Pillole

Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

Piattaforme. Sommare potere economico e potere mediatico non può che distorcere, anche molto seriamente, il processo democratico

Per quasi un decennio i social media sono stati capri espiatori così comodi che, se non fossero esistiti, qualcuno li avrebbe probabilmente inventati. Che cosa c’è, infatti, di più comodo del dare la colpa a Facebook, a Twitter o a TikTok per un voto andato storto, come per esempio quello del referendum sulla Brexit o l’elezione di Trump nel 2016? (Quando il voto, invece, va come si desidera, tutto in ordine sotto il cielo). Per completare l’operazione politica bastava poi aggiungere l’interferenza straniera (tipicamente russa): chi aveva perso non aveva comunque nulla di sostanziale da rimproverarsi, era tutta colpa dei social media e dei mestatori stranieri. Tutto, insomma, pur di non dedicarsi al difficile lavoro di comprendere la realtà sociale, e al pesante, ma essenziale, esercizio dell’autocritica.

Non che i social media, i motori di ricerca, e ora anche i servizi di «intelligenza artificiale» come ChatGPT non possano influenzare gli elettori: certo che li influenzano, anche se in genere in maniera meno diretta di quanto pensino alcuni (che peraltro in genere tendono a sminuire il ruolo, ancora molto importante, dei media tradizionali).

Leggi l'articolo di Juan Carlos De Martin

Il 16 novembre ore 18:30, presso ESC Atelier Autogestito di Roma verrà presentato il libro Piattaforme e partecipazione politica (ed. Mondadori) di Marco Deseriis (Scuola Normale Superiore)

Ne discute con l'autore Michele Sorice (Sapienza Università di Roma)

Le piattaforme digitali – assieme ai social media – hanno assunto una posizione dominante nelle società contemporanee, influenzando il nostro modo di concepire e agire la politica. Il protagonismo di Elon Musk e Jeff Bezos nella campagna elettorale americana appena conclusa, con il successo e la rielezione di Donald Trump, lo dimostra in modo lampante. Nell'ultimo decennio, però, diversi partiti e movimenti «piattaformizzati», dal Movimento 5 Stelle ai Partiti Pirata, da Black Lives Matter a Fridays for Future, hanno esibito forme inedite di connessione politica, mettendo in tensione le già esauste istituzioni della rappresentanza.
Il volume di Marco Deseriis, partendo dai casi studio suindicati, verifica virtù e limiti della democrazia digitale 2.0. Uno studio critico rigoroso, utile per orientarci nelle turbolenze e nelle crisi globali con le quali, senza sosta, abbiamo a che fare.

Esc Atelier Autogestito Via dei Volsci, 153, 00185 Roma RM, Italia

Sulla scia della pandemia, le scuole dell'Unione Europea hanno iniziato a implementare sempre più servizi digitali per l'apprendimento online. Se da un lato questi sforzi di modernizzazione sono uno sviluppo apprezzabile, dall'altro un piccolo numero di grandi aziende tecnologiche ha immediatamente cercato di dominare lo spazio, spesso con l'intenzione di abituare i bambini ai loro sistemi e creare una nuova generazione di futuri clienti "fedeli". Una di queste è Microsoft, i cui servizi 365 Education violano i diritti di protezione dei dati dei bambini. Quando gli studenti vogliono esercitare i loro diritti GDPR, Microsoft afferma che le scuole sono il "responsabile del trattamento" dei loro dati. Tuttavia, le scuole non hanno alcun controllo sui sistemi.

Spostamento di responsabilità tra Big Tech e scuole locali. I fornitori di software come Microsoft hanno un enorme potere di mercato, che consente loro di dettare i termini e le condizioni dei contratti con chiunque voglia utilizzare i loro prodotti. Allo stesso tempo, questi fornitori di software cercano di eludere le responsabilità insistendo sul fatto che quasi tutto ricade sulle autorità locali o sulle scuole. In realtà, nessuno dei due ha il potere di influenzare il modo in cui Microsoft tratta i dati degli utenti. Al contrario, si trovano di fronte a una situazione di "prendere o lasciare" in cui tutto il potere decisionale e i profitti spettano a Microsoft, mentre le scuole devono sopportare la maggior parte dei rischi. Le scuole non hanno alcuna possibilità realistica di negoziare o modificare i termini.

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La newsletter del 25 giugno di Carola Frediani

In questo numero:

  • AI Act, effetto Bruxelles
  • AI: Biden accelera, ascolta i rischi, cerca finanziatori
  • Se infermiera e AI non sono d’accordo
  • Microsoft e Anonymous Sudan
  • Che fine ha fatto la piattaforma per il Referendum digitale?
  • Altro

Leggi la newsletter sul sito di Guerre di rete

Entro il 28 Febbraio le scuole devono comunicare al MIM i progetti che intendono realizzare con i fondi ricevuti dal PNRR. In vista di ciò la CUB Scuola Università e Ricerca organizza un incontro online e uno in presenza con streaming online per fornire consulenza a RSU, docenti iscritti e simpatizzanti su come redarre i progetti.

Ecco le date:

  • Lunedì 20 ore 18.00
  • Giovedì 23 ore 14.00

Qui trovate il formulario per l'iscrizione

In allegato un documento per chi ha fretta e vuole le informazioni-chiave per orientarsi in pochi minuti, composto nella forma di domande e risposte ai dubbi più comuni.

FAQ per governare il PNRR...

...invece di farsi governare...

Tutto quello che dovete sapere prima del 28 Febbraio per evitare un massivo trasferimento di fondi pubblici nelle tasche di poche aziende private, in violazione delle normative sulla pubblica acquisizione di software (CAD – codice dell’amministrazione digitale) e del regolamento europeo per la protezione dei dati personali (GDPR).

Politica e piattaforme. L'open source non basta. Analisi tecnica (e soprattutto culturale) tra luci e ombre della nuova iniziativa con cui il Pd vuole potenziare la partecipazione di iscritti e cittadini. [...] In questo tipo di piattaforme le persone (gli utenti) sono chiamate ad aderire, partecipare ed esprimersi sull’agenda impostata da una qualche forma di dirigenza, all’interno del perimetro da essa descritto. Il codice aperto non serve a nulla per comprendere strategie e dinamiche che li determinano. Può essere d’aiuto, a questo punto, allargare l’inquadratura, e osservare la condizione psicologica ed esistenziale degli utenti di questa ed altre piattaforme.

Leggi l'articolo completo su "Il Manifesto"

Un bellismo documentario in quattro parti sulle nuove forme di lavoro e di sfruttamento rese possibili dalle piattaforme digitali.

Moderatori di contenuti, riders, crowd workers, magazzinieri: tutti lavori uniti dal controllo software sulla propria attività, dalla pressione, dai rischi e dallo stress che ne derivano. Francia, Madagascar, Irlanda... è la globalizzazione.

Un'inchiesta su cosa significa oggi lavorare dentro e per le piattaforme e sulle realtà distopiche che hanno creato.

Episodio 1 Pedalare, ragazzi, pedalare!

Bilel ha 24 anni e tre fratelli. A parte il più piccolo, che va ancora alle medie, lavorano tutti per Uber Eats. Ogni giorno, compreso il week end, iniziano alle nove di mattina e staccano anche alle 4 del mattino per un totale di 400 euro lordi al mese - ammesso che nel frattempo non finiscano sotto a una macchina nel disperato tentativo di vincere un bonus. Come dovremmo chiamarla, flessibilità o schiavitù?

Episodio 2 La trappola dei micro-lavori

Sono tra i 45 e i 90 milioni i micro-lavoratori del web nel mondo. Nathalie vive in Francia, ha 42 anni, due figli ed è separata. Con il suo lavoro quotidiano - rispondere a delle domande idiote - aiuta l’algoritmo di Google a diventare sempre più umano, condannando se stessa a diventare sempre più un robot. In Madagascar, addirittura, le sfruttate del clic sono capaci di lavorare 336 ore al mese alla corte di clienti come Disneyland Paris per ritrovarsi a guadagnare 200 euro. Ecco le loro testimonianze.

Episodio 3 Traumatizzati senza moderazione

Amélie fa la moderatrice di contenuti a Barcellona presso una delle tante aziende che Facebook subappalta per svolgere questo tipo di attività. Chris fa lo stesso a Dublino. Entrambi hanno cominciato a lavorare senza prevedere che essere esposti tutti i giorni al lato peggiore dell’umanità li avrebbe catapultati in un inferno dal quale non sarebbero più riusciti a venire fuori, anche dopo aver cambiato mestiere.

Episodio 4 Il mio padrone non è un algoritmo

I proletari del clic hanno il divieto assoluto di parlare del lavoro che svolgono, persino con i propri famigliari. Eppure la consapevolezza di essere vittime di un traffico di manodopera al limite della legalità li spinge sempre più spesso a rompere il silenzio, a insorgere e a organizzarsi in forme cooperative alternative in grado di tutelare maggiormente i loro diritti.

Un interessante commento a proposito della proposta di legge "Istituzione della Rete di interconnessione unica nazionale dell’istruzione – UNIRE".

Stefano Penge si domanda che fine fanno la didattica e la diversità in questa idea di rete dell'istruzione. Quel che serve per la didattica non è la Piattaforma Unica, ma un ecosistema di piattaforme diverse...

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Intervista alla senatrice Mantovani (M5S), prima firmataria del disegno di legge per realizzare “una rete unica nazionale per collegare le scuole italiane di ogni ordine e grado per garantire l’accesso a Internet e la didattica digitale a prova di privacy e cybersecurity”.

Tutte le scuole d’Italia interconnesse tra loro grazie a un’unica rete veloce che consenta anche l’accesso a Internet, con un cloud privato per offrire piattaforme alla didattica digitale, alternative a quelle di Google e Microsoft, con attenzione alla protezione dei dati degli studenti minorenni e con una propria gestione della sicurezza informatica.

Leggi l'intervista completa

Siamo arrivati alla terza ondata di Didattica a Distanza dall’inizio della pandemia COVID e, incredibile a dirsi, la situazione in cui si ritrova ad affrontarla la scuola è ancora la stessa di un anno fa. Tutto demandato ai singoli istituti e a cascata sui singoli docenti. Se in questo anno c’è stata qualche forma di organizzazione e miglioramento lo si può registrare esclusivamente a questo livello, con un’esperienza sul campo maturata da docenti, animatori digitali, studenti.

[...]

In tutto questo anno abbiamo assistito a questa tendenza da parte ministeriale, in cui la didattica a distanza è sempre più diventata una minaccia da cui sfuggire, la responsabile principale dell’impoverimento educativo connesso alla pandemia, la fonte di disagio per gli alunni fino anche ad esserle imputato l’insorgere di disturbi psichici oltre che nell’apprendimento.

Ma davvero è tutta colpa della DAD? E, mi viene da aggiungere, di quale DAD?

Leggi l'articolo intero di Alfredo Imbellone

L’ideologia della Silicon Valley è in crisi: ecco perché l’Italia, se vuole ripartire, non deve seguirla.

[...] Nell’arco di poco meno di vent’anni, la parola “start-up” è passata da etichetta più desiderata da sfoggiare a un buffet metropolitano a formula in grado di far inarcare sopracciglia se non proprio alzare gli occhi al cielo durante una riunione di lavoro. E questo, ben lungi dall’essere solo effetto dell’italica diffidenza verso l’innovazione, è invece segno della perdita di forza della sua narrazione, che per l’ideologia californiana dell’innovazione dal basso è tutto, o quasi.

leggi l'articolo di Riccardo Maggiolo

I ricercatori dello Stanford Virtual Human Interaction Lab hanno esaminato le conseguenze psicologico di passare ore ogni giorno nelle piattaforme di videochat . Carola Frediani nella sua newsletter "Guerre di rete" le riassume così:

  1. La quantità di contatto visivo e l’effetto di vicinanza del viso delle persone nelle videochat è faticoso. Rimedio: evitare lo schermo pieno e ridurre la grandezza della finestra.
  2. Vedersi (vedere la propria faccia) durante le videochat è innaturale. Rimedio: usare l’opzione nascondi la propria vista.
  3. Le video chat riducono notevolmente la nostra usuale mobilità, dovendo stare fissi davanti alla videocamera, rispetto a conversazioni di persona o solo audio. Rimedio: una videocamera esterna, posta più lontana dello schermo, e ogni tanto togliere il video.
  4. Il carico cognitivo è molto più pesante nelle video chat dove dobbiamo decifrare o mandare con più fatica segnali non verbali. Rimedio: anche qui una pausa solo audio può aiutare.

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Sette mesi dopo aver lasciato Facebook il traffico va bene e la fiducia dei lettori è cresciuta. Sinead Boucher, CEO del più grande sito di notizie della Nuova Zelanda, non si pente di aver lasciato la piattaforma e incoraggia altri a farlo.

L'intervista di Caithlin Mercer del Reuters Institute for the Study of Journalism dell'Università di Oxford

Leggi l'intervista

L'attività coordinata sul social network continua a provocare grandi sconvolgimenti in borsa, mentre le principali piattaforme di trading hanno interrotto la compravendita di alcuni titoli

Alcuni titoli sul mercato finanziario degli Stati Uniti hanno subìto fluttuazioni molto brusche e inaspettate provocate da investitori amatoriali, che si sono mossi in massa per comprare azioni ed altri prodotti finanziari, in parte organizzati e in parte influenzati da un canale del social network Reddit che si chiama r/wallstreetbets.

Leggi l'articolo intero su "Il post"

Il comunicato stampa di Privacy Network che giosce per la rimozione dalla pagina delle piattaforme consigliate dal Ministero della suite di Google for education

"Vittoria! Il Ministero dell’istruzione ha rimosso GSuite for Education dall’elenco delle piattaforme consigliate per la DAD.

È stata dura, ma Privacy Network ha raggiunto il suo obiettivo, facendo un passo in più verso la protezione dei dati di studenti e studentesse italiane."

Leggi il comunicato completo

Ultimora: sul sito del Ministero dell'Istruzione c'è ancora Google Suite for Education tra le piattaforme consigliate.

"L’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale (AIUCD) ritiene urgente sollecitare l’attenzione del Governo italiano e in particolare del Ministero dell’Istruzione e del Ministero dell’Università e della Ricerca sulla svolta fondamentale impressa dalla pandemia da Covid-19 nell’applicazione della tecnologia dell’informazione all’insegnamento, a tutti i livelli di formazione."

[...]

In un prossimo futuro, anche dopo la fine della pandemia, la didattica sarà sempre più strutturalmente digitale, perché proprio il lockdown ha fatto emergere – insieme ai problemi – anche le grandi opportunità e i vantaggi di una formazione in cui si rendano complementari forme di insegnamento in presenza e a distanza. Per questo motivo creare infrastrutture pubbliche per la didattica digitale è una scelta strategica di enorme importanza

Leggi l'intera lettera aperta.

WhatsApp ha fornito ulteriori chiarimenti in merito all’aggiornamento dei termini di servizio e della privacy policy per il 2021, che l’utente dovrà accettare entro l’8 febbraio per continuare ad usare il social: l’iniziativa ha suscitato perplessità, in particolare relativamente al data sharing con le altre aziende di Facebook. WhatsApp aveva già precisato che per gli utenti della regione europea e del Regno Unito non cambierà niente. Ma forse proprio per questo la novità è interessante per noi europei. Ecco perché

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"Mi trovo a scrivere in una condizione particolare: per 15 anni mi sono occupato di didattica a distanza in centri di ricerca universitari, fino a essere assunto nel 2015 come professore di matematica al liceo."

La testimonianza di un docente, animatore digitale, esperto di didattica a distanza che descrive con tono scanzonato e pure molto profondo la situazione di insegnanti e studenti nella scuola ai tempi del COVID.

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«Il tuo capo è un algoritmo» di Antonio Aloisi e Valerio De Stefano (Laterza). Gli autori intervistati da il manifesto descrivono le strategie politiche per non finire «schiavi» delle piattaforme. Districarsi tra obblighi di cura, isolamento e lavoro è una prova ardua per le categorie vulnerabili. La tecnologia non è neutra. Il suo impiego è spesso fonte di abusi. Con l’irrompere della pandemia, i fanatici del «soluzionismo tech» sostengono che le «macchine non si ammalano». Lo smart working ha aumentato produttività e soddisfazione, malgrado i disagi. Anche se pensato per le professioni impiegatizie, estende i suoi benefici agli altri

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Si leggono in questi mesi una pletora di articoli di professori, intellettuali, esperti su quanto manchi la didattica in presenza, la magia dell’aula, il contatto diretto e quanto invece sia algida e distaccata la didattica a distanza... Chi più chi meno, ma il senso prevalente è questo.

Poi, vabbè, ci sono i tecno-entusiasti, esaltati dallo sdoganamento dell’e-learning, ma quelli basta che si usi un qualche dispositivo elettronico gioiscono indipendentemente da come siano andate le cose, lo facevano già prima del lockdown e lo continueranno a fare in barba a tutto e tutti, quindi lasciano il tempo che trovano.

I vari Piani Nazionali per la Scuola Digitale andranno avanti, nonostante il loro evidente fallimento, con nuova linfa dopo questi mesi di digitalizzazione forzata. Non importa quale sarà stato l’impatto, non si sono fatti finora e non si faranno adesso bilanci seri di questi processi. L’informatizzazione della scuola è un diktat, legato a doppio filo alla sua burocratizzazione e alimentato da interessi economici troppo forti per metterlo in discussione.

Leggi l'articolo completo di Alfredo Imbellone.