La proposta lascia spazio all’uso ostile delle tecnologie da parte delle forze dell’ordine, e lascia troppe libertà alle aziende che le usano per profitto, minacciando il futuro dei diritti di tutti i cittadini
Da quando la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha promesso di consegnare un regolamento per l’intelligenza artificiale “all’avanguardia, ma affidabile” nei suoi primi 100 giorni di mandato, i riflettori della politica tecnologica globale sono stati puntati sulla risposta dell’Ue. E mercoledì è stato finalmente presentato dalla Commissione il progetto di regolamento UE sull’IA.
Ad una prima lettura il regolamento sembra incentrato sulla tutela dei diritti fondamentali e sul divieto di utilizzo di tecnologie di sorveglianza di massa. In realtà, secondo diversi esperti e diverse organizzazioni non governative del settore, il progetto di legge non proibisce tutti gli usi inaccettabili dell’IA e in particolare tutte le forme di sorveglianza biometrica di massa, permettendo un margine troppo ampio di autoregolamentazione da parte delle aziende che usano queste tecnologie per profitto.
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Come ormai sappiamo, WhatsApp ha dato un ultimatum a tutti i suoi utenti: chi non ha accettato la nuova policy entro il 15 maggio non potrà più usare WhatsApp.
L'azienda di proprietà di Facebook, con sede Europea in Irlanda, ci aveva già provato a febbraio 2021 sollevando feroci critiche che l'avevano indotta a rimandare la scadenza per avere il tempo di spiegare meglio agli utenti i cambiamenti introdotti nella policy.
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L'annuncio è arrivato proprio all’ultima curva. Perché il primo giugno scadeva la data di un’altra moratoria, che era stata decisa nelle drammatiche settimane che seguirono l’assassinio di George Floyd
Il gruppo ha deciso di prolungare – senza una data di scadenza – la moratoria per la vendita alla polizia americana e alle polizie locali della sua tecnologia per il riconoscimento facciale.
Un “prodotto” che proprio nella primavera e nell’estate scorsa, nel pieno delle tensioni seguite all’assassinio da parte dell’agente Derek Chauvin, si scoprì essere in dotazione a tanta parte dell’apparato di sicurezza statunitense. E che tanti drammi ha causato. Ai neri, alle donne, ai trans. Ai migranti.
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Dal prossimo 15 maggio sarà necessario accettare la nuova policy sulla privacy di WhatsApp per evitare di incappare in varie limitazioni.
Il Garante tedesco ha ordinato a Facebook di interrompere la raccolta dei dati con effetto immediato per i prossimi tre mesi. L'autorità ha inoltre chiesto l'intervento dell'European Data Protection Board (EDPB) per ottenere una decisione valida in tutta Europa.
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Se ne è accorta persino Repubblica. Per questo ha pubblicato un video in cui intrervista una serie di persone che, più o meno attivamente, cercano di non utilizzare i servizi offerti dalle Big Tech: No gmail, no Whatsapp e così via.
Dall'ingegnere e padre di famiglia che installa un server in casa per gestire i documenti in cloud, passando per i Fridays For Future Italia, fino all'ex parlamentare Stefano Quintarelli, in molti mostrano che è possibile utilizzare servizi digitali che non vengono erogati dalle multinazionali del digitale e funzionano!
Guarda il video sul sito di repubblica
Visita anche il sito che raccoglie tutte le alternative ai servizi dei Big Tech
Nella puntata del 4 aprile. Un excursus dell'uso dei metadati all'interno del Web per "descrivere" in maniera comprensibile alle macchine il contenuto di una certa pagina. Vediamo che agli albori questo è molto incoraggiato, con l'uso del tag html "keywords" fondamentale per la nascita dei motori di ricerca. Man mano, il sistema appare pieno di difetti, e si passa a deprecare questo metodo, in funzione dell'estrazione automatica del contenuto. Negli ultimi anni però avviene un'inversione di tendenza: le grandi aziende informatiche rilanciano l'uso dei metadati. Infatti queste basano i loro profitti sui contenuti generati dagli utenti; più questi contenuti sono analizzabili in maniera profonda, più possono sviluppare modi di farci soldi sopra. Ecco quindi che alcune tecnologie vengono create (o alimentate) a uso e consumo dei social network o dei motori di ricerca. Sono tecnicamente aperte, sì - nel senso che sono standard aperti, implementabili da chiunque - ma sono dirette ad un fine specifico.
Notizie varie:
Mezzo secolo fa un laureato del MIT di nome Ray Tomlinson divenne la prima persona al mondo a trasmettere un messaggio da un computer a un altro, anche se sarebbero passati molti anni prima che qualcuno utilizzasse il termine email. Il 90% del mercato in mano a Apple, Google e Microsoft.
Un Private Cloud come piattaforma per la didattica digitale delle scuole italiane. Lo prevede il disegno di legge “Istituzione della Rete di interconnessione unica nazionale dell’istruzione – UNIRE”, presentato al Senato. Il progetto prevede l’interconnessione delle scuole di ogni ordine e grado su un’unica rete veloce e si pone come alternativa autoctona alle piattaforme di Google e Microsoft. La prima firmataria del DDL è Maria Laura Mantovani, che ha sottolineato la particolare attenzione alla protezione dei dati degli studenti minorenni e alla gestione in proprio della cybersecurity.
Intervista alla senatrice Mantovani (M5S), prima firmataria del disegno di legge per realizzare “una rete unica nazionale per collegare le scuole italiane di ogni ordine e grado per garantire l’accesso a Internet e la didattica digitale a prova di privacy e cybersecurity”.
Tutte le scuole d’Italia interconnesse tra loro grazie a un’unica rete veloce che consenta anche l’accesso a Internet, con un cloud privato per offrire piattaforme alla didattica digitale, alternative a quelle di Google e Microsoft, con attenzione alla protezione dei dati degli studenti minorenni e con una propria gestione della sicurezza informatica.
La contestata Clearview Ai, che offre tecnologie di sorveglianza a forze dell'ordine e aziende private, ha tredici foto di Luca Zorloni nel database con cui allena i suoi algoritmi.
Per addestrare i meccanismi di riconoscimento facciale, Clearview Ai, che vende in tutto il mondo tecnologia per il riconoscimento facciale, ha pensato bene di avvalersi dei miliardi di immagini di volti disponibili su internet. Fotografie pubbliche, delle decine in cui potete imbattervi se consultate il programma di un festival, per esempio, o gli albi dei docenti di un’università, online per tutt’altro scopo che aiutare un algoritmo a distinguere un paio di baffi o familiarizzare con il taglio degli occhi.
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