La pandemia ha spinto piattaforme educative a distanza, realtà virtuali, software di controllo in tutto il mondo. Quali sono le questioni in gioco? Ne scrive Silvia Cegalin sul sito Guerre di Rete.
“Stando sull’Italia, in questo momento nelle scuole dominano soluzioni commerciali. Un’indagine svolta da Altreconomia ha rilevato che l’applicazione educativa più usata dalle scuole italiane è Google G Suite (86,3%), seguita da Microsoft 365 (18%) e WeSchool (6,2%). “Anche tra gli ulteriori sistemi per videocall o strumenti digitali utilizzati emerge la forte prevalenza di soluzioni commerciali (quali Whatsapp, Skype e Zoom) a discapito di quelle con licenza open source (come Jitsi o Moodle)”, scriveva la rivista.
Un tema che era stato posto anche durante un’audizione davanti alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza dell’8 luglio 2020, quando l’allora Garante della privacy, Antonello Soro, suggeriva al ministro dell’Istruzione che sarebbe stato più prudente utilizzare il registro elettronico consolidato (sebbene non privo di problemi), rispetto alle piattaforme di multinazionali straniere. Inoltre chiedeva all’Italia di dotarsi di una piattaforma pubblica italiana che mettesse insieme risorse e competenze, per garantire una maggiore sicurezza dei dati, soprattutto quelli dei minori”.