Puntata dedicata in buona parte all'approfondimento di un curioso, ma sicuramente non unico, caso di incrocio tra la storia dell'infrastruttura di Internet, e in particolare dei DNS, con la politica internazionale: lo stato delle British Indian Ocean Territory scompare, e con esso dovrebbe scomparire anche il dominio .io, ad oggi usatissimo, in particolare dalle aziende tecnologiche. Ripercorriamo questa e altre vicende simili.
Passiamo poi a parlare di copyright, questa volta sotto una lente nuova, ovvero quella segnalateci dalle grandi aziende statunitensi della tecnologia; queste infatti si lamentano per la balcanizzazione di Internet, che danneggia gli interessi statunitensi; e inseriscono nella categoria anche i sistemi anti-pirateria italiani e francesi.
Concludiamo con una multa che nemmeno il signor Bonaventura.
Un tribunale americano ha confermato in appello una sentenza che stabilisce che l'Internet Archive ha violato il diritto d'autore prestando copie digitali di libri
L'Internet Archive ha perso un'importante causa negli Stati Uniti, che potrebbe avere un impatto significativo sul futuro della storia del web. Ieri la Corte d'appello del secondo circuito si è pronunciata contro la storica biblioteca digitale confermando la precedente sentenza nella causa Hachette contro Internet Archive, che aveva stabilito che un progetto di digitalizzazione di libri dell'Internet Archive viola la legge sul copyright.
La Corte d'appello, in particolare, ha respinto la tesi presentata dall'Internet Archive, secondo cui l'iniziativa per il prestito digitale di libri sarebbe protetta dal fair use, la dottrina che consente di violare il copyright in determinate circostanze. Il tribunale americano ha però definito "non convincente" l'argomentazione.
La causa contro l'Internet Archive
L'Internet Archive – un'organizzazione no profit con sede a San Francisco – aveva lanciato un programma chiamato National emergency library, nel marzo 2020, in un periodo in cui la chiusura delle biblioteche a causa della pandemia impediva a studenti, ricercatori e lettori di accedere a milioni di libri. L'ente aveva dichiarato che il progetto era nato in risposta alle richieste di normali cittadini e altri bibliotecari per aiutare chi era bloccato a casa senza la possibilità di reperire i testi di cui aveva bisogno.
La puntata racconta la storia di una backdoor scoperta recentemente all'interno del sistema operativo Linux. Nonostante in questo caso tutto sia stato scoperto prima che potesse essere realmente efficace, vale la pena di andarla a guardare in dettaglio, non solo da un punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista delle dinamiche sociali che la hanno permessa.
Proseguiamo con l'ormai immancabile Piracy Shield. Nonostante sia ormai chiaro che il sistema fa acqua, AGCOM lo difende a spada tratta, respingendo tutti i reclami e contrattacca comminando multe a chi la pensa diversamente, come Assoprovider. Peccato che probabilmente la multa non è dovuta. Con Cloud Flare invece, bandiera bianca (nel senso di whitelist).
Chiudiamo con le notiziole, tra cui segnaliamo il rinvio dell'estradizione di Assange a quando gli Stati Uniti dichiareranno che Assange non rischia la pena di morte. Per il resto, solite cose: schermi che guardano te che guardi pubblicità che alimentano AI che non funzionano.
Apriamo la puntata parlando del Piracy Shield, anzi lasciamo parlare l'AGCOM a riguardo. La scoperta delle più moderne tecnologie Internet, quali i siti e le CDN, mette l'AGCOM di fronte ad una grossa questione: bloccare i siti illeciti senza bloccare quelli leciti è difficile.
Negli USA, il complottismo (rappresentato da Schmitt, trumpiano DOC) arriva di fronte alla corte suprema, protestando per le limitazioni alla libertà di espressione subite, secondo lui, da account di estrema destra. Vista la composizione attuale della corte suprema, c'è da tremare.
Apple è stata accusata dall'antitrust USA di abusare della condizione di monopolio, facendo il tipo di cose che hanno sempre fatto: evitare l'interoperabilità.
L'ONU approva a larghissima maggioranza una risoluzione non vincolante sull'intelligenza artificiale. Si parla di rispetto dei diritti umani, ma sempre rimanendo sul vago. Non stupisce quindi ci sia stata l'unanimità.
Ascoltate la puntata intera o i singoli argomenti sul sito di Radio Onda Rossa
L'allerta scatta nel pomeriggio del 31 gennaio. Colpito un hosting condiviso su Aruba. Non si sa quanti altri siti siano caduti oltre all'indirizzo Ip incriminato
Nello specifico, nel mirino è finito un indirizzo Ip corrispondente a un hosting condiviso di Aruba. Ossia un accordo di hosting in funzione del quale più siti web condividono lo stesso spazio sul server, in questo caso di Aruba, il principale operatore di data center e cloud in Italia
Per approfondire il funzionamento del piracy shield ascolta la puntata di Le Dita Nella Presa dedicata all'argomento.
Nella puntata del 21 gennaio si parla di Piracy Shield, il sistema di contrasto alla "pirateria" che dovrebbe entrare in vigore il 31 Gennaio.
Previsto dal DL Caivano con il fantomatico pretesto di contrastare il disagio giovanile online (?), si tratta di un sistema automatico in grado di bloccare i siti di streaming entro 30 minuti. I giornali ne parlano come della (ennesima) soluzione definitiva, e puntualizzano che sarebbe pensato per gli eventi sportivi. Vediamo quanto c'è di vero.
A seguire il solito misto di notiziole su copyright, privacy e sorveglianza.
Nei mesi scorsi la biblioteca di internet – e con essa il futuro dell’accesso alla cultura online – è finita sul banco degli imputati. Nelle aule di un tribunale federale di New York si è svolto il primo round di un procedimento legale intentato da alcuni editori americani nei confronti di Internet Archive, la biblioteca digitale non profit fondata dall’informatico, attivista e archivista Brewster Kahle nel 1996 a San Francisco. Lo scontro è tra Davide e Golia, e rischia di definire per sempre il modo in cui la conoscenza è condivisa.
“Accesso universale alla conoscenza” è da 27 anni lo slogan di Internet Archive. L’organizzazione raccoglie e mette a disposizione di chiunque, gratuitamente, 37 milioni di libri, 16 milioni di file audio e molti altri contenuti nonché servizi come la Wayback machine, il più noto archivio di pagine Web. Una delle maggiori e più evidenti eredità culturali e intellettuali che gli esseri umani possano vantare per raccontare la loro storia.
Esattamente dieci anni fa, l'undici gennaio 20013, si toglieva la vita a soli 26 anni a New York Aaron Hillel Swartz, programmatore e attivista digitale, impegnato in numerosi progetti che continuano ancora oggi (da internet archive a creative commons) e in prima linea nella lotta contro il copyright e per un accesso libero e gratuito al sapere. Considerato una delle menti più brillanti della sua generazione, lo ricordiamo insieme a uno dei redattori de Le dita nella presa.
Ad Aaron Swartz dobbiamo molto. Aveva 14 anni quando scrisse le specifiche del protocollo RSS, ancora oggi uno dei più usati formati per la distribuzione di contenuti web. Progettò e sviluppo Tor2web, un sistema per accedere ai servizi della rete Tor attraverso un normale browser.
Ma sopattutto si è battuto con grande forza e creatività per la libertà di accesso alla conoscenza, partecpando a molte campanga contro le leggi che punivano le violazioni del copyright (Stop SOPA).
Scaricò 4 milioni di articoli accademici da JSTOR (Una importante biblioteca digitale statunitense) probabilmente per renderli disponibili in open access. Gli articoli scaricati, risalendo ad anni precedenti al 1923, erano già di pubblico dominio nella loro versione originale, ma le versioni digitalizzate erano coperte da copyright . Per questo fu accusato di frode informatica dal procuratore del Massachusetts. Accuse che prevedevano fino a 35 anni di detenzione.
Il processo non si tenne mai. Aaron si tolse la vita l'undici gennaio 2013, ad appena 26 anni.
Prima puntata di un ciclo sul DRM: una serie di tecnologie che - anche con tecniche crittografiche - limita le capacità di una miriade di oggetti tecnologici, sia hardware sia software: lettori dvd che mandano il video solo a televisori; libri leggibili ma non stampabili; canzoni che scadono.
In questa puntata parleremo dei cavi video digitali. Contrariamente a quanto potreste credere, i cavi HDMI, ma anche i DisplayPort, o i DVI, non sono dei meri cavi video che utilizzano tecnologie digitali per darvi la migliore qualità. Supportano infatti una tecnologia chiamata HDCP, il cui scopo è proprio quello di limitare le funzionalità dei vostri dispositivi al fine di evitare che possiate copiare contenuti protetti da copyright.
Questa tecnologia da un punto di vista tecnico è ormai un colabrodo: moltissimi attacchi crittografici l'hanno resa sempre meno efficace. Questo non vuol dire che l'HDCP è debellato: i suoi effetti sono comunque molto chiari, perché rendono molto più difficile l'utilizzo "libero" dei dispositivi video digitali.
Nella prima parte della puntata si parla di copyright, prendendo spunto dalla vicenda di youtube-dl programma che permette di scaricare audio e video da youtube - che nel mese scorso è stato prima oscurato da GitHub in seguito alle richieste della RIAA (la SIAE statunitense) e poi rimesso online in seguito alle proteste di utenti e sviluppatori. Un caso controverso, dato che si tratta in maniera solo molto indiretta di uno strumento per aggirare i sistemi di protezione del copyright! Questo ci da un'idea di come il meccanismo censorio che sta intorno al copyright non sia affatto finito, nonostante ci possa sembrare che negli ultimi anni questo si sia alleggerito.
Un altro esempio interessante in tal senso è quello della censura del progetto Gutenberg in Italia. Il progetto - che si occupa di pubblicare online testi in pubblico dominio ed è a tutti gli effetti la prima biblioteca digitale - è stato messo nel calderone dei canali Telegram che pubblicavano scansioni di quotidiani per motivi ad oggi non del tutto chiari.
Conclusione con una breve storia di alcune delle mosse più brillanti dell'industria delle stampanti. Un'industria che ha cercato di estrarre quanti più profitti possibile in un settore industriale oggettivamente non frenetico e che ora ha la sua ultima evoluzione con il concetto di "Stampa come servizio" che ti consente di utilizzare la tua stampante come se dovessi andare in copisteria.