In seguito a una sentenza, la società non venderà più il suo database ad aziende private
Clearview AI, oltre a essere un’azienda che punta a raccogliere un database di 100 miliardi di foto di volti utilizzando di fatto il riconoscimento biometrico per mappare pressoché tutta la popolazione mondiale, è un grande tema etico. Su questa linea, a quanto pare, si sta giocando una nuova partita e si sta aprendo un nuovo fronte, in seguito a un accordo giuridico in attesa di una conferma da pate di un tribunale in Illinois. American Civil Liberties Union, una associazione che si occupa della tutela dei diritti fondamentali, ha vinto la sua battaglia contro Clearview AI: l’azienda ha accettato di non vendere i suoi prodotti, i suoi database a società private.
Riporto una parte della newsletter di dataninja del 6 maggio 2022, perché il tema è particolarmente caldo.
E soprattutto: facciamo davvero abbastanza perché cresca la consapevolezza su questo argomento? Ma i nostri dati biometrici sono al sicuro?
Nelle ultime ore si è parlato moltissimo di dati sanitari. La UE ha annunciato che ci sarà una banca dati sanitaria unica dal 2025, ma appena prima qui in Italia abbiamo assistito a un attacco informatico che ha fatto saltare i sistemi informativi di alcuni ospedali a Milano. Mentre sul caso milanese c'è ancora molto da capire, sul caso dell'Ulss Euganea ha scritto tempo fa Guerre di Rete, facendo anche una cronistoria dei precedenti attacchi informatici. Una fonte dice in questo articolo: «In ogni caso, adesso i sistemi che utilizziamo hanno ogni tipo di blocco, anche se quella che manca davvero è la formazione del personale sui temi della cybersicurezza».
Questa questione di essere "formati" o comunque "preparati" è fondamentale, ma è anche fondamentale avere manager consapevoli che sanno ciò che fanno. Per carità non sarà un problema solo italiano, ma pare che dalle nostre parti le discussioni sulla cybersicurezza siano sempre abbastanza farsesche, come giustamente fa notare qualcuno, perché capita spesso che chi comanda non solo non ha competenze di cybersicurezza ma non sente neanche il bisogno di aumentare la propria consapevolezza sugli strumenti digitali e relativi rischi/opportunità.
Ma chi ce l'ha davvero una consapevolezza? Se compri un'auto, tra i cento fogli che firmi potrebbero chiederti di poter analizzare i tuoi dati biometrici, ma appena ci sali sopra e la guidi ti chiedi: come li raccolgono? Dove sono i sensori? Boh! La cittadinanza si sta mobilitando per chiedere regolamentazioni grazie al sostegno delle (ancora molto poche in Europa) organizzazioni della società civile che si battono per i diritti digitali. Per esempio la campagna Reclaim Your Face raccoglie firme contro la "sorveglianza biometrica di massa".
Quello che forse dovremmo chiederci noi che lavoriamo nel contesto digitale è: ma stiamo facendo abbastanza perché si diffonda una consapevolezza sul problema?
P.s.: il 10 maggio se ne è parlato a Milano in un evento al MEET Digital Culture Center (info qui)
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