Pillole

Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

Puntata 25 di EM, settima del ciclo Estrattivismo dei dati, parliamo di Intelligenza Artificiale e lavoro.

Nella prima parte, la trasmissione affronta il tema dell’intelligenza artificiale dal punto di vista del lavoro nascosto che ne rende possibile il funzionamento. Ospite Antonio Casilli, che racconta come dietro ogni algoritmo, chatbot o app ci sia una vasta rete di lavoratori spesso invisibili e sottopagati, impegnati in attività di addestramento e moderazione dei sistemi di IA. La discussione esplora il legame tra sfruttamento digitale e automazione, mostrando come il lavoro umano venga semplicemente spostato e reso meno visibile, ma non eliminato.

Nella seconda parte, si approfondisce il concetto di "lavoro invisibilizzato" nell’era delle piattaforme e dell’intelligenza artificiale. Casilli descrive come molti lavoratori digitali, anche in Europa, restino fuori dal campo visivo pubblico, spesso vincolati da contratti di riservatezza e condizioni precarie.

Nella terza parte, il focus si sposta sulle possibili prospettive politiche e sindacali: si parla di nuove forme di organizzazione e tutela dei lavoratori digitali, dalle iniziative sindacali dal basso alle azioni legali collettive, fino all’ipotesi di cooperative di intelligenza artificiale.

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Dal 2019, le cinque Big Tech hanno assorbito quasi 200 aziende. Ma solo il 4% delle operazioni è stato oggetto di indagine

Alphabet, la holding a cui fa capo Google, ha recentemente annunciato la più grande acquisizione della sua storia: l’acquisto della startup israeliana di cybersicurezza Wiz per la cifra record di 32 miliardi di dollari. Nonostante l’entità dell’operazione, esiste il rischio concreto che l’accordo sfugga ai controlli normativi, in particolare in giurisdizioni come l’Unione europea. Si tratta dell’ultimo esempio – tra i più emblematici – della strategia di espansione silenziosa portata avanti dalle Big Tech negli ultimi anni.

Tutte le acquisizioni delle Big Tech, in un unico database

Il tracker, realizzato dalla ong olandese SOMO (Centre for Research on Multinational Corporations), raccoglie e rende accessibili tutte le acquisizioni effettuate dalle cinque Big Tech dal 2010 a oggi. Ma il dato più allarmante riguarda gli ultimi sei anni, in cui si sono fatte più frequenti e aggressive. Un fenomeno giudicato positivamente dalle stesse Big Tech. Ad esempio, nel 2019 il Ceo di Apple Tim Cook ha dichiarato che «in media Apple acquista un’azienda ogni due o tre settimane».

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Nuovo nome, stessi problemi: L'UE chiama ora il Chat Control "ProtectEU", ma presenta gli stessi problemi di backdoor di prima.

L'obiettivo dichiarato è rafforzare le indagini penali, ma le proposte contenute nel piano secondo alcuni minacciano la privacy di milioni di cittadini, tra gli altri aspetti con la rimozione della crittografia end-to-end. In gioco c'è molto più della sicurezza online.

Punti chiave per opporsi a ProtectEU

  • Minaccia ai diritti fondamentali e alla sicurezza: Il piano dell’UE per lo sviluppo di una roadmap tecnologica sulla crittografia include l’idea di consentire alle forze dell’ordine l’accesso ai dati crittografati.
  • Tecnicamente impossibile: Gli esperti di crittografia sottolineano che è impossibile fornire tale accesso senza indebolire la crittografia; qualsiasi “accesso eccezionale” introduce vulnerabilità sfruttabili da attori malintenzionati e regimi autoritari.
  • Soluzioni sbagliate: Proposte come la scansione lato client non rispettano la privacy, consentono la sorveglianza di massa e aumentano il rischio di violazioni della sicurezza.
  • La crittografia deve essere Ende-zu-Ende: Una crittografia forte è fondamentale per salvaguardare i diritti umani e la sicurezza delle infrastrutture digitali in tutta Europa.

Leggi la lettera aperta di 90 organizzazioni

Commenta la proposta sul portale EU

Firma la petizione per fermare ChatControl

Guarda il video di Moreno Razzoli che spiega la situazione

Venerdì 13 giugno 2025 dalle 17 alle 20 a Montopoli di Sabina presso la Biblioteca "Angelo Vassallo" si terrà un laboratorio di autodifesa digitale e pedagogia hacker.

Ogni esperienza di interazione sociale nelle piattaforme delle Big tech si trasforma in una complicata gara, con un sacco di punti e classifiche, livelli e campioni. Conosciamo per esperienza diretta le regole di questi “giochi”: se ci comportiamo bene, otteniamo molti “like”, strike, notifiche, cioè caramelle sintetiche per i nostri cervelli (sotto forma di dopamina); se siamo scarsi rimaniamo a bocca asciutta.

Ti senti a disagio sui social media? Il tuo smartphone ti mette ansia ma non puoi fare a meno di averlo sempre con te?

Possiamo fare a meno di gmail? Sappiamo scegliere una password sicura? Farsi domande come queste significa essere consapevoli che la privacy è una ricchezza da preservare e da difendere in prima persona. Sostenere lo sviluppo di un approccio hacker alla tecnologia e all’apprendimento in generale è un modo per diffondere pratiche di consapevolezza e autodifesa digitale. Contribuisce a far emergere l’hacker che si nasconde in ognuno e ognuna, dargli valore e aiutarlo a crescere.

Questo laboratorio fa per te se vuoi “seguire i fili delle tue connessioni”; se t’interessa capire quali sono gli elementi nascosti delle procedure di tutti i giorni e quali sono gli automatismi che ormai ti sfuggono; se vuoi inventare insieme soluzioni per una relazione ecologica con le macchine; se vuoi acquisire consapevolezza dei nostri rituali digitali nella vita privata e nel lavoro; se vuoi imparare tecniche di autodifesa per scardinare gli automatismi.

Il laboratorio sarà un primo passo per un percorso che conduca fuori (per quanto possibile) dalle Big Tech. Prossimo appuntamento (da definire) sarà con AvANa con il progetto Un, dos, tres!

Il laboratorio sarà a cura di Agnese Trocchi e Maurizio "Graffio" Mazzoneschi del Centro Internazionale di Ricerca per le Convivialità Elettriche (CIRCE)

Per sostenere l'iniziativa si suggerisce un contributo minimo di 7 euro o l'acquisto di uno dei libri sul tema che saranno a disposizione.

Nelle ultime settimane, hanno suscitato grande scalpore alcune applicazioni sviluppate per segnalare alle autorità competenti i cittadini stranieri che vivono illegalmente negli Stati Uniti. In particolare, secondo The Verge, a ricevere il sostegno di Donald Trump e dei filotrumpiani è stata ICERAID, un’app che promette di premiare con una criptovaluta proprietaria, il token RAID, “i cittadini che acquisiscono, caricano e convalidano le prove fotografiche di otto categorie di sospette attività criminali”. Tra queste i maltrattamenti di animali, i rapimenti, gli omicidi, le rapine, gli atti terroristici e, naturalmente, l’immigrazione clandestina.

[...] La tecnologia per difendersi dalla politica di Trump

Con l’intensificarsi delle azioni, politiche e non, messe in campo da Donald Trump per combattere l’immigrazione clandestina, anche i migranti stanno ricorrendo alla tecnologia per sfuggire ai raid delle forze dell’ordine e assicurarsi una permanenza nel paese. Secondo quanto riferito da Newsweek, nelle ultime settimane sta riscuotendo un buon successo SignalSafe, un’app di community reporting usata dai migranti o chi li aiuta per segnalare le operazioni degli agenti federali e della polizia locale. Una piattaforma che dichiara di non voler ostacolare le attività dell’ICE (United States Immigration and Customs Enforcement), ma che ha l’obiettivo di “dare potere alle comunità fornendo ai cittadini uno strumento per segnalare e condividere quello che accade negli spazi pubblici”, come riferiscono gli sviluppatori dell’applicazione, che per il momento hanno preferito mantenere segreta la loro identità.

[...]

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Builder.AI è una startup londinese nata nel 2016 con la promessa di offrire un assistente AI in grado di sviluppare app e software in pochi secondi e in modo quasi completamente automatizzato. Oggi è in bancarotta per aver gonfiato i bilanci, oltre a essere stata accusata di sfruttare il lavoro umano molto più di quanto abbia mai ammesso.

Le bugie hanno le gambe corte, anche quando sei una startup quotata 1,5 miliardi di dollari. In questi giorni ha fatto il giro del mondo la notizia del fallimento di Builder.AI, un'azienda tech con base a Londra, che dopo aver ricevuto per anni milioni di investimenti, anche da colossi come Microsoft, ha dovuto fare i conti con la verità.

Builder.AI è stata fondata nel 2016 come una startup innovativa nel settore dell'intelligenza artificiale. Il suo fiore all'occhiello era "Natasha", un assistente AI in grado di sviluppare software e app in modo del tutto automatizzato. O almeno, questo era quello che prometteva.

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Meta, colosso tech fondato da Mark Zuckerberg, e Anduril, la società di tecnologie per la difesa di Palmer Luckey (fondatore di Oculus acquisita da Facebook), stanno collaborando su una gamma di prodotti XR integrati, progettati specificamente per i soldati americani.

Il ceo di Anduril, Palmer Luckey, ha elogiato la partnership come una spinta tecnologica necessaria per le forze armate. “Di tutti i settori in cui la tecnologia a duplice uso può fare la differenza per l’America, questo è quello che mi entusiasma di più”, ha affermato Luckey. “La mia missione è da tempo quella di trasformare i combattenti in tecnomanti, e i prodotti che stiamo sviluppando con Meta fanno proprio questo”.

Da parte sua Zuckerberg ha dichiarato nella nota che “Meta ha trascorso l’ultimo decennio a sviluppare intelligenza artificiale e realtà aumentata per abilitare la piattaforma informatica del futuro”. “Siamo orgogliosi di collaborare con Anduril per contribuire a portare queste tecnologie ai militari americani che proteggono i nostri interessi in patria e all’estero” ha aggiunto il numero uno di Meta.

Non va dimenticato che solo lo scorso novembre Meta ha cambiato politica per aprire Llama al governo degli Stati Uniti per “applicazioni di sicurezza nazionale”. Tra gli appaltatori governativi a cui Meta stava aprendo Llama ci sono Amazon Web Services, Lockheed Martin, Microsoft, Palantir e appunto Anduril.

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Ecco perché, secondo un articolo di Key4Biz, serve un nuovo manifesto degli appalti pubblici: Consip e MePa aprano alle PMI italiane dell’innovazione.

La paura che un fornitore di servizi cloud statunitense, come AWS, Microsoft o Google, possa essere “spento” a causa di un ordine esecutivo o di una decisione privata (ad esempio, un ipotetico spegnimento di Starlink in Ucraina da parte di Musk) ha rappresentato il vero campanello d’allarme per l’UE. Questa preoccupazione non è teorica e non è retorica: è radicata in veri cambiamenti geopolitici, come il disimpegno di Donald Trump dalla NATO (tema al centro del bilaterale tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni) o la riduzione della condivisione di intelligence con alleati come l’Ucraina. Ormai è chiaro a tutti che la dipendenza dai servizi cloud basati negli Stati Uniti per infrastrutture critiche – civili e militari -espone l’Europa a rischi esistenziali se i servizi vengono interrotti o l’accesso ai dati è compromesso da leggi USA come il FISA o il Cloud Act.

Sovranità digitale priorità della Ue
Questa vulnerabilità ha spinto l’UE – stavolta con una retorica quasi stucchevole perché non dà seguito a fatti – a dare priorità alla sovranità digitale, in particolare nel Cloud Computing, dove i GAFAM dominano (AWS, Microsoft e Google controllano due terzi del mercato globale del cloud).

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Parassita perfetto: smartphone sfrutta dopamina e algoritmi per tenerci schiavi. Scienza propone "polizia digitale" per liberarci.

Pensavate di possedere uno smartphone? Sbagliato: è lui che possiede voi. Se non state leggendo queste righe da un cellulare, probabilmente il vostro telefono è lì accanto che aspetta. Vibra, suona, lampeggia, fa di tutto per catturare la vostra attenzione. Secondo Rachael Brown dell’Australian National University e i suoi colleghi, questa non è più una relazione simbiotica dove entrambi traete beneficio. È diventata una forma di parassitismo evoluto, dove voi fate da ospiti inconsapevoli a un parassita digitale che ha imparato a manipolare i vostri istinti più profondi per tenervi incollati allo schermo.

Dal mutualismo al parassitismo: un’evoluzione darwiniana

La ricerca applica i principi dell’evoluzione darwiniana al rapporto uomo-tecnologia. Brown e il suo team spiegano che inizialmente la relazione era mutualistica: noi traevamo beneficio dalla tecnologia e la tecnologia “prosperava” grazie al nostro utilizzo. Ma poi è successo qualcosa di evolutivamente prevedibile: il mutualismo si è trasformato in parassitismo. Non è un fenomeno raro in natura. Molti organismi che iniziano come simbionti benefici finiscono per diventare parassiti quando le condizioni evolutive lo favoriscono.

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Lo annuncia il fondatore dell'app di messaggistica Pavel Durov, la partnership è da 300 milioni di dollari

Con un messaggio sul proprio canale ufficiale di Telegram, il fondatore Pavel Durov ha ufficializzato l'accordo con Elon Musk che porterà quest'estate tutte le funzionalità di intelligenza artificiale basate su Grok a bordo dell'app di messaggistica. Secondo le informazioni diffuse, si tratta di una partnership da 300 milioni di dollari, che potrà dare un bel boost al servizio multipiattaforma per cerare di pareggiare i conti con gli eterni rivali di WhatsApp con la loro soluzione proprietaria basata su Meta AI.

L'accordo avrà una durata di un anno e le funzionalità riguarderanno la platea globale degli utilizzatori di Telegram, stimata in circa un miliardo di utenti. Già da qualche tempo Grok era disponibile per gli abbonati a Telegram Premium, ma presto sarà sfruttabile anche gratuitamente.

Durov specifica come Telegram riceverà la somma di 300 milioni in dollari e azioni di xAI e otterrà anche il 50% dei ricavi dagli abbonamenti a xAI che saranno sottoscritti dagli utenti che arrivano appunto dall'app.

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I cellulari che abbiamo in tasca ci offrono un enorme ventaglio di possibilità, ma ogni app, ogni login, ogni geolocalizzazione può far breccia nella nostra sicurezza digitale. Così come esistono modi per tenere sotto controllo le nostre comunicazioni, però, esistono anche strategie per verificare di non essere vittime della sorveglianza digitale.

Un approccio critico è indispensabile per vivere nel mondo del web senza subirlo: ne parliamo con Raffaele Angius, giornalista di IrpiMedia, a Cagliari per partecipare all'Hackmeeting, l'appuntamento annuale degli hacker.

Chi sono oggi gli hacker, dove operano, che cosa è cambiato dagli albori del web? Risponde Giuliana Sorci, autrice del libro "Server ribelli. R-esistenza digitale e hacktivismo nel Fediverso in Italia" (Meltemi editore, 2025). Al microfono Elisabetta Tola

Ascolta l'audio su RaiPlay Sound

Qui il programma dell'Hackmeeting

Dopo l'assemblea dell'8 Maggio ad Acrobax, l'istanza romana di Gancio esce dalla sperimentazione e diventa ancora più "ufficiale". Raccontiamo quindi cos'è e come si usa questa agenda di movimento, spiegando in modo dettagliato come si aggiungono gli eventi, se e come crearsi un utente... ma anche come stampare facilmente una locandina con la lista degli eventi della prossima settimana.

Ascolta l'audio del racconto di roma.convoca.la (Gancio de Roma)

Passiamo poi a parlare di Pedagogia Hacker, raccontando come, con un approccio esperenziale, mescolando l'attitudine hacker e la pedagogia degli oppressi di Paulo Freire, ci permetta di capire meglio il modo in cui ci relazioniamo con le macchine, togliendo degli strati e quindi riducendo l'alienazione tecnica e aprendo possibilità di liberazione.

Ascolta l'audio sulla Pedagogia Hacker, corsi e laboratori

Concludiamo con il racconto dell'esperienza di Gazaweb, una pratica di resistenza all'occupazione israeliana. Ricordiamo che subito dopo l'alluvione al-aqsa Israele ha colpito duramente le comunicazioni telematiche nella striscia di Gaza, di fatto isolandola completamente. Gazaweb cerca di mantenere delle possibilità di comunicazione, affidandosi alla tecnologia della e-SIM e al fondamentale lavoro dei giardinieri della rete.

Ascolta l'audio sull'esperiena di gazaweb e gli alberi della rete, corsi e laboratori

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L’incontro annuale delle controculture digitali italiane quest'anno avrà luogo dal 30 maggio al primo giugno nello spazio di sa Domu nel centro di Cagliari.

L’hackmeeting è l’incontro annuale delle controculture digitali italiane, di quelle comunità che si pongono in maniera critica rispetto ai meccanismi di sviluppo delle tecnologie all’interno della nostra società. Ma non solo, molto di più. Lo sussurriamo nel tuo orecchio e soltanto nel tuo, non devi dirlo a nessuno: l’hackit è solo per hackers, ovvero per chi vuole gestirsi la vita come preferisce e sa s/battersi per farlo. Anche se non ha mai visto un computer in vita sua.

Tre giorni di seminari, giochi, dibattiti, scambi di idee e apprendimento collettivo, per analizzare assieme le tecnologie che utilizziamo quotidianamente, come cambiano e che stravolgimenti inducono sulle nostre vite reali e virtuali, quale ruolo possiamo rivestire nell’indirizzare questo cambiamento per liberarlo dal controllo di chi vuole monopolizzarne lo sviluppo, sgretolando i tessuti sociali e relegandoci in spazi virtuali sempre più stretti.

Anche quest'anno è ricchissimo il progrmama di laboratori, seminari ed incontri. Si comincia venerdì 30 alle ore 15 per finire domenica alle ore 11 con l'assemblea finale.

Gli incontri sono sia tecnici (es.: reti neurali in Python) che di riflessione e dibattito (diverse le presentazioni di libri). Non mancheranno incontri divulgativi e laboratori di autodifesa digitale.

Il programma si trova sul sito dell'hackmeeting dove si trovano anche tutte le altre informazioni

Lo scorso 16 maggio a Bologna si è tenuta una discussione, in un evento di preparazione alla Bologna Anarchist Book Fair che si terrà il prossimo settembre, su alcuni progetti web nati e sviluppatisi negli ambienti dell’antagonismo e dei centri sociali. L’evento è stato descritto come Archivi digitali dei movimenti sociali: memoria collettiva e riappropriazione tecnologica.

Alla discussione hanno partecipato Grafton9, il non più attivo NGVision, ed ECN Antifa. Tre progetti apertamente diversi nella forma, nei contenuti trattati e nell’organizzazione. Sintetizzando i tre progetti hanno in comune il desiderio di curare le informazioni: un processo di cura volto alla riorganizzazione, alla semplificazione, ed infine alla condivisione.

Oggi, nell’uso quotidiano del web, i movimenti dimostrano una scarsa capacità di cura, che si riflette in una frammentazione e dispersione dei contenuti, spesso con limiti di accesso, e quindi con una conseguente difficoltà nella conservazione per il futuro.

Questo bisogno di riprendersi cura del web oggi viene espresso da diversi fronti, spesso collocato sotto la definizione di “giardino digitale”

Leggi l'articolo completo in cui trovi anche una serie di link sull'argomento.

Tra body cam, riconoscimento facciale e decreto sicurezza i diritti umani in Italia vanno sempre peggio. Il rapporto annuale di Amnesty International, presentato lunedì 28 aprile a Roma, non fa classifiche, come accade per altri indici, come quello internazionale sulla trasparenza. Ma dalla conferenza stampa e, soprattutto, dalle pagine del volume, si delinea un quadro a dir poco complesso.

A preoccupare la ong è, tra gli altri temi, anche l'utilizzo indiscriminato delle nuove tecnologie, dell'intelligenza artificiale e delle piattaforme come strumenti di repressione e di diffusione di notizie false e fuorvianti, Quella che il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, definisce “miscela malefica tra autoritarismo e tecnocrazia”.

Il paradosso italiano è che invece di dare la possibilità a chi manifesta pacificamente di segnalare abusi commessi dalle forze dell'ordine attraverso codici identificativi apposti sulle divise, si dotano queste ultime di strumenti tecnologici avanzati per colpire e identificare i manifestanti.

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Un’inchiesta del New York Times parte da un rapporto Wood MacKenzie e dagli aumenti dei prezzi degli ultimi anni: privati e piccole imprese potrebbero caricarsi ulteriormente sulle spalle gli oneri degli aggiornamenti della rete necessari a Big tech.

Famiglie e piccole imprese statunitensi stanno pagando l’energia a prezzi maggiorati, negli ultimi anni, ma le tariffe elettriche a loro carico potrebbero aumentare ulteriormente, a breve. E la ragione non è in quel che consumano loro, ma in quel che consuma il settore Big tech per mandare avanti datacenter e servizi di Intelligenza artificiale (Artificial intelligence, AI).

Secondo i dati citati dal NYT si prevede che la domanda di elettricità in alcune parti degli Stati Uniti aumenterà fino al 15% solo nei prossimi quattro anni. «Il rapido aumento dei datacenter, che utilizzano l'elettricità per alimentare i server di computer e mantenerli freschi, ha messo a dura prova molte utility», scrive il quotidiano statunitense. Oltre a investire per soddisfare la domanda, i servizi pubblici stanno spendendo miliardi di dollari per rendere i loro sistemi più sicuri contro incendi, uragani, ondate di calore, tempeste invernali e altre condizioni meteorologiche estreme: «I disastri naturali, molti dei quali sono legati al cambiamento climatico, hanno reso le reti elettriche più inaffidabili degli Stati Uniti. Questa spesa è uno dei motivi principali per cui le tariffe dell'elettricità sono aumentate negli ultimi anni».

Negli Stati Uniti e in Europa tali costi vengono al momento “socializzati” e redistribuiti sulle bollette di tutti gli utenti. Un approccio comprensibile se l’obiettivo è un bene comune (per esempio la decarbonizzazione grazie al passaggio alle rinnovabili). Ma se invece gli investimenti in infrastrutture energetiche servono a facilitare i già colossi guadagni dei giganti digitali, è giusto che a pagare siano le famiglie e le piccole imprese?

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Riprendiamo il tema, trattato nella scorsa puntata, dell'uso di un Signal modificato da parte dell'amministrazione Trump. Ora sono emersi alcuni dettagli sull'hack grazie al quale si sono scoperte molte informazioni, e i dettagli mostrano un'inettitudine inaspettata.

Vediamo per sommi capi il programma dell'Hackmeeting (30 Maggio - 2 Giugno) a Cagliari.

Un report curato da State Watch e La quadrature du net dettaglia l'uso dei sistemi digitali, inclusi quelli di polizia predittiva, da parte delle polizie francesi.

Entriamo nel terreno delle notiziole:

  • furto di identità
  • multe e vicissitudini varie per alcune delle grandi aziende della tecnologia statunitensi
  • Whatsapp vince la causa contro NSO relativa all'(ab)uso dei server di Whatsapp per l'installazione di Pegasus
  • Trump chiude di tutto un po': dal database degli eventi climatici estremi, all'accesso internet nelle scuole pubbliche... in compenso dà il via libera all'IA per sostituire gli impiegati licenziati.

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Meta ha usato anche LibGen, un database illegale online, per allenare la sua AI, scavalcando così il diritto d'autore e il lavoro di chi fa ricerca, che finisce sfruttato due volte. Ma il copyright non è la soluzione.

Notizia di queste settimane è quella relativa all’utilizzo da parte di Meta di LibGen, un archivio online di materiali, anche accademici, piratati, per aiutare ad addestrare i suoi modelli linguistici di intelligenza artificiale generativa. La notizia è un paradosso, soprattutto, in particolare se letta dalla prospettiva della ricerca accademica. Chi scrive è l’opposto di un sostenitore del copyright: è un sistema che offre pochissima autonomia e un lievissimo sostegno ai piccoli, e dona, invece, un enorme potere ai grandi gruppi editoriali, oltre a essere un ostacolo alla libera circolazione della conoscenza e della cultura. [...]

La razzia spregiudicata di questi contenuti è predatoria perché omette completamente l’esistenza di chi quei contenuti li ha creati, e non perché non ne rispetta il copyright, ma perché avanza una pretesa di possesso su quei contenuti come se non esista alcun livello ulteriore. È predatoria perché si rivolge, senza alcun ragionamento culturale, alla pirateria, che è stata creata per indebolire un sistema iniquo. Così facendo Meta crea un livello di sfruttamento ulteriore su quei contenuti, facendosi gioco di una strategia di resistenza, di fatto svuotandola. Il fatto che Meta si sia rivolta a un database illegale per questa operazione dimostra due cose: che il copyright è finito e non serve assolutamente a nulla (ma questo lo sapevamo già da molto) e, allo stesso tempo, che non esiste limite alcuno all’azione delle aziende tecnologiche e alle loro dinamiche estrattive. Non vi erano limiti all’estrazione di dati per la pubblicità targetizzata, perché dovrebbero esistere per l’AI generativa?

Credere che questo contribuirà a indebolire il copyright o a finalmente mandarlo in soffitta è una favola che può funzionare solo in qualche narrazione determinista dove l’AI è un agente neutro, inevitabile e irrefrenabile, cui non è possibile, né giusto, porre limiti. È una narrazione tossica e di comodo, e molto pericolosa, ed è la stessa da decenni. La risposta non può certamente essere il copyright, ma nemmeno la resa incondizionata a questo pensiero che mischia linguaggio corporate a filosofia spiccia. Non abbiamo fatto e sostenuto le battaglie per la Rete libera, il fair use, le licenze creative commons e per la memoria di Aaron Swartz per fare finta che finire sfruttati da Meta una volta in più sia una cosa di cui essere contenti.

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Nei settori più a Sud della striscia di Gaza sono ancora attivi gli alberi della rete che consentono di connettersi a internet.
A Deir Balah, l'albero della rete gestito da Nour funziona regolarmente e continua a fornire accesso soprattutto ai più giovani che, grazie alla connessione seguono le lezioni e danno esami a distanza.

Nelle zone a nord la situazione sta precipitando.
Il palazzo dal quale Youssef attiva uno degli alberi della rete di Gaza City è stato colpito due volte in due giorni. Youssef e sua moglie sono stati feriti e trasportati a sud per essere curati poiché in quella zona gli ospedali sono tutti fuori uso. Le loro scorte di cibo sono andate distrutte.

Non lasciamo sole i nostri fratelli e sorelle, coltiviamo solidarietà!
Sottoscrivi al croudfunding: aiutagazaweb.vado.li

YouTube sta modificanda le sue strategie pubblicitarie e l'intelligenza artificiale è al centro di questa evoluzione.

Stando alle indiscrezioni, la piattaforma sta sperimentando un sistema basato sull'IA per inserire annunci nei momenti in cui gli utenti sono più propensi a notarli, spesso durante le pause naturali dei video. L'obiettivo è chiaro: massimizzare l'impatto delle pubblicità, anche se un approccio come questo ha l'aria di essere essere un po' troppo invasivo.

L'IA analizza il contenuto dei video per identificare i punti in cui l'attenzione dell'utente è al massimo, come la fine di una scena intensa o un momento di silenzio. Questi istanti, che l'algoritmo considera ideali, diventano il bersaglio perfetto per gli annunci.

Se da un lato questo può (almeno inizialmente) aumentare l'efficacia delle campagne pubblicitarie, dall'altro rischia di interrompere l'esperienza di visione in modo più evidente, suscitando frustrazione negli spettatori.

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