Pillole

Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

Sulla scia della pandemia, le scuole dell'Unione Europea hanno iniziato a implementare sempre più servizi digitali per l'apprendimento online. Se da un lato questi sforzi di modernizzazione sono uno sviluppo apprezzabile, dall'altro un piccolo numero di grandi aziende tecnologiche ha immediatamente cercato di dominare lo spazio, spesso con l'intenzione di abituare i bambini ai loro sistemi e creare una nuova generazione di futuri clienti "fedeli". Una di queste è Microsoft, i cui servizi 365 Education violano i diritti di protezione dei dati dei bambini. Quando gli studenti vogliono esercitare i loro diritti GDPR, Microsoft afferma che le scuole sono il "responsabile del trattamento" dei loro dati. Tuttavia, le scuole non hanno alcun controllo sui sistemi.

Spostamento di responsabilità tra Big Tech e scuole locali. I fornitori di software come Microsoft hanno un enorme potere di mercato, che consente loro di dettare i termini e le condizioni dei contratti con chiunque voglia utilizzare i loro prodotti. Allo stesso tempo, questi fornitori di software cercano di eludere le responsabilità insistendo sul fatto che quasi tutto ricade sulle autorità locali o sulle scuole. In realtà, nessuno dei due ha il potere di influenzare il modo in cui Microsoft tratta i dati degli utenti. Al contrario, si trovano di fronte a una situazione di "prendere o lasciare" in cui tutto il potere decisionale e i profitti spettano a Microsoft, mentre le scuole devono sopportare la maggior parte dei rischi. Le scuole non hanno alcuna possibilità realistica di negoziare o modificare i termini.

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Il Comitato dei Garanti europei (Edpb) ha approvato a larga maggioranza il 17 aprile l’attesa opinione sul modello di business “Pay Or Ok”, che alcune piattaforme hanno adottato negli ultimi mesi. Si tratta dell’opzione offerta all’utente, nel caso in cui questi non voglia essere profilato con pubblicità personalizzata, di poter pagare un prezzo mensile e usufruire del servizio senza vedere pubblicità.

Con grande sorpresa di assolutamente nessuno, l'opinione del Comitato Europeo dei Garanti è che se le piattaforme offrono solo una scelta binaria fra essere profilati e pagare, la scelta non è conforme al GDPR. Un altro chiodo nella bara della pubblicità profilata, e di chiodo in chiodo la seppelliremo. Un barlume di speranza in questi tempi tetri: l'Europa è ancora un posto dove i principi contano qualcosa. Teniamolo a mente.

Ascolta il podcast di "DataKnightmare: L'algoritmico è politico"

Inizio di puntata con la segnalazione di una interessante ricerca di Citizen Lab riguardo alle tastiere per l'inserimento del Cinese che utilizzano funzionalità "cloud": non solo questo tipo di applicazione ha una invasione della privacy intrinseca, ma difetti software facevano sì che i problemi di sicurezza fossero ancora peggiori di quanto si potesse pensare.

Ci spostiamo poi negli Stati Uniti, seguendo le vicende di TikTok (che non sta facendo molto per salvarsi dalle mire del Congresso) nonché Amazon e Google, che da una parte hanno gli occhi dell'antitrust puntati su di loro, dall'altra non pare proprio ci sia un forte interesse governativo ad ostacolarle. Nel frattempo, Amazon prende appunti di autodifesa digitale e utilizza sistemi per la cancellazione delle prove.

La carrellata di notiziole darà grande spazio alla cosiddetta intelligenza artificiale, in particolare approfondendo l'uso dell'intelligenza artificiale per "scoprire" nuovi materiali (o meglio, per brevettarli) e per dotare l'hardware di nuove funzionalità.

Non manchiamo di festeggiare il rilascio in software libero di una delle versioni più buggate di MS-DOS (la 4.0).

Ascolta l'audio sul sito di Radio Onda Rossa

Il paese viola tutti gli standard stabiliti dal Gdpr. Le associazioni per i diritti digitali chiedono all’Europa di rivedere la sua decisione

Israele potrà trasferire nel suo paese i dati dei cittadini europei. Come se niente fosse, come non ci fosse un genocidio, come se fosse un paese sicuro dal punto di vista della privacy. Come se sulla sorveglianza di massa non avesse costruito gli strumenti per le stragi a Gaza. La notizia è di qualche tempo fa, ma si è saputa solo ora: la Commissione di Bruxelles ha dato via libera alla possibilità del trasferimento dei dati da e verso Israele. Dati dei cittadini del vecchio continente. Che ora potrebbero essere profilati, controllati, spiati da Tel Aviv.

In Europa, come sanno tutti, la materia è regolata da una serie di leggi, racchiuse nel Gdpr.

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"A breve il Comitato Europeo dei Garanti esprimerà la propria decisione incolante sula legittimità del "Pay or OK", che preferisco chiamare "stacce o paga", ossia l'idea che si possa "pagare con i propri dati" un bene o un servizio, proprio come ci chiedono di fare molte testate italiane.

Io vedo due problemi:

  • uno, i dati personali non sono una proprietà alienabile, quindi "vendita" non è la parola giusta.
  • Secondo, nel caso dei giornali e di Facebook/Instagram la sola base legale sotto GDPR è il consenso esplicito dell'interessato.

Immaginate il padrone di casa che dice "ti installo una webcam nelle doccia, ma se non sei d'accordo puoi pagarmi il doppio dell'affitto".

È una vera scelta? È un consenso libero?"

Ascolta il podcast di Vannini

Nel caso dell'utilizzo di Google Workspace nelle scuole primarie e secondarie inferiori, l'Agenzia danese per la protezione dei dati ritiene che non vi sia una base giuridica che legittimi l'invio dei dati personali a Google per tutti gli scopi per cui vengono attualmente divulgati. Pertanto, l'Agenzia danese per la protezione dei dati emette ora un ordine ai comuni per rendere il trattamento conforme alle norme e indica vari modi per farlo.

Secondo Stefano Quintarelli l’ingiunzione è particolarmente interessante perché prescinde dai trasferimenti transatlantici e dalla normativa USA e dipende esclusivamente dai ToS e dalle Privacy Policy dichiarate da Google.

Google infatti dichiara esplicitamente di utilizzare i dati degli studenti (e dei dipendenti) della propria suite educational per finalità proprie non tecnicamente necessarie all’erogazione del servizio, e tali trattamenti non sono compatibili con il GDPR.”

Leggi la traduzione dell'ingiunzione sul sito di MonitoraPA

Cassandra Crossing/ Le false IA commerciali che usiamo oggi sono così ambigue che non si riesce a usarle senza correre continui rischi. Anche quando si parla in confidenza.

Proprio nel giorno di San Valentino, Cassandra si è imbattuta su Gizmodo in un articolo, citato anche da Slashdot, che parlava di evidenti e gravi problemi di privacy presenti negli accordi di licenza dei "chatbot romantici".

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Alphabet ha raggiunto un accordo preliminare per l'accusa di aver tracciato i dati degli utenti che pensavano di navigare in incognito

Google ha accettato di risolvere una causa sulla privacy dei consumatori del valore di almeno 5 miliardi di dollari di danni per l'accusa di aver tracciato i dati degli utenti che pensavano di navigare in incognito. Il giudice ha confermato che gli avvocati di Google hanno raggiunto un accordo preliminare per risolvere la causa collettiva - originariamente intentata nel 2020 - in cui si sosteneva che probabilmente "milioni di individui" erano stati colpiti.

Leggi la notizia sul sito di AGI

Il prezzo dei modelli più economici è diminuito moltissimo negli ultimi vent'anni, ma c'è un costo nascosto

Oggi un televisore da 32 pollici con una definizione maggiore rispetto al modello del 2003, e la capacità di collegarsi a Internet per ricevere i servizi in streaming, costa tra i 150 e i 250 euro, cioè trenta volte meno di quanto sarebbe costato all’epoca, sempre fatti i dovuti aggiustamenti. Negli ultimi 20 anni il prezzo dei televisori più economici ha continuato a ridursi, inizialmente in modo significativo e in seguito più gradualmente con prezzi che possiamo definire stabili da qualche anno.

Su questa riduzione hanno inciso soprattutto l’enorme scala su cui sono prodotti i televisori, la semplificazione dei processi produttivi stessi e nuove possibilità di guadagno per i produttori, che non passano dalla vendita in sé dei televisori, ma dai dati che possono raccogliere sul loro utilizzo da parte di chi li acquista.

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Noyb ha presentato un reclamo contro Meta presso l'autorità austriaca per la protezione dei dati. Gli utenti europei possono ora "scegliere" se acconsentire a essere tracciati per la pubblicità personalizzata o pagare fino a 251,88 euro all'anno per mantenere il loro diritto fondamentale alla protezione dei dati su Instagram e Facebook. Non solo il costo è inaccettabile, ma i numeri del settore indicano che solo il 3% delle persone vuole essere tracciato, mentre oltre il 99% decide di non pagare quando si trova di fronte a una "tassa sulla privacy". Se Meta riesce a farla franca, i concorrenti seguiranno presto le sue orme. Considerando che su un telefono medio sono installate 35 applicazioni, mantenere la privacy potrebbe presto costare circa 8.815 euro all'anno.

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