L’ideologia della Silicon Valley è in crisi: ecco perché l’Italia, se vuole ripartire, non deve seguirla.
[...] Nell’arco di poco meno di vent’anni, la parola “start-up” è passata da etichetta più desiderata da sfoggiare a un buffet metropolitano a formula in grado di far inarcare sopracciglia se non proprio alzare gli occhi al cielo durante una riunione di lavoro. E questo, ben lungi dall’essere solo effetto dell’italica diffidenza verso l’innovazione, è invece segno della perdita di forza della sua narrazione, che per l’ideologia californiana dell’innovazione dal basso è tutto, o quasi.
leggi l'articolo di Riccardo Maggiolo
I ricercatori dello Stanford Virtual Human Interaction Lab hanno esaminato le conseguenze psicologico di passare ore ogni giorno nelle piattaforme di videochat . Carola Frediani nella sua newsletter "Guerre di rete" le riassume così:
Sette mesi dopo aver lasciato Facebook il traffico va bene e la fiducia dei lettori è cresciuta. Sinead Boucher, CEO del più grande sito di notizie della Nuova Zelanda, non si pente di aver lasciato la piattaforma e incoraggia altri a farlo.
L'intervista di Caithlin Mercer del Reuters Institute for the Study of Journalism dell'Università di Oxford
L'attività coordinata sul social network continua a provocare grandi sconvolgimenti in borsa, mentre le principali piattaforme di trading hanno interrotto la compravendita di alcuni titoli
Alcuni titoli sul mercato finanziario degli Stati Uniti hanno subìto fluttuazioni molto brusche e inaspettate provocate da investitori amatoriali, che si sono mossi in massa per comprare azioni ed altri prodotti finanziari, in parte organizzati e in parte influenzati da un canale del social network Reddit che si chiama r/wallstreetbets.
Il comunicato stampa di Privacy Network che giosce per la rimozione dalla pagina delle piattaforme consigliate dal Ministero della suite di Google for education
"Vittoria! Il Ministero dell’istruzione ha rimosso GSuite for Education dall’elenco delle piattaforme consigliate per la DAD.
È stata dura, ma Privacy Network ha raggiunto il suo obiettivo, facendo un passo in più verso la protezione dei dati di studenti e studentesse italiane."
Ultimora: sul sito del Ministero dell'Istruzione c'è ancora Google Suite for Education tra le piattaforme consigliate.
"L’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale (AIUCD) ritiene urgente sollecitare l’attenzione del Governo italiano e in particolare del Ministero dell’Istruzione e del Ministero dell’Università e della Ricerca sulla svolta fondamentale impressa dalla pandemia da Covid-19 nell’applicazione della tecnologia dell’informazione all’insegnamento, a tutti i livelli di formazione."
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In un prossimo futuro, anche dopo la fine della pandemia, la didattica sarà sempre più strutturalmente digitale, perché proprio il lockdown ha fatto emergere – insieme ai problemi – anche le grandi opportunità e i vantaggi di una formazione in cui si rendano complementari forme di insegnamento in presenza e a distanza. Per questo motivo creare infrastrutture pubbliche per la didattica digitale è una scelta strategica di enorme importanza
WhatsApp ha fornito ulteriori chiarimenti in merito all’aggiornamento dei termini di servizio e della privacy policy per il 2021, che l’utente dovrà accettare entro l’8 febbraio per continuare ad usare il social: l’iniziativa ha suscitato perplessità, in particolare relativamente al data sharing con le altre aziende di Facebook. WhatsApp aveva già precisato che per gli utenti della regione europea e del Regno Unito non cambierà niente. Ma forse proprio per questo la novità è interessante per noi europei. Ecco perché
"Mi trovo a scrivere in una condizione particolare: per 15 anni mi sono occupato di didattica a distanza in centri di ricerca universitari, fino a essere assunto nel 2015 come professore di matematica al liceo."
La testimonianza di un docente, animatore digitale, esperto di didattica a distanza che descrive con tono scanzonato e pure molto profondo la situazione di insegnanti e studenti nella scuola ai tempi del COVID.
Leggi l'articolo di Alfredo Imbellone
«Il tuo capo è un algoritmo» di Antonio Aloisi e Valerio De Stefano (Laterza). Gli autori intervistati da il manifesto descrivono le strategie politiche per non finire «schiavi» delle piattaforme. Districarsi tra obblighi di cura, isolamento e lavoro è una prova ardua per le categorie vulnerabili. La tecnologia non è neutra. Il suo impiego è spesso fonte di abusi. Con l’irrompere della pandemia, i fanatici del «soluzionismo tech» sostengono che le «macchine non si ammalano». Lo smart working ha aumentato produttività e soddisfazione, malgrado i disagi. Anche se pensato per le professioni impiegatizie, estende i suoi benefici agli altri
Si leggono in questi mesi una pletora di articoli di professori, intellettuali, esperti su quanto manchi la didattica in presenza, la magia dell’aula, il contatto diretto e quanto invece sia algida e distaccata la didattica a distanza... Chi più chi meno, ma il senso prevalente è questo.
Poi, vabbè, ci sono i tecno-entusiasti, esaltati dallo sdoganamento dell’e-learning, ma quelli basta che si usi un qualche dispositivo elettronico gioiscono indipendentemente da come siano andate le cose, lo facevano già prima del lockdown e lo continueranno a fare in barba a tutto e tutti, quindi lasciano il tempo che trovano.
I vari Piani Nazionali per la Scuola Digitale andranno avanti, nonostante il loro evidente fallimento, con nuova linfa dopo questi mesi di digitalizzazione forzata. Non importa quale sarà stato l’impatto, non si sono fatti finora e non si faranno adesso bilanci seri di questi processi. L’informatizzazione della scuola è un diktat, legato a doppio filo alla sua burocratizzazione e alimentato da interessi economici troppo forti per metterlo in discussione.
Leggi l'articolo completo di Alfredo Imbellone.