Pillole

Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

Una campagna promossa da FSFE

Perché il software creato usando i soldi dei contribuenti non è rilasciato come Software Libero?

Vogliamo che la legge richieda che il software finanziato pubblicamente e sviluppato per il settore pubblico sia reso pubblicamente disponibile sotto una licenza Software Libero/Open Source. Se è denaro pubblico (public money), allora dovrebbe essere pubblico anche il codice sorgente (public code).

Il codice pagato dalle persone dovrebbe essere disponibile alle persone!

Informati sul sito della campagna dove si può firmare la lettera aperta.

Il primo rapporto di revisione sul Data Privacy Framework (DPF), pubblicato dall’European Data Protection Board (EDPB) il 4 novembre 2024, segna una tappa decisiva nel monitoraggio della protezione dei dati personali dei cittadini europei trasferiti verso gli Stati Uniti.

Nato come risposta alla sentenza “Schrems II” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), che nel 2020 aveva invalidato il Privacy Shield per carenze di tutela, il DPF cerca di rispondere alle esigenze di bilanciamento tra diritti individuali e interessi di sicurezza nazionale statunitensi, introducendo principi quali la necessità e la proporzionalità nelle operazioni di sorveglianza.

L’EDPB, tuttavia, osserva come le misure implementate dal DPF, sebbene migliorative, lascino aperte questioni rilevanti sulla reale equivalenza delle garanzie offerte rispetto a quelle europee.

In particolare, il report solleva dubbi riguardo alla trasparenza delle pratiche di raccolta dati e all’efficacia del meccanismo di ricorso, un sistema teoricamente aperto ai cittadini europei per ottenere rimedi in caso di violazione dei loro diritti.

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Piattaforme. Sommare potere economico e potere mediatico non può che distorcere, anche molto seriamente, il processo democratico

Per quasi un decennio i social media sono stati capri espiatori così comodi che, se non fossero esistiti, qualcuno li avrebbe probabilmente inventati. Che cosa c’è, infatti, di più comodo del dare la colpa a Facebook, a Twitter o a TikTok per un voto andato storto, come per esempio quello del referendum sulla Brexit o l’elezione di Trump nel 2016? (Quando il voto, invece, va come si desidera, tutto in ordine sotto il cielo). Per completare l’operazione politica bastava poi aggiungere l’interferenza straniera (tipicamente russa): chi aveva perso non aveva comunque nulla di sostanziale da rimproverarsi, era tutta colpa dei social media e dei mestatori stranieri. Tutto, insomma, pur di non dedicarsi al difficile lavoro di comprendere la realtà sociale, e al pesante, ma essenziale, esercizio dell’autocritica.

Non che i social media, i motori di ricerca, e ora anche i servizi di «intelligenza artificiale» come ChatGPT non possano influenzare gli elettori: certo che li influenzano, anche se in genere in maniera meno diretta di quanto pensino alcuni (che peraltro in genere tendono a sminuire il ruolo, ancora molto importante, dei media tradizionali).

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Il 16 novembre ore 18:30, presso ESC Atelier Autogestito di Roma verrà presentato il libro Piattaforme e partecipazione politica (ed. Mondadori) di Marco Deseriis (Scuola Normale Superiore)

Ne discute con l'autore Michele Sorice (Sapienza Università di Roma)

Le piattaforme digitali – assieme ai social media – hanno assunto una posizione dominante nelle società contemporanee, influenzando il nostro modo di concepire e agire la politica. Il protagonismo di Elon Musk e Jeff Bezos nella campagna elettorale americana appena conclusa, con il successo e la rielezione di Donald Trump, lo dimostra in modo lampante. Nell'ultimo decennio, però, diversi partiti e movimenti «piattaformizzati», dal Movimento 5 Stelle ai Partiti Pirata, da Black Lives Matter a Fridays for Future, hanno esibito forme inedite di connessione politica, mettendo in tensione le già esauste istituzioni della rappresentanza.
Il volume di Marco Deseriis, partendo dai casi studio suindicati, verifica virtù e limiti della democrazia digitale 2.0. Uno studio critico rigoroso, utile per orientarci nelle turbolenze e nelle crisi globali con le quali, senza sosta, abbiamo a che fare.

Esc Atelier Autogestito Via dei Volsci, 153, 00185 Roma RM, Italia

Puntata 5 di EM, prima del ciclo Estrattivismo dei dati, parliamo di IA nel costesto del consumo delle risorse e della guerra.

PRIMA PARTE - CONSUMO DI ENERGIA E DI RISORSE

  • Crescente domanda di energia dell'IT negli ultimi 20 anni, forte accelerazione causata dalla corsa all'intelligenza artificiale
  • L’espansione delle infrastrutture per AI, i data center, ha portato ad un aumento significativo delle emissioni di CO2
  • Impatto di tale aumento, della domanda insaziabile di energia, sugli obiettivi climatici. A partire dalle grandi aziende tecnologiche che oltre a causarlo, si trovano nella condizione di dover ridurre le emissioni (Google e Microsoft: target di e+missioni nette zero entro il 2030 – capire quanto sia vincolante, quanto siano trasparenti le verifiche…)
  • I data center, essenziali per l’addestramento e l’operatività dei modelli AI, consumano enormi quantità di energia, generando emissioni e richiedendo grandi quantità d'acqua. Con costi ambientali difficili da quantificare completamente. Vediamo qualche numero:
  • Una recente ricerca dell'Università della California di Riverside. Premessa: ogni richiesta su un LLM come ChatGpt passa attraverso uno dei milioni di server di cui l’azienda OpenAI dispone, e questo server esegue migliaia di calcoli per determinare le parole migliori da usare nella risposta, consumando energia e generando calore, calore che poi deve essere smaltito usando altra energia nei sistemi di raffreddamento

Leggi tutto e ascolta l'audio della trasmissione sul sito di Radio Onda Rossa

Mercoledì 20 novembre a Roma, in Via della Dogana Vecchia 5, alle ore 18:00, la presentazione, organizzata dalla Scuola critica del digitale del CRS, del libro di Giovanna Sissa (il Mulino, 2024). Ne parlano con l’autrice Stefano Lotti, Maurizio (Graffio) Mazzoneschi, Alessandro Montebugnoli. Coordina Giulio De Petra.

Il mondo digitale è stato raccontato, e continua ad esserlo, come un universo libero da ogni vincolo materiale. Non è così. Il mondo digitale per esistere ha bisogno di cavi, circuiti, calcolatori sempre più potenti, memorie, sensori e dispositivi individuali della più varia natura. E tutto questo deve essere costruito, trasportato, alimentato, dismesso e smaltito.

La miniaturizzazione dei dispositivi e l’invisibilità di Internet e dei data center rendono difficile immaginare quanta energia sia necessaria per consentirne costruzione, uso e smaltimento. Ma è possibile dimostrare che l’universo digitale lascia un’impronta di carbonio significativa e crescente e che influisce sul riscaldamento globale.

L’utilizzo da parte delle aziende informatiche di “tecnologie rinnovabili” non risolve il problema. Nella produzione informatica infatti si è sempre considerato l’uso crescente di risorse fisiche come un dettaglio trascurabile considerando i costi decrescenti dell’hardware. È necessario invece tenere conto fin dalla progettazione di modalità di elaborazione capaci di ridurre le emissioni. Serve un’informatica che conosca, rispetti e risparmi le risorse computazionali che utilizza.

Tutte le informazioni sul sito del Centro Riforma della Stato

Puntata del 10 nevembre 2024. Da domani, 11 Novembre, TSMC smetterà di vendere a Pechino chip con tecnologia sotto i 7nanometri (inclusi). A che tecnologia sono arrivate le industrie della repubblica popolare cinese? Quanto divario le separa ancora da quelle occidentali? Vedremo tutto questo, legandolo alla condizione geopolitica Taiwanese.

Alcuni cambi di licenze continuano a mettere in crisi la nostra coscienza: il software libero è sempre la scelta migliore? Anche quando Amazon dice di sì? Sempre più progetti si stanno muovendo verso licenze non compatibile con la tradizionale definizione di software libero; i motivi ci sembrano quantomeno comprensibili.

Chiudiamo con alcune notiziole riguardo ai temi del copyright, dei sistemi di trasporto pubblico su ferro ma, soprattutto, di tecnologie digitali obsolete.

Ascolta l'audio sul sito di Radio Onda Rossa

Questa non è la storia della solita gara fra guardie e ladri in fatto di sicurezza; non è una vicenda di casseforti virtuali più robuste da contrapporre a grimaldelli sempre più sottili e penetranti. È la storia di come l’intelligenza artificiale obbliga tutti, utenti, studiosi e malviventi, a pensare come una macchina, in modo non intuitivo, e di come questo modo di pensare stia portando alla scoperta di vulnerabilità e di forme di attacco incredibilmente originali e impreviste e alla dimostrazione di strani virtuosismi di fantasia informatica, che conviene a tutti conoscere per non farsi imbrogliare. Perché per esempio una semplice immagine o un link che ai nostri occhi sembrano innocui, agli occhi virtuali di un’intelligenza artificiale possono rivelarsi bocconi fatalmente avvelenati.

[...]

La nuova tendenza in informatica, non solo da parte di Microsoft, è spingerci a installare sui nostri computer un assistente automatico che ha pieno accesso a tutte le nostre mail e ai nostri file ed esegue ciecamente qualunque comando datogli dal primo che passa. Cosa mai potrebbe andare storto?

Benvenuti alla puntata del 4 novembre 2024 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

Ascolta l'audio della puntata

Un articolo scientifico di daniela tafani, prezioso, ricco di spunti di riflessioni e di verità tanto evidenti quanto nascoste.

Il testo demistifica le "credenze" relative alla presunta intelligenza dei software probabilistici e ristabilisce dei punti fermi sulla non neutralità del software, anche quando si tratta di cosidetta Intelligenza Artificiale.

L'articolo dimostra perché l'introduzione dell'intelligenza artificiale nella scuola e nelle univeristà sia un problema per i processi di apprendimento e insegnamento. Tuttavia si tratta di una tendenza già presente: la trasformazione dell'insegnamento in addestramento degli studenti per andare incontro alle esigenze del mondo aziendale.

Indice

  1. Macchine per scrivere frasi probabili
  2. La bolla dell’“intelligenza artificiale generativa”
  3. Il valore dell’istruzione: le aziende e le narrazioni Edtech
    3.a. L’idea che la sorveglianza sia una forma di cura
    3.b. Il mito della personalizzazione dell’apprendimento
    3.c. Il soluzionismo tecnologico
    3.d. L’idea della neutralità delle piattaforme “educative”
  4. Girelli, stampelle e ciuchini: gli omini di burro nei sistemi neoliberali
    Nota bibliografica

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Puntata dedicata in buona parte all'approfondimento di un curioso, ma sicuramente non unico, caso di incrocio tra la storia dell'infrastruttura di Internet, e in particolare dei DNS, con la politica internazionale: lo stato delle British Indian Ocean Territory scompare, e con esso dovrebbe scomparire anche il dominio .io, ad oggi usatissimo, in particolare dalle aziende tecnologiche. Ripercorriamo questa e altre vicende simili.

Passiamo poi a parlare di copyright, questa volta sotto una lente nuova, ovvero quella segnalateci dalle grandi aziende statunitensi della tecnologia; queste infatti si lamentano per la balcanizzazione di Internet, che danneggia gli interessi statunitensi; e inseriscono nella categoria anche i sistemi anti-pirateria italiani e francesi.

Concludiamo con una multa che nemmeno il signor Bonaventura.

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