Pillole

Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

Insieme al colosso degli Iphone e al gruppo di Elon Musk, anche Microsoft, Alphabet e Dell sono state denunciate da un’ong negli Stati Uniti per aver consapevolmente impiegato metallo estratto da minatori bambini in Congo. Se i giudici daranno via libera sarà la prima causa in tribunale relativa alle forniture di cobalto

Tesla, Apple e altri campioni dell’hi-tech «made in Usa» rischiano di finire alla sbarra per il cobalto insanguinato. Sarebbe il primo caso in tribunale relativo alle forniture del metallo impiegato nelle batterie: una causa che fa da pendent a quella che di recente ha visto ExxonMobil assolta dal reato di aver nascosto all’opinione pubblica il ruolo del petrolio nel cambiamento climatico e che potrebbe fare da apripista ad analoghe azioni giudiziarie contro società che vantano credenziali “green”.

Sono accuse gravissime quelle che International Rights Advocates, una ong americana, rivolge ad alcuni tra i maggiori utilizzatori mondiali di batterie a nome di 14 famiglie della Repubblica democratica del Congo, Paese da cui proviene oltre il 60% del metallo impiegato nei catodi, noto per le continue violazioni dei diritti umani.

Maurizio Franzini e Lisa Magnani prendendo spunto da un emendamento alla legge australiana sul Fair Work, approvato recentemente, riflettono sul diritto dei lavoratori a disconnettersi fuori degli orari normali di lavoro, ignorando messaggi e chiamate del datore di lavoro. Gli autori richiamano brevemente gli ostacoli al pieno riconoscimento di questo diritto e ritengono che in gioco non vi sia soltanto il problema del confine tra lavoro e non lavoro ma la più generale concezione del lavoro e del suo ruolo nella vita delle persone.

Il 12 febbraio scorso Camera e Senato australiano hanno approvato un emendamento che modifica il Fair Work Act del 2009. La notizia ha avuto risonanza a livello internazionale perché il tema è di grande importanza, per le ragioni che cercheremo di chiarire. Si tratta del diritto dei lavoratori alla disconnessione al di fuori degli orari di lavoro, quindi il riconoscimento del diritto di non rispondere, in quegli orari, a chiamate o mail del datore di lavoro o di terze parti (ad esempio, clienti).

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Dopo aver raggiunto il successo le grandi aziende tecnologiche finiscono sempre con lo sfruttare gli utenti, gli inserzionisti e i lavoratori. È ora di invertire la rotta, per creare una rete davvero libera

L’anno scorso ho coniato il termine enshittification, merdificazione, per descrivere il declino delle piattaforme digitali. Questa parolina oscena ha avuto molto successo: evidentemente riflette lo spirito del tempo. L’American dialect society l’ha scelta come parola dell’anno del 2023 (per questo, temo, sulla mia tomba ci sarà inevitabilmente l’emoji della cacca).

Ma cos’è la merdificazione, e perché se n’è parlato tanto? È una mia teoria che spiega in che modo internet è stata colonizzata dalle piattaforme digitali; perché si stanno tutte degradando rapidamente e completamente; perché è un fatto rilevante e cosa possiamo fare per rimediare. Siamo nel pieno di una grande merdificazione, in cui i servizi su cui facciamo più affidamento si stanno trasformando in mucchi di merda. È frustrante, demoralizzante, perfino terrificante.

Cory Doctorow è un giornalista e scrittore canadese. Si occupa di diritti digitali e sicurezza informatica. È consulente dell’Electronic frontier foundation, un’organizzazione non profit che difende i diritti digitali e la libertà d’espressione su internet. Questo articolo è l’adattamento di un discorso tenuto a gennaio per la Marshall McLuhan lecture all’ambasciata del Canada di Berlino, in Germania.

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La crescita dell’AI ha riproposto il dibattito sul Reddito di Base Universale

Da sempre, gli interessi economici hanno trainato lo sviluppo e l’implementazione delle tecnologie di automazione, e da sempre la società civile ha cercato di partecipare alla conversazione sulle politiche relative al loro uso.

Chi beneficia dell’introduzione di una tecnologia nel processo lavorativo? Come riconfigura i rapporti con la forza lavoro? Cosa faranno i lavoratori che verranno rimpiazzati? Sarà possibile formarli nuovamente? O questi sviluppi tecnologici sono il preludio di una spirale di precarizzazione sistemica?

Tutte queste domande (e molte, molte altre) giocano un ruolo politico decisivo nelle economie di tutto il mondo. L’opinione pubblica che si genera attorno a esse rappresenta un equilibrio fondamentale, e la stessa idea sulle capacità effettive di una tecnologia, su come si possa sviluppare e come sia in grado di riconfigurare i rapporti di forza condiziona le scelte politiche, per cui diventa un tema delicato anche dal punto di vista propagandistico (come nel caso del cosiddetto AI doomerism).

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Puntata 16 di EM, quarta del ciclo tecnologico Estrattivisimo dei dati, parliamo di Intelligenza Artificiale e lavoro, con un ospite, Antonio Casilli, docente di sociologia presso Télécom Paris, la scuola di ingegneria delle telecomunicazioni del Politecnico di Parigi.

Nella prima parte della trasmissione passiamo in rassegna, con una serie di esempi, il ruolo dell'IA nel mondo del lavoro, tra parcellizzazione, cottimo e sfruttamento nel Sud del Mondo, sfatando miti e smascherando retoriche pericolose.

Nella seconda parte analizziamo in particolare la precarizzazione del lavoro con l'IA, click work, micro task, uberizzazione, anche in relazione alla fornitura di lavoro gratuito e dati da parte degli utenti del web nel Nord del Mondo, utilizzati poi anche per l'addestramento delle IA. Introduciamo anche la necessità di redistribuire il surplus derivante dall'estremo aumento di efficienza attraverso l'introduzione di un reddito universale di cittadinanza.

Nella terza parte proviamo a parlare di futuro del lavoro, di opportunità e limiti per una mobilizzazione dei laboratori nel Nord e nel Sud del Mondo e delle nuove sfide che ci attendono.

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Amazon France Logistique, l’azienda che gestisce i magazzini del grande e-commerce statunitense Amazon in Francia, ha ricevuto una multa da 32 milioni di euro dalle autorità francesi per aver «creato un sistema di sorveglianza» dei dipendenti «eccessivamente intrusivo». La sanzione è stata emessa il 27 dicembre, ma è stata resa pubblica martedì dalla Commissione nazionale dell’informatica e delle libertà (CNIL), l’autorità incaricata di assicurare l’applicazione della legge sulla tutela dei dati personali in Francia.

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C’è stato Pegasus project, poi Predator files. Le inchieste giornalistiche transnazionali che documentano la sorveglianza illegale su giornalisti, politici, dissidenti e attivisti sono sotto gli occhi di tutta l’Unione Europea. Eppure, a distanza di quasi due anni dalla nascita della commissione Pega – la commissione d’inchiesta istituita dal Parlamento Ue per “indagare sull’uso di Pegasus e altri spyware”, uno sforzo politico non indifferente per gli standard di Strasburgo – poco sembra essere cambiato.

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Leggi anche la newsletter di Carola Frediani

In questo numero:

  • Cyber armi, da Stuxnet all’Ucraina
  • Come armare i video delle celebrità
  • AI e lavoratori
  • L’Europa e gli spyware
  • L’attacco alla British Library allarma le istituzioni culturali
  • E altro

Stupri, abusi, suicidi, i moderatori rimangono per ore seduti davanti al computer, guardano ed eliminano tutti i filmati per ripulire i social. Abbiamo parlato con Sara per capire come funziona il lavoro invisibile di chi filtra i nostri feed.

"Per due anni ho guardato in casa delle persone, so cosa vedono, cosa cercano, cosa scrivono. Ora non ho più un filtro che separa me dagli altri". Sara ci risponde in videochiamata, ha 28 anni ed è una moderatrice per TikTok Italia. Vuole nascondere la sua identità, il nome è di fantasia. Il suo lavoro consiste nel guadare otto ore al giorno i video che nessun altro vorrebbe vedere. Stupri, abusi su minori, suicidi, autolesionismo. "Ho visto filmati di bambini violentati da animali, o la clip di un padre che girava per strada con in mano la testa mozzata di sua figlia". Sara guarda, tagga ed elimina i video.

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Già un anno fa, a gennaio 2023, l’azienda aveva deciso di tagliare il 6% di tutta la sua forza lavoro. Non è l’unica, anche Amazon, Xenrox e Unity Software hanno annunciato nuovi licenziamenti.

La modalità è sempre la stessa. Google ha inviato una mail a centinaia dipendenti, in una manciata di righe li ha licenziati. "Abbiamo dovuto prendere alcune decisioni difficili riguardo all'assunzione continuativa di alcuni lavoratori di Google, e siamo spiacenti di informarvi che la vostra posizione verrà eliminata", si legge nella nota inviata ai dipendenti. L'obiettivo è ridurre le spese, e investire sull'intelligenza artificiale. I licenziamenti sono anche un effetto collaterale delle ambiziose assunzioni delle Big tech fatte durante la pandemia.

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L’editore tedesco rivoluziona l’app internazionale di notizie upday e chiude la redazione italiana, licenziandone i redattori. Un caso su presente e futuro dell’informazione

Un «nuovo generatore di notizie di tendenza guidato esclusivamente dall’intelligenza artificiale» sostituirà il lavoro dei giornalisti in carne e ossa.

Mentre l’Unione europea ha varato l’Ai Act, prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale, arriva la notizia che non è uno scenario fantascientifico di una serie tv ma la realtà di upday, app e sito internazionale di notizie che ha una testata registrata anche in Italia.

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Secondo il tribunale, il sistema non tiene conto delle condizioni individuali e discrimina i lavoratori. Per questo va modificato, sentiti i sindacati

Scegliere le migliori e le maggiori opportunità di lavoro e smistarle tra i rider è discriminatorio. Il principio è stato confermato da una sentenza del tribunale di Palermo che ha accolto un ricorso promosso da Nidil, Filcams e Filt Cgil provinciali e ha bocciato il sistema di selezione usato da Foodinho, società del gruppo Glovo.

Al centro della questione, l’algoritmo usato dalla piattaforma di food delivery.

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La città impone alle aziende che usano la Ai per le assunzioni di non discriminare sulla base di razza e genere

Le aziende di New York City che utilizzano dei programmi d’intelligenza artificiale per gestire le assunzioni dovranno dimostrare che il software che impiegano non segue criteri discriminatori, sessisti o razzisti. Questa nuova legge, entrata in vigore mercoledì, è la prima al mondo del suo genere, e sicuramente detterà la linea da seguire per le aziende che vogliono avvalersi dell’ausilio di intelligenze artificiali per assumere personale

Questi software, chiamati automatic employment decision tool, strumento di decisione automatica sull’occupazione, o Aedt, hanno la funzione sia di segnalare i candidati promettenti, che di scartare quelli ritenuti non idonei, aprendo così la strada a tutta una serie di preoccupazioni riguardanti i criteri di valutazione delle intelligenze artificiali. Una donna in età fertile è una candidata appetibile al pari di un uomo della stessa età? E una persona non bianca?

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In caso di mancato rispetto della previsione dell’articolo 4 co. 1 dello Statuto dei lavoratori si profilano due responsabilità di diversa natura: penale del datore di lavoro, inteso quale rappresentante legale della Società, e amministrativa dell’ente derivante dalla violazione della normativa privacy. Facciamo chiarezza

Esistono importanti rischi sanzionatori collegati alla violazione dell’art. 4 co. 1 dello Statuto dei Lavoratori relativo al controllo a distanza dei lavoratori.
In caso di mancato rispetto della previsione normativa, infatti, possono profilarsi due responsabilità di diversa natura. La prima riguarda la responsabilità penale del datore di lavoro, inteso quale rappresentante legale della Società.
La seconda riguarda la responsabilità amministrativa dell’ente derivante dalla violazione della normativa sulla protezione dei dati personali (Codice Privacy e GDPR).
Analizziamo le norme per fare un po’ di chiarezza.

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"Oggi c'è stata una grande partecipazione alla manifestazione indetta nella giornata della sciopero nazionale, la piazza S. Apostoli era piena: di qui rinnoviamo l'invito al governo ad aprire un tavolo di confronto con le parti sociali per entrare nel merito dei problemi strutturali del settore delle telecomunicazioni...

"L’immagine del disastro: aziende che trascorrono le giornate a ridurre i perimetri occupazionali e a far scempio di diritti e salari". Lo dice Riccardo Saccone, segretario nazionale Slc Cgil, riassumendo così lo scenario odierno delle telecomunicazioni in Italia nella giornata dello sciopero indetto dai sindacati che ha riscosso punte di adesione all'80%. In occasione del primo sciopero nazionale dell’intero settore – dunque trasversale ai comparti rete, telco e customer – migliaia di lavoratrici e lavoratori di tutta la penisola sono scesi in piazza Santi Apostoli a Roma, allo slogan di “Riprendiamoci il futuro”. "Una volta le telecomunicazioni erano sinonimo di modernità, invece oggi il settore è stato sfruttato dalla finanza che – continua il segretario Slc Cgil – ha trattato le nostre aziende come dei bancomat, ossia luoghi da depredare".

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Programmatori, gig workers, personale di logistica, sistemiste, grafici, ma anche minatori di metalli rari o chi lavora alla catena di montaggio dell’hardware: sono accomunati dall’appartenenza a un unico, complesso sistema produttivo che in molti casi ha tradito le promesse di benessere sociale. Chi li tutela?

Indice degli argomenti

  • Cambiare dall’interno i meccanismi con cui si crea la tecnologia
  • Il mercato del lavoro ICT
    • Body rental e consulenza
  • Università e formazione
  • I costi ambientali della tecnologia
  • Evoluzione culturale nell’ambito digitale
  • Conclusioni

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Una palaquium gutta matura poteva produrre circa 300 grammi di lattice. Ma nel 1857, il primo cavo transatlantico era lungo circa 3000 km e pesava 2000 tonnellate – richiedeva quindi circa 250 tonnellate di guttaperca. Per produrre una sola tonnellata di questo materiale erano necessari circa 900.000 tronchi d'albero. Le giungle della Malesia e di Singapore furono spogliate, e all'inizio del 1880 la palaquium gutta si estinse.

Questa è una delle storie più interessanti che racconta il libro della studiosa di media digitali Kate Crawford, Né artificiale né intelligente. Il lato oscuro dell’IA (Il Mulino, 2021, 312 pp., versione italiana dell’originale inglese Atlas of AI. Power, Politics and the Planetary Costs of Artificial Intelligence, Yale University Press, 2021).

Ma cosa c’entra il disastro ambientale vittoriano della guttaperca con l’intelligenza artificiale?

È proprio questo il merito del libro della Crawford, unire i puntini che legano la storia dello sviluppo tecnologico con il nostro presente. La storia di come si estinse l’albero di palaquium gutta è un’eco giunta fino a noi dalle origini della società dell’informazione globale, per mostrarci come siano intrecciate le relazioni tra la tecnologia e la sua materialità, l’ambiente e le diverse forme di sfruttamento.

[...]

Crawford costruisce una visione dell’IA non come una semplice tecnologia o un insieme di scoperte tecnologiche, ma come un apparato socio-tecnico, o socio-materiale, animato da una complessa rete di attori, istituzioni e tecnologie. L’IA per Crawford è “un’idea, un’infrastruttura, un’industria, una forma di esercizio del potere; è anche una manifestazione di un capitale altamente organizzato, sostenuto da vasti sistemi di estrazione e logistica, con catene di approvvigionamento che avviluppano l’intero pianeta” (p. 25).

Leggi l'articolo intero di Tiziano Bonini sul sito di DOPPIOZERO

Nella quarta puntata del ciclo "Estrattivismo dei dati", focus su Intelligenza Artificiale con Daniela Tafani, docente di filosofia politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Pisa.

Nella prima parte Tafani introduce l'Intelligenza Artificiale. Cosa è; le distorsioni con cui viene volutamente presentata; cos'è l'apprendimento automatico e gli ingredienti tecnologici fondamentali: dati, potenza di calcolo e algoritmi.

Nella seconda parte: come vengano occultati i costi ambientali, estrattivistici ed energetici dei sistemi di IA; come viene in realtà sfruttato massicciamente il lavoro umano, sottopagato e delocalizzato.

Nella terza parte: i rischi delle decisioni automatizzate prese attraverso i sistemi di Intelligenza Artificiale, con la convinzione che siano capaci di prevedere il comportamento di singoli individui. Perché si parla di bolla giuridica e perché si propone l’illegalità di default dei sistemi di IA.

Ascolta la registrazione sul sito di Radio Onda Rossa

Bello il telelavoro agile. O forse non sono tutte rose e fiori?

Puntata del 17 dicembre del podcast DataKnightmare: L'algoritmico è politico di Walter Vannini.

Perché non ci abbiamo pensato prima. Come cambia la vita dei lavoratori da remoto. Chi guadagna dal lavoro agile.

Ascolta il podcast

Un bellismo documentario in quattro parti sulle nuove forme di lavoro e di sfruttamento rese possibili dalle piattaforme digitali.

Moderatori di contenuti, riders, crowd workers, magazzinieri: tutti lavori uniti dal controllo software sulla propria attività, dalla pressione, dai rischi e dallo stress che ne derivano. Francia, Madagascar, Irlanda... è la globalizzazione.

Un'inchiesta su cosa significa oggi lavorare dentro e per le piattaforme e sulle realtà distopiche che hanno creato.

Episodio 1 Pedalare, ragazzi, pedalare!

Bilel ha 24 anni e tre fratelli. A parte il più piccolo, che va ancora alle medie, lavorano tutti per Uber Eats. Ogni giorno, compreso il week end, iniziano alle nove di mattina e staccano anche alle 4 del mattino per un totale di 400 euro lordi al mese - ammesso che nel frattempo non finiscano sotto a una macchina nel disperato tentativo di vincere un bonus. Come dovremmo chiamarla, flessibilità o schiavitù?

Episodio 2 La trappola dei micro-lavori

Sono tra i 45 e i 90 milioni i micro-lavoratori del web nel mondo. Nathalie vive in Francia, ha 42 anni, due figli ed è separata. Con il suo lavoro quotidiano - rispondere a delle domande idiote - aiuta l’algoritmo di Google a diventare sempre più umano, condannando se stessa a diventare sempre più un robot. In Madagascar, addirittura, le sfruttate del clic sono capaci di lavorare 336 ore al mese alla corte di clienti come Disneyland Paris per ritrovarsi a guadagnare 200 euro. Ecco le loro testimonianze.

Episodio 3 Traumatizzati senza moderazione

Amélie fa la moderatrice di contenuti a Barcellona presso una delle tante aziende che Facebook subappalta per svolgere questo tipo di attività. Chris fa lo stesso a Dublino. Entrambi hanno cominciato a lavorare senza prevedere che essere esposti tutti i giorni al lato peggiore dell’umanità li avrebbe catapultati in un inferno dal quale non sarebbero più riusciti a venire fuori, anche dopo aver cambiato mestiere.

Episodio 4 Il mio padrone non è un algoritmo

I proletari del clic hanno il divieto assoluto di parlare del lavoro che svolgono, persino con i propri famigliari. Eppure la consapevolezza di essere vittime di un traffico di manodopera al limite della legalità li spinge sempre più spesso a rompere il silenzio, a insorgere e a organizzarsi in forme cooperative alternative in grado di tutelare maggiormente i loro diritti.

Sono milioni nel mondo, in Asia, Africa, Sud America, le persone che per pochi centesimi svolgono compiti di intelligenza umana, piccole mansioni che le macchine non sono in grado di fare da sole. Un fenomeno in crescita anche in Europa, per alcuni studiosi una forma estrema di smart working.

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