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Il caso di Jason Lemkin, dirigente d’impresa e investitore, che si è lasciato ammaliare dalle promesse dell’azienda di IA Replit, rischiando di perdere l’intero database di produzione: il cuore pulsante della sua attività professionale.

A partire dal 12 luglio, il co-fondatore di Adobe EchoSign e SaaStr ha documentato via blog la sua esperienza personale con il vibe coding. Il primo approccio è stato idilliaco: adoperando un linguaggio naturale, il manager è riuscito “in una manciata di ore a costruire un prototipo che era molto, molto fico”. Un inizio estremamente promettente, soprattutto considerando che Replit si propone alle aziende come una soluzione accessibile anche a chi ha “zero competenze nella programmazione”, promettendo di far risparmiare alle aziende centinaia di migliaia di dollari. Leggendo tra le righe, la promessa implicita è chiara: sostituire i tecnici formati con personale più economico, supportato dall’IA.

La premessa, tuttavia, è stata presto messa alla prova. “Dopo tre giorni e mezzo dall’inizio del mio nuovo progetto, ho controllato i costi su Replit: 607,70 dollari aggiuntivi oltre al piano d’abbonamento da 25 dollari al mese. Altri 200 dollari solo ieri”, ha rivelato Lemkin. “A questo ritmo, è probabile che spenderò 8.000 dollari al mese. E sapete una cosa? Neanche mi dispiace”. Anche perché, a detta del manager, sperimentare con il vibe coding è una “pura scarica di dopamina”, e Replit è “l’app più assuefacente” che abbia mai usato.

Dopo poco, il manager si è reso conto che...

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Il crepitio dei tasti di un programmatore che scrive codice per comporre un programma è probabilmente uno dei suoni più caratteristici dell'informatica. Da decenni, saper programmare significa avere pieno potere, avere la facoltà di far fare quello che si vuole al computer o tablet o telefono che sia, poter creare app, senza dover dipendere da nessuno.

Ma quel potere richiede studio e impegno: bisogna imparare i linguaggi di programmazione, ciascuno con una sintassi e delle regole differenti, e per molte persone questo non è facile o è semplicemente impossibile. Programmare resta così un'arte praticata da pochi e ammirata a rispettosa distanza dai più.

Tutto questo, però, sta forse per cambiare improvvisamente. Se state pensando di diventare programmatori o sviluppatori, o se siete genitori e pensate che far studiare gli arcani incantesimi della programmazione sia la strada maestra per una carriera informatica garantita per i vostri figli, ci sono due parole che vi conviene conoscere: vibe coding.

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  1. Vibe coding: creare programmi senza saper programmare
  2. Abbandonarsi alle vibrazioni e programmare senza toccare la tastiera
  3. Si riducono tempi e costi, e tutto sembra funzionare
  4. Se ci sono errori o vulnerabilità, sono guai seri
  5. Tutti sono entusiasti. Cosa mai potrebbe andare storto?

Leggi l'articolo di Paolo Attivissimo