gdpr) con il suo social network Facebook non ha precedenti.

La presidente dell'Edpb, Andrea Jelinek, ha sottolineato che la violazione compiuta da Meta è "molto grave" poiché riguarda trasferimenti di dati personali "sistematici, continuati e ripetitivi". Facebook, ha aggiunto, "ha milioni di utenti in Europa e quindi il trasferimento di dati è stato enorme. La multa senza precedenti rappresenta un segnale forte" nei confronti degli autori dell'infrazione per indicare che "gravi violazioni comportano conseguenze di grande portata".

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