La reputazione liberale del settore è fuorviante. Le sue tendenze reazionarie, che celebrano ricchezza, potere e mascolinità tradizionale, sono state chiare sin dalla mania delle dotcom degli anni Novanta.
Questo crescente "tecnofascismo", come lo avevano chiamato i critici dell'epoca, fu temporaneamente scongiurato dal crollo del mercato azionario delle dotcom del 2000. [...] Elon Musk , Peter Thiel e altri avevano assorbito le lezioni degli anni '90. All'inizio del nuovo millennio, erano pronti a lasciare il segno sul futuro, guidati dai sogni reazionari del passato.
I titani della Silicon Valley del 2025 stanno seguendo lo stesso schema. La scorsa settimana, Mark Zuckerberg ha annunciato che Meta avrebbe terminato i suoi programmi DEI (sulla diversità e identità di genere) e modificato le sue policy di piattaforma per consentire post più discriminatori e molesti. Nel podcast di Joe Rogan, Zuckerberg ha chiarito le sue motivazioni: ha affermato che la cultura aziendale si era allontanata dall'"energia maschile" e aveva bisogno di ripristinarla dopo essere stata "castrata".
Elon Musk ha rimodellato Twitter in X, una piattaforma che opera in gran parte come risposta alle affermazioni di un "virus del woke", l'ultima iterazione del "politicamente corretto". E lo stesso Marc Andreessen, il "bambino genio" degli anni '90, ha tratto sempre più ispirazione dai futuristi italiani, un movimento di artisti fascisti all'inizio del XX secolo che glorificavano la tecnologia mentre cercavano di "demolire" il femminismo.
Ma la storia della valle suggerisce che non si tratta di un glitch o di un'anomalia. È un crescendo di forze centrali per l'industria tecnologica, e l'attuale ondata di titani della tecnologia di destra sta costruendo sulle fondamenta della Silicon Valley.
Primo di una serie di articoli di CIRCE sulla rivista Gli Asini.
Il secondo mandato presidenziale di Donald Trump è un nuovo capitolo della saga “Tecnologie e politica”. Un uomo anziano, miliardario, bianco, plurindagato e pluricondannato, un autocrate violento e vendicativo, si circonda di suoi simili per governare gli Stati Uniti d’America, un paese che appare sempre più lacerato e sempre meno affidabile anche per i suoi alleati storici in Europa. Fra gli alleati di Trump, spiccano alcuni fra i più ricchi e potenti manager e investitori delle cosiddette nuove tecnologie. Il più in vista è il padrone di Tesla, di SpaceX e di X (ex Twitter), il controverso Elon Musk. Molti altri si contendono il fronte del palco trumpiano: si pensi al vicepresidente J.D. Vance, ma anche al padrone di Amazon nonché proprietario del Washington Post, Jeff Bezos, che ha interferito con la decisione del consiglio di redazione del giornale di sostenere la candidata democratica Kamala Harris, provocando le dimissioni indignate di alcuni giornalisti e la cancellazione di decine di migliaia di abbonamenti.
L’argomento è vasto e complesso. Anche al nostro interno abbiamo opinioni diverse, che non trovano una sintesi unitaria. Ci limiteremo quindi a presentare alcuni elementi della nostra discussione, tuttora in corso.
Il punto d’avvio, che ritorna in tanti dibattiti, può essere sintetizzato così: qual è la relazione fra governi eletti e multinazionali della tecnologia digitale? Sono queste ultime a essere strumenti dei primi, o viceversa? Come stanno cambiando forma, influenzandosi reciprocamente? Qualcosa è cambiato? Studiamo da decenni l’impatto delle tecnologie su individui e società (in particolare delle tecnologie digitali) ma i social media sono un caso a parte. Non è la prima volta che rileviamo uno stretto rapporto fra chi si presenta come innovatore a livello tecnologico, bisognoso di avere le mani libere rispetto a una legislazione percepita come ostacolo all’innovazione, e programmi politici che si raccontano come stravolgimenti dello status quo e rottamatori dell’inefficienza burocratico-statale.
Dal 2 febbraio entrano in vigore i divieti per l’utilizzo di sistemi di identificazione in tempo reale negli spazi pubblici, ma secondo numerose ong le eccezioni previste per le forze dell’ordine rischiano di portare ad abusi.
Dal 2 febbraio 2025 si applicheranno negli stati membri il Capitolo I e il Capitolo II del regolamento, che includono le proibizioni sui sistemi di AI a rischio inaccettabile.
Vietati d’ora in poi i sistemi di intelligenza artificiale che potrebbero indurre le persone a compiere scelte attraverso tecniche manipolatorie; inutilizzabili i sistemi che sfruttano vulnerabilità di persone o gruppi di persone (come ad esempio la condizione di disabilità, o quella economica); vietati i sistemi di polizia predittiva, e quelli che si basano su pregiudizi etnici o comportamentali.
Il capo di OpenAI ha annunciato a inizio anno che il suo nuovo modello di intelligenza artificiale avrebbe ottenuto risultati simili a quelli umani in una sorta di test del quoziente intellettivo. Un esito ottenuto però facendo allenare la macchina sulle stesse domande e in modo poco trasparente, con costi ecologici ed economici fuori scala. È ora di disertare questa agenda, fatta di macchine mangia-soldi e mangia-risorse.
Il 2025 si apre con fuochi d’artificio superiori a quelli a cui ci eravamo abituati sul fronte della propaganda attorno all’intelligenza artificiale (Ai).
Il nuovo modello prodotto da OpenAI avrebbe infatti raggiunto risultati comparabili con gli esseri umani nel risolvere il test ARC-AGI. Il video qui sopra contiene un esempio delle domande contenute in tale test, che ricorda molto da vicino i test del quoziente intellettivo (Qi) utilizzati in psicologia per “misurare l’intelligenza” degli esseri umani. Sorvoleremo in questa sede su due fatti chiave che richiederebbero invece una seria analisi: non esiste un consenso scientifico su che cosa sia l’intelligenza umana e animale, ossia una definizione condivisa e, anche fingendo di aver raggiunto un consenso, misurarla resterebbe tutta un’altra faccenda. Dal punto di vista “teorico” ci limiteremo a richiamare l’etimologia: “inter” più “ligere”, “leggere tra (le cose)”, leggere in profondità.
Sam Altman (più in generale l’intero comparto dell’Ai) ci ha abituato a trucchi degni degli artisti della truffa che giravano il suo Paese a inizi Ottocento, usati a supporto di affermazioni-bomba come quella appena citata (e immediatamente seguita da affermazioni ancora più esplosive sulla “Superintelligenza”). Ricordiamo, a titolo d’esempio non esaustivo, la figuraccia di Google alla presentazione del suo Gemini, quando i suoi padroni raccontarono che il modello in questione sapeva riconoscere il gioco della morra cinese al primo colpo (zero-shot), mentre -guardando il video completo- si scopriva che la verità era molto diversa (e i dettagli, in questo campo, sono molto importanti).
Potenziamenti in vista per la piattaforma nazionale anti-pirateria a un anno dal lancio: nuove sanzioni, stop ai limiti dei domini bloccati e guai a diffondere informazioni sulla tecnologia.
Prime televisive, trasmissioni esclusive, forse anche le serie: non è chiaro quale sia l’orizzonte che Piracy Shield vorrebbe raggiungere. Ma è chiara la preoccupazione degli internet service provider, che sono stati convocati in una serie di tavoli tecnici a gennaio di quest’anno per una presentazione delle novità in arrivo.
Tra queste l’eliminazione del limite alla quantità di risorse web che possono essere bloccate, stabilita originariamente proprio a tutela degli internet service provider più piccoli, per i quali tutta l’operazione è un costo vivo che non porta alcun guadagno. Un altro punto all’ordine del giorno è il reindirizzamento degli indirizzi Ip verso una pagina che informa l’utente che il sito richiesto offre contenuti illegali ed è per questa ragione bloccato. Come vedremo, si tratta di una misura tecnicamente irrealizzabile. Infine, la grande novità sarà l’introduzione di sanzioni nei confronti degli stessi internet service provider.
Con l'autrice Cristina Iurissevich presentiamo "E se i troll mangiassero i cookie?" (Eris) un libro per sopravvivere nell'era digitale. Con lei ragioniamo del senso dell'autodifesa digitale con un occhio, oltre che alla sorveglianza statale e aziendale, alle relazioni con le persone a noi vicine. Parliamo quindi di sexting, di diffusione non consensuale di immagini intime, di nudifier, di fiducia nelle persone e nelle tecnologie.
Concludiamo un commento sulle recenti rivelazioni che mostrano un ruolo dello stato francese nella trasformazione dell'AI Act in una direzione che desse sempre più potere alle polizie e ai militari.
L’authority italiana chiede alle società cinesi una risposta entro 20 giorni.
Il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato una richiesta di informazioni a Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence e a Beijing DeepSeek Artificial Intelligence, le società che forniscono il servizio di chatbot DeepSeek, sia su piattaforma web che su App. E’ quanto si legge in una nota dell’autorità che ha valutato «l’eventuale alto rischio per i dati di milioni di persone in Italia».
Il Garante «ha chiesto alle due società e alle loro affiliate di confermare quali siano i dati personali raccolti, da quali fonti, per quali finalità, quale sia la base giuridica del trattamento, e se siano conservati su server collocati in Cina».
Lunedì 3 febbraio alle ore 15.00 presso la sede Cobas di Terni, via Cesi 15/a, presentazione di “L’intelligenza inesistente. Un approccio conviviale all’intelligenza artificiale” di Stefano Borroni Barale. Ne parlano l'autore e Franco Coppoli.
Intelligenza artificiale (Ai) è un termine che raggruppa tecnologie molto diverse tra loro, con una lunga storia. I tifosi dell’Ai sostengono che questa tecnologia abbia il potenziale di risolvere alcuni dei problemi più urgenti del mondo, come il cambiamento climatico, la povertà e le malattie. I critici, invece, sostengono che questa tecnologia sia pericolosa e ingannevole.
Ma perché tutti parlano di Ai? Perché è un’eccezionale operazione di marketing: una delle meglio organizzate degli ultimi anni. Su questa le imprese della Silicon Valley si stanno giocando il tutto per tutto, per invertire il trend negativo fatto di tagli al personale e cambi drastici dei loro programmi di sviluppo. Per comprendere quali siano le aspettative di queste aziende – e quali dovrebbero essere le nostre – in questo libro si ricostruiscono le tappe, le intuizioni e i paradossi che hanno attraversato la comunità scientifica, provando a tracciare una linea che collega Alan Turing, primo sostenitore dell’Ai forte, con i creatori di ChatGPT, il software in grado di sostenere un dialogo credibile con un essere umano.
L’incontro sarà fruibile anche online usando il software Jitsi a questo link https://meet.jit.si/altercobas
Gli algoritmi premiano l’engagement emotivo sulla qualità dei contenuti. La ricerca “Misinformation exploits outrage to spread online” dimostra come l’indignazione sia il principale motore della disinformazione online.
Scientificamente, quindi non empiricamente, sono stati esaminati una serie di dataset legati all’universo social statunitense (compatibile con la blogosfera e l’universo europei nei meccanismi essenziali), declinati in otto studi e due esperimenti comportamentali, per un totale di quasi un milione di link Facebook e oltre 44mila “tweet”, i post dell’X attualmente in capo ad Elon Musk prima della sua acquisizione.
Dopo le rivelazioni di Snowden, sappiamo che gli Stati Uniti sono impegnati nella sorveglianza di massa degli utenti dell'UE, raccogliendo dati personali dalle Big Tech statunitensi. Il "Privacy and Civil Liberties Oversight Board" (PCLOB) è la principale autorità di controllo statunitense per queste leggi. I media statunitensi riportano orache i membri democratici del PCLOB sono stati rimossi e i loro account di posta elettronica sono stati chiusi. Questo porta il numero di membri nominati al di sotto della soglia necessaria per il funzionamento del PCLOB. Il fatto che il Presidente degli Stati Uniti abbia semplicemente rimosso delle persone da un'autorità (presumibilmente) indipendente, mette in dubbio l'indipendenza di tutti gli altri organi di ricorso esecutivo negli Stati Uniti.
L'Unione europea si è basata su queste commissioni e tribunali statunitensi per ritenere che gli Stati Uniti offrano una protezione "adeguata" dei dati personali. Basandosi sul PCLOB e su altri meccanismi, la Commissione europea permette ai dati personali europei di fluire liberamente verso gli Stati Uniti nel cosiddetto "Quadro transatlantico sulla privacy dei dati" (TADPF). Il PCLOB è l'unico elemento di "supervisione" rilevante dell'accordo. Gli altri elementi fungono solo da organi di ricorso. Migliaia di aziende, agenzie governative o scuole dell'UE fanno affidamento su queste disposizioni. Senza il TADPF, dovrebbero smettere immediatamente di utilizzare i fornitori di cloud statunitensi come Apple, Google, Microsoft o Amazon.