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Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

Via libera alla vendita al fondo Kkr, il futuro è lo spezzatino di quel che resta: dalla privatizzazione con lo 0,6% degli Agnelli alle scalate a debito, ecco chi ha distrutto l’azienda

Ella fu. Tim continuerà ancora formalmente a vivere per un po’, almeno fino alla vendita pezzo dopo pezzo di quel che rimane, ma la lunga storia della società iniziata nel 1933 con la fondazione della Stet è finita ieri ed è, per i suoi ultimi trent’anni, una storia ingloriosa in cui convergono l’insipienza dolosa o colposa della classe dirigente politica e il cialtronismo straccione della cosiddetta “grande impresa” italiana, ché “il cretinismo degli industriali” di cui Antonio Gramsci non può coprire tutta la vicenda.

Leggi la storia su "Il Fatto quotidinao"

Nel Consiglio dei ministri di lunedì 28 agosto il governo ha approvato due decreti con cui autorizza l’acquisto di una parte della rete infrastrutturale di Tim, la principale società di telefonia italiana, insieme al fondo statunitense KKR, che ormai da settimane ne sta trattando l’acquisto con Tim. Il fondo americano KKR diventerà proprietario al 65% di un asset strategico

Nell'articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano, Stefania Maurizi pone una serie di dubbi: "A quali leggi e regolamenti saranno sottoposti i nuovi ‘padroni’ dei cavi? Negli Stati Uniti le tutele sono assai minori".
Leggi l'articolo

L'operazione, propagandata dal governo come il ritorno del Pubblico nel controllo di settori strategici nazionali, è in realtà la vendita ad un fondo USA.

Sul sito di AGI si può leggere un articolo che spiega la vicenda

Monitora-PA ha sviluppato Minos, uno strumento che è in grado di effettuare una analisi approfondita dei trasferimenti di dati personali effettuati durante una visita ad un sito web.
Il software è ancora in versione alpha ma già funziona degnamente.

Come un qualsiasi browser web, Minos permette di navigare il sito web di interesse, eventualmente autenticandosi alle aree protette da username e password, registrando tutte le comunicazioni effettuate durante l'operazione.
Cliccando sul pulsante "Analizza" viene richiesto all'utente dove salvare il log di tali comunicazioni che verranno analizzate automaticamente per individuare eventuali trasferimenti di dati personali verso terze parti problematiche.
Tale analisi viene effettuata completamente in locale, sul PC dell'utente, così che nessuno dei dati personali registrati venga inviato a Monitora PA o a terze parti.
Laddove vengano individuati trasferimenti sospetti, Minos permette all'utente di compilare con pochi click un reclamo da inviare successivamente all'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali.

Lo scopo di Minos è duplice: da un lato permettere ai Titolari di siti web pubblici o privati di individuare autonomamente eventuali illeciti in corso (senza aspettare le ormai consuete PEC di Monitora PA 😜), dall'altro permettere a ogni cittadino di analizzare i siti web che frequenta abitualmente e reclamare facilmente al Garante qualora i suoi diritti siano stati violati durante la navigazione.

Leggi tutto e scarica il software dal sito di Monitora-PA

I Copernicani lanciano DepreDATI
DepreDATI è un laboratorio in cui si imparano e si condividono le tecniche di difesa dalla sorveglianza digitale.

Si rivolge a tutti coloro che hanno a cuore la propria privacy nel mondo digitale e che non vogliono essere profilati dalle Big Tech. Ci proponiamo a non specialisti, non geek, non maghi dell’informatica, che vogliono riappropriarsi della loro vita digitale e non regalare la propria identità a chi ne trae profitto.

La progressiva privatizzazione di Internet da parte delle Big Tech ha costruito un’economia dal valore inimmaginabile. A ottobre 2022 la capitalizzazione dei GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) è stata stimata nell’ordine dei 7 triliardi di dollari, poco meno della metà del PIL di tutti i Paesi dell’Eurozona.

Leggi tutto sul sito dei Copernicani

C’è questa mascherina particolare, leggera, comoda, elegante, con due sensori quasi invisibili – uno per il naso e uno per la bocca – e un’antenna bluetooth sistemata dietro l’orecchio sinistro che si connette al telefonino. I sensori acquisiscono in tempo reale il suono emesso durante la respirazione e li inviano all’app. Qui inizia la magia di SmartBreath.

Un modello matematico mette in correlazione il suono con le dimensioni della cavità orale e nasale, con il diametro e la forma dell’apertura della bocca, la posizione delle lingua e della gola, la forza dell’inspirazione e espirazione, la durata, la provenienza dell’aria dalla parte alta o bassa dei polmoni, la posizione del diaframma, etc.

Queste variabili, prese nel loro insieme, hanno una parte costante che costituisce una “firma biometrica” della persona, unica e riconoscibile.

Leggi la storia completa dell'app "Smart Breath" sul sito di Stefano Penge

Il governo sta privatizzando la gestione informatica dei dati degli italiani. Ieri in un convegno all’Istat la comunità scientifica nazionale e internazionale ha bocciato il progetto.

Gli italiani potrebbero perdere il controllo sui propri dati se l’Istat affiderà i servizi informatici a una società esterna. È questa la conclusione a cui sono giunti gli esperti nazionali e internazionali intervenuti al convegno «Informatica e statistica pubblica» organizzato ieri in maniera autonoma dai ricercatori e dai tecnici dell’Istat presso la sede romana dell’istituto. Il tema è all’ordine del giorno da quando il governo Draghi ha deciso la creazione di una società di diritto privato denominata 3-I SpA – nata ufficialmente lo scorso 12 dicembre – a cui saranno devoluti i servizi informatici di Inps, Inail e, appunto, Istat.

Leggi l'articolo di Andrea Capocci su "Il Manifesto"

Mi hanno fatto notare che Il terreno per l'esternalizzazione dei servizi è stato preparato con la Modernizzazione dell'Istat di qualche anno fa (2015). All'epoca chi contestava e lanciava l'allarme era considerato esagerato dagli stessi che ora esprimono dubbi partecipando a convegni. Purtroppo chi contestava aveva ragione: era tutto scritto sui documenti relativi a questa riorganizzazione.

Leggi la denuncia dell'Unione Sindacale di Base del 2015

Leah Elliott è una fumettista e attivista per i diritti digitali: adora i melograni, i muffin ai semi di papavero e la democrazia e ha creato il fumetto “Contra Chrome” per spiegare come nell’ultimo decennio il browser più diffuso al mondo sia diventato una minaccia tanto per la privacy degli utenti quanto per gli stessi processi democratici.

“Contra Chrome” è un riarrangiamento del fumetto “Chrome” commissionato da Google a Scott McCloud nel 2008, e presenta la trasformazione di questo browser in uno degli strumenti di sorveglianza più utilizzati al mondo, mettendone a nudo i funzionamenti che non conosciamo.

Lo abbiamo tradotto in italiano a beneficio di tutti coloro che sono sensibili alle problematiche della privacy.

Buona lettura di una storia di formiche digitali, specchi semitrasparenti, rane bollite, piranha vegani e tutto quello che avreste voluto sapere su Chrome e non avete mai osato chiedere.

Leggi o scarica il fumetto in formato pdf dal sito dei "Copernicani"

Carbolytics è un progetto all'intersezione tra arte e ricerca che ha l'obbiettivo di sensibilizzare e invitare all'azione sull'impatto ambientale della sorveglianza pervasiva all'interno dell'ecosistema della tecnologia pubblicitaria (AdTech), così come a fornire una nuova prospettiva per affrontare i costi sociali e ambientali delle pratiche opache di raccolta dati.

Il tracking online è l'atto di raccogliere dati dall'attività degli utenti online, come leggere le notizie, acquistare articoli, interagire sui social media o semplicemente fare una ricerca online.

È noto che il tracciamento e la registrazione del comportamento degli utenti è diventato un importante modello di business nell'ultimo decennio. Tuttavia, anche se le conseguenze sociali ed etiche delle pratiche abusive di sorveglianza online sono state oggetto di dibattito pubblico almeno dalle rivelazioni di Snowden nel 2013, i costi energetici e ambientali di tali processi sono stati tenuti lontani dall'occhio pubblico. L'apparato globale di raccolta dati è un complesso labirinto tecnologico che ha bisogno di grandi quantità di risorse per esistere e funzionare, eppure le aziende raramente rivelano informazioni sull'impronta ambientale di tali operazioni. Inoltre, una parte dei costi energetici derivanti dalle pratiche di raccolta dati è ricade sull'utente, che involontariamente contribuisce al grande aumento di produzione di CO2.

Anche se questo è un aspetto critico della sorveglianza, c'è un'allarmante mancanza di volontà sociale, politica, aziendale e governativa per la responsabilità, quindi una richiesta di azione è urgente.

La ricerca alla base di Carbolytics ha preso in esame e analizzato le emissioni di carbonio prodotte dal numero totale di cookie appartenenti al milione di siti web più visitati al moneto. L'indagine ha identificato più di 21 milioni di cookie per ogni singola visita a tutti questi siti web, appartenenti a più di 1200 aziende diverse, il che si traduce in una media di 197 trilioni di cookie al mese, con conseguente emissione di 11.442 tonnellate metriche mensili di CO2.

È importante notare che questo numero riflette solo il traffico di cookie basato sul browser e non include l'attività di tracciamento delle App, quindi stimiamo che questo numero sia drammaticamente più alto.

Carbolytics è anche una installazione web interattiva che mostra il traffico globale medio dei cookies in tempo reale.

Tutte le informazioni sono sul sito del progetto

Divertiti con l'installazione interattiva

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La redazione di Dataninja ha intervistato Ivana Bartoletti, Technical Director – Privacy in Deloitte e Co-Founder di Women Leading in AI Network.

Tra le altre cose Bartoletti dice: "Siamo abituati alla neutralità dei dati, all’idea – sbagliata – che i dati siano oggettivi e che, pertanto, ci informino sul mondo. E che quando dati in pasto agli algoritmi possono produrre predizioni e decisioni obiettive. Non c’è nulla di più sbagliato. I dati sono lo specchio della società e ne rappresentano le gerarchie e disuguaglianze. Lo stesso esercizio di raccogliere dati e di tralasciarne altri è il prodotto di un giudizio e una scelta che io definerei politica."

Leggi tutta l'intervista nel magazine di Dataninja

Molto ricco il programma dell'hackmeeting di quest'anno che si svolgerà dal 3 al 5 settembre presso la Casona di Ponticelli (Bologna).

"Che Cos’è un Hackmeeting?

L’hackmeeting è l’incontro annuale delle controculture digitali italiane, di quelle comunità che si pongono in maniera critica rispetto ai meccanismi di sviluppo delle tecnologie all’interno della nostra società. Ma non solo, molto di più. Lo sussuriamo nel tuo orecchio e soltanto nel tuo, non devi dirlo a nessuno: l’hackit è solo per veri hackers, ovvero per chi vuole gestirsi la vita come preferisce e sa s/battersi per farlo. Anche se non ha mai visto un computer in vita sua.

Tre giorni di seminari, giochi, dibattiti, scambi di idee e apprendimento collettivo, per analizzare assieme le tecnologie che utilizziamo quotidianamente, come cambiano e che stravolgimenti inducono sulle nostre vite reali e virtuali, quale ruolo possiamo rivestire nell’indirizzare questo cambiamento per liberarlo dal controllo di chi vuole monopolizzarne lo sviluppo, sgretolando i tessuti sociali e relegandoci in spazi virtuali sempre più stretti.

L’evento è totalmente autogestito: non ci sono organizzatori e fruitori, ma solo partecipanti."

Tutte le informazioni sul programma e sulla logistica le trovate sul sito dell'hackmeeting.

Puntata del 16 maggio 2021.

Nella ricerca delle informazioni su internet è sempre stato importante catalogare i risultati, per esempio utilizzando funzioni di base come i segnalibri. Col passare del tempo si sono affermati sistemi di ricerca più sofisticati basati su dati strutturati accessibili agli utenti, ma hanno avuto ben poco successo... il mondo si è evoluti invece verso sistemi di ricerca che in realtà sono sistemi di raccomandazione di risultati.

Questi sistemi si basano senza ombra di dubbo su strutture e relazioni tra molti dati, ma le strutture fondamentali rimangono oscure all'utente che non può quindi sfruttarli per effettuare ricerche personalizzate, limitandosi quindi ad essere passivo rispetto ai suggerimenti del software. Questa evoluzione si è vista in vari campi, dalle rubriche alle mappe alla ricerca di contenuti specifici, e risulta in una delega nei confronti dei fornitori di servizi che possono introdurre parti di loro esclusivo interesse negli algoritmi di "raccomandazione".

A seguire, la solita razione di notiziole.

Ascolta sul sito di Radio Onda Rossa

Attenti ai dinosauri. I ‘dati’, ma soprattutto gli ‘algoritmi’, sono sempre più in grado di incidere nelle scelte politiche e manageriali ma soprattutto sono fattori determinanti per assicurare il principio di uguaglianza e la tenuta della stessa democrazia della nostra società.

Le contraddizioni tra le parole di Colao (Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale) e quanto scritto nel Piano nazionale di Rinascita e Resilienza. La mancanza di una struttura di confronto tra il piano di interventi sul Digitale e le altre missioni del PNRR costituisce una grave criticità che potrebbe metterne in crisi la tenuta e l’attuazione. Nel PNRR il riferimento alla rilevanza del ‘diritto alla connessione’ come leva per la realizzazione del principio di uguaglianza non è previsto.

Leggi l'articolo di Germano Paini, Alessio De Luca

Un bellismo documentario in quattro parti sulle nuove forme di lavoro e di sfruttamento rese possibili dalle piattaforme digitali.

Moderatori di contenuti, riders, crowd workers, magazzinieri: tutti lavori uniti dal controllo software sulla propria attività, dalla pressione, dai rischi e dallo stress che ne derivano. Francia, Madagascar, Irlanda... è la globalizzazione.

Un'inchiesta su cosa significa oggi lavorare dentro e per le piattaforme e sulle realtà distopiche che hanno creato.

Episodio 1 Pedalare, ragazzi, pedalare!

Bilel ha 24 anni e tre fratelli. A parte il più piccolo, che va ancora alle medie, lavorano tutti per Uber Eats. Ogni giorno, compreso il week end, iniziano alle nove di mattina e staccano anche alle 4 del mattino per un totale di 400 euro lordi al mese - ammesso che nel frattempo non finiscano sotto a una macchina nel disperato tentativo di vincere un bonus. Come dovremmo chiamarla, flessibilità o schiavitù?

Episodio 2 La trappola dei micro-lavori

Sono tra i 45 e i 90 milioni i micro-lavoratori del web nel mondo. Nathalie vive in Francia, ha 42 anni, due figli ed è separata. Con il suo lavoro quotidiano - rispondere a delle domande idiote - aiuta l’algoritmo di Google a diventare sempre più umano, condannando se stessa a diventare sempre più un robot. In Madagascar, addirittura, le sfruttate del clic sono capaci di lavorare 336 ore al mese alla corte di clienti come Disneyland Paris per ritrovarsi a guadagnare 200 euro. Ecco le loro testimonianze.

Episodio 3 Traumatizzati senza moderazione

Amélie fa la moderatrice di contenuti a Barcellona presso una delle tante aziende che Facebook subappalta per svolgere questo tipo di attività. Chris fa lo stesso a Dublino. Entrambi hanno cominciato a lavorare senza prevedere che essere esposti tutti i giorni al lato peggiore dell’umanità li avrebbe catapultati in un inferno dal quale non sarebbero più riusciti a venire fuori, anche dopo aver cambiato mestiere.

Episodio 4 Il mio padrone non è un algoritmo

I proletari del clic hanno il divieto assoluto di parlare del lavoro che svolgono, persino con i propri famigliari. Eppure la consapevolezza di essere vittime di un traffico di manodopera al limite della legalità li spinge sempre più spesso a rompere il silenzio, a insorgere e a organizzarsi in forme cooperative alternative in grado di tutelare maggiormente i loro diritti.

Tra emissioni, consumi, rifiuti e impronta ambientale, la rivoluzione informatica è sempre meno ecologica. [...] La rivoluzione digitale si è in effetti compiuta, almeno in larga parte, mentre la crisi climatica è sempre lì che incombe, anzi: sempre più. Ridimensionato l’ottimismo acritico della prima ondata per l’innovazione digitale – già messo in discussione, su basi economiche e politiche, da autori come Evgeny Morozov – le cosiddette ICT (information and communications technologies) hanno alla fine deluso le aspettative più rosee di riduzione dell’impatto ambientale.

Negli anni, le tecnologie informatiche e digitali sono diventate, anzi, per certi versi, parte del problema. Qualche dato: per fabbricare un computer si utilizzano 1,7 tonnellate di materiali, compresi 240 chili di combustibili fossili. Internet da sola succhia il 10% dell’elettricità mondiale e rispetto a dieci anni fa inquina sei volte di più, con un monte emissioni che eguaglia oggi quello dell’intero traffico aereo internazionale. Due ricerche su Google rilasciano anidride carbonica al pari di una teiera d’acqua portata a ebollizione, Netflix consuma da sé l’energia di 40mila abitazioni statunitensi. Mezz’ora di streaming emette quanto dieci chilometri percorsi in automobile (secondo altre fonti, non più di un chilometro e mezzo ), mentre un solo ciclo di training linguistico di un algoritmo arriva invece a inquinare come cinque automobili termiche lungo il loro intero ciclo di vita. Complessivamente, i consumi energetici dell’intelligenza artificiale raddoppiano ogni 3,4 mesi, e per risolvere in pochi secondi il cubo di Rubik a un algoritmo serve l’elettricità prodotta in un’ora da tre centrali nucleari.

leggi l'articolo completo di Giacometti su "il Tascabile".

DIGITAL GARBAGE. DI ZINCHENKO IVAN

L'identificazione e il controllo biometrico di massa sono incompatibili con una democrazia rispettosa dei diritti umani?

Il Progetto Winston Smith e l'Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights stanno organizzando l'edizione primaverile di e-privacy, che si terrà (solo in videoconferenza) il 21 e il 22 maggio 2021, con streaming pubblico su Youtube.

Si parlerà di una società in cui una sorveglianza di massa viene considerata "accettabile" da una maggioranza della popolazione, spaventata da criminalità e pandemia. Siamo nelle migliori condizioni per riscrivere le più fosche pagine dei libri di storia e della letteratura distopica.

Leggi l'articolo completo su ZEUS News

Il 5 marzo è spuntata nell’app di WhatsApp, in cima alle chat, il messaggio “Stiamo aggiornando i termini e l’informativa sulla privacy”.

Il messaggio, che si compone di due pagine, termina così: "I termini entreranno in vigore il 15 maggio 2021. Ti invitiamo ad accettarli per continuare a usare WhatsApp dopo questa data"

Ma il messaggio a chi è rivolto?

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WhatsApp ha fornito ulteriori chiarimenti in merito all’aggiornamento dei termini di servizio e della privacy policy per il 2021, che l’utente dovrà accettare entro l’8 febbraio per continuare ad usare il social: l’iniziativa ha suscitato perplessità, in particolare relativamente al data sharing con le altre aziende di Facebook. WhatsApp aveva già precisato che per gli utenti della regione europea e del Regno Unito non cambierà niente. Ma forse proprio per questo la novità è interessante per noi europei. Ecco perché

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Fra gli strani regali della fine di questo 2020, c’è stato un particolare annuncio pubblicitario, uscito sul The Wall Street Journal, sul New York Times, e sul Washington Post. L’annuncio riguarda un aggiornamento dei sistemi operativi mobili di Apple (e, in particolare, su IOS 14), che obbliga gli sviluppatori a ottenere il permesso specifico dagli utenti qualora desiderassero tracciarli di sito in sito, attraverso domini web multipli.

Per quanto possa sembrare paradossale, l’annuncio è stato pubblicato da Facebook, che ha anche tirato su un sito web e la relativa campagna di comunicazione per cercare di dimostrare quanto l’aggiornamento di sicurezza “incriminato” risulti dannoso per i piccoli imprenditori locali, proprio quelli già così in difficoltà a causa dei grandi operatori del commercio elettronico, in tempi di COVID.

[...]

Tuttavia la storia, recente e non, di Facebook e dei suoi comportamenti anticompetitivi, le infrazioni della privacy e il suo atteggiamento capace di mettere in pericolo i diritti e le libertà di centinaia di milioni di persone, rendono questo tentativo quantomeno bizzarro.

Leggi tutto l'articolo di Salvatore Iaconesi

Tempi presenti. Un percorso di letture sull’azienda di Bezos e il suo potere contrattuale. Il dietro le quinte di Angioni, «country manager» per l’Italia e la resistenza dello scrittore Carrión. Un’impresa nata sfruttando la quantità enorme di dati che i clienti sono pronti a consegnare in tutte le forme possibili e la debolezza dei governi di fronte alla sua volontà di dettare regole

Articolo di Maria Teresa Carbone. Leggi tutto

I sovranisti digitali dicono che l'Italia deve gestire i dati dei propri cittadini. Intanto nasce Gaia-X e la Corte di Giustizia Europea invalida l'accordo "Privacy Shield" con gli USA, ma siamo sicuri che abbiamo davvero bisogno di memorizzare tutti questi dati?
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