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Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

È iniziato tutto quando Foad Dabiri, dipendente di Twitter, ha pubblicato sul social network un post in cui raccontava: «WhatsApp ha usato il microfono di nascosto, mentre stavo dormendo e da quando mi sono alzato alle 6 (ed è solo un pezzo della linea temporale!). Che sta succedendo?».

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Riprende la nuova stagione delle dita nella presa, ripartendo da social network, sorveglianza, smartphone...

  • Come mai molte applicazioni utilizzano il "loro" browser invece di usare quello di sistema?
  • Qualcuno ha avuto un'ideona per scovare i pedofili: perché non mettiamo una IA che ti sorveglia dentro al cellulare? Un esempio chiarisce le possibili conseguenze
  • Facebook fa di tutto per non essere trasparente riguardo alle pubblicità elettorali negli Stati Uniti. E per le prossime elezioni in Italia? Quì il problema non si pone nemmeno, perché non ci sono leggi in proposito...
  • Una azienda statunitense vende alle polizie sistemi di sorveglianza a basso costo che funzionano utilizzando dati raccolti per scopi commerciali.
  • E varie altre notiziole...

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Puntata ricca quella del 4 ottobre di Le Dita Nella Presa a Radio Onda Rossa.

Si comincia con le notizie serie: una tazza speciale che analizza tutto sulla vostra cacca. Sembra una stupidaggine, ma non è affatto il primo sistema di monitoraggio della salute. Si tratta di sistemi piuttosto invasivi, la cui utilità è discutibile ma il marketing è forte.

Parliamo poi di WhatsApp.

Un'inchiesta di ProPublica mostra che l'azienda era in grado di leggere almeno una parte dei messaggi che i suoi utenti scambiavano, cosa che era stata esplicitamente negata dai suoi vertici. Con la scusa del controllo degli abusi - finalizzata a bloccare utenti che hanno comportamenti giudicati inadeguati - non solo i moderatori possono leggere i messaggi che vengono segnalati e quelli ad essi collegati, ma la app stessa analizza i messaggi che gli utenti inviano alla ricerca di possibili violazioni, e si autodenuncia in tale caso.

Proseguiamo con Facebook - che invece si è sempre saputo che modera i contenuti - che secondo l'alta corte australiana è responsabile per i commenti calunniosi al suo interno, quando questi non si possono configurare come una conversazione con l'autore del post.

Notiziole:

  • le grandi aziende del cloud fanno un manifesto d'intenti che dovrebbe rassicurarci... nel difendere i loro interessi
  • la politica di non tenere log sui server - strumento semplice ed efficace per evitare delazioni inutili - è attaccata: alcuni produttori televisivi sostengono che questa non sia valida quando viene implementata con l'esplicito proposito di facilitare la pirateria.
  • viceversa scaricare musica e video da piattaforme video potrebbe essere legale secondo la legge francese; peccato che i dettagli siano un po' confusi.
  • la California emana una legge che per la prima volta cerca di mettere ordine nel mondo dei lavori gestiti da algoritmi, chiarendo che questi ultimi non possono non essere noti ai lavoratori o al governo; e che non devono adottare metriche che penalizzino l'esercizio dei normali diritti dei lavoratori (vedi notizia di apertura!)

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Dal prossimo 15 maggio sarà necessario accettare la nuova policy sulla privacy di WhatsApp per evitare di incappare in varie limitazioni.

Il Garante tedesco ha ordinato a Facebook di interrompere la raccolta dei dati con effetto immediato per i prossimi tre mesi. L'autorità ha inoltre chiesto l'intervento dell'European Data Protection Board (EDPB) per ottenere una decisione valida in tutta Europa.

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Il 5 marzo è spuntata nell’app di WhatsApp, in cima alle chat, il messaggio “Stiamo aggiornando i termini e l’informativa sulla privacy”.

Il messaggio, che si compone di due pagine, termina così: "I termini entreranno in vigore il 15 maggio 2021. Ti invitiamo ad accettarli per continuare a usare WhatsApp dopo questa data"

Ma il messaggio a chi è rivolto?

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Quali sono le relazioni che stabiliamo attraverso le App di messagistica instantanea? Come lo strumento ci induce a preferire dei comportamenti piuttosto che altri? E perche? Abbiamo esplorato le caratteristiche di questi strumenti e delle interazioni che si stabiliscono tra esseri umani ed esseri macchinici quando inviamo dei messaggi istantanei; perché scriviamo molti messaggi? Che effetto ha su di noi questa enorme produzione di messaggi?

In parte, questo è dovuto alla tecnologia dell'instant messaging in sé; in parte questo è alimentato con tecniche inserite negli strumenti da chi li ha progettati, tecniche finalizzate a farci produrre sempre più dati, in un'epoca dove i dati sono il nuovo petrolio. Ma non è tutto nero quello che appiccica e in chiusura proponiamo delle tecniche di autodifesa che ripartendo dall'idea di relazioni conviviali e consapevoli ci permettono di usare questi strumenti senza essere posseduti dai loro demoni!

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WhatsApp ha fornito ulteriori chiarimenti in merito all’aggiornamento dei termini di servizio e della privacy policy per il 2021, che l’utente dovrà accettare entro l’8 febbraio per continuare ad usare il social: l’iniziativa ha suscitato perplessità, in particolare relativamente al data sharing con le altre aziende di Facebook. WhatsApp aveva già precisato che per gli utenti della regione europea e del Regno Unito non cambierà niente. Ma forse proprio per questo la novità è interessante per noi europei. Ecco perché

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La Federal Trade Commission e la Procura generale di New York lo accusano di aver creato un monopolio con le acquisizioni di WhatsApp e Instagram.

Facebook, il social network fondato nel 2004 da Mark Zuckerberg e tra le più potenti società al mondo, è stato denunciato per «comportamenti anticoncorrenziali e metodi di concorrenza sleali» dalla Federal Trade Commission (FTC) – l’agenzia governativa statunitense per la tutela dei consumatori e della privacy – e dalla Procura generale di New York: la denuncia di quest’ultima è stata sottoscritta dalle procure di altri 46 Stati, e da quelle del District of Columbia e del Guam.

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