Pillole

Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

La storia recente ha insegnato che ogni ondata tecno entusiasta genera un effetto economico e sociale, il quale tende poi a rimodularsi, o meglio a sgonfiarsi, via via che quell'innovazione tecnologica perde di appeal, o magari si rivela proprio come un flop, come già accaduto negli anni scorsi con fenomeni come NFT, criptovalute, metaverso.

Troppa spesa, poca resa, questo lo dice addirittura Goldman Sachs rispetto all'AI generativa. Se questa grande attesa sarà mai ripagata in termini di vantaggi e rendimenti, é un grosso dubbio per l'industria: figuriamoci per gli utenti finali.

D'altro canto, un player che ha iniziato la corsa all'oro da tempo come OpenAI, potrebbe perdere 5 miliardi di dollari solo quest'anno a causa degli ingenti costi di ChatGPT. Nel frattempo, altri mega investitori, come Meta e Google, affilano le armi per scalzare la creatura di Sam Altman.

La domanda, chiaramente, é quali sono i benefici reali di questa corsa all'AI? La bolla sta forse iniziando già a sgonfiarsi, o è destinata a durare ancora per qualche anno?

Articolo originale qui

Lo stop richiesto dal Garante irlandese dopo la denuncia di una associazione

Meta non lancerà per il momento i suoi modelli di Intelligenza artificiale in Europa dopo che l'autorità irlandese di regolamentazione della privacy ha chiesto di ritardare il suo piano per usare i dati degli utenti di Facebook e Instagram.

La mossa del colosso tecnologico è arrivata dopo le denunce e un appello del gruppo 'Noyb' alle autorità per la protezione dei dati di Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia e Spagna ad agire contro l'azienda.

Leggi l'articolo

Stati uniti. Su Instagram, Threads, e presto su Facebook gli utenti non vedranno più i post "problematici" per la piattaforma

In un post pubblicato sul proprio blog all’inizio di febbraio, Meta, la compagnia di Facebook e Instagram, aveva annunciato l’intenzione di rimuovere i contenuti politici dalle raccomandazioni che arrivano quando si usano Instagram e Threads. All’epoca, la società spiegò questa decisione affermando di non volersi intromettere tra gli utenti e i post che vedono, ma di non volere «nemmeno consigliare contenuti politici da account che non segui». Di questa mossa non si è più parlato fino a due giorni fa, ora, con le elezioni che si avvicinano e la campagna elettorale che entra sempre più nel vivo. Senza nemmeno avvisare gli utenti della modifica, questa funzionalità è stata ufficialmente implementata, per cui se già si sta seguendo l’account di qualcuno si vedono i suoi contenuti normalmente, ma se non si è un follower di quell’account non si vedranno più i suoi contenuti che contengano riferimenti “politici”.

Leggi l'articolo

Big Tech. Alphabet (che controlla Google), Apple e Meta avrebbero violato il Digital Markets Act. La Commissione europea avvia un’indagine contro le tre aziende

È ancora scontro tra Europa e Big Tech americane, sempre in nome dell’apertura del mercato e del rispetto delle regole della concorrenza. Solo tre settimane dopo la pesante multa da 1,8 miliardi di euro comminata ad Apple da Bruxelles per violazione alla competitività in merito allo streaming musicale, la Commissione europea ha avviato ora un’indagine per non rispetto del Digital Market Act (Dma) – la legge sui mercati digitali entrata in vigore da due settimane – contro tre colossi digitali: Aphabet, che controlla Google, Meta, a cui fanno riferimento i social network Facebook e Instagram, e di nuovo contro il gigante di Cupertino.

Leggi l'articolo

"A breve il Comitato Europeo dei Garanti esprimerà la propria decisione incolante sula legittimità del "Pay or OK", che preferisco chiamare "stacce o paga", ossia l'idea che si possa "pagare con i propri dati" un bene o un servizio, proprio come ci chiedono di fare molte testate italiane.

Io vedo due problemi:

  • uno, i dati personali non sono una proprietà alienabile, quindi "vendita" non è la parola giusta.
  • Secondo, nel caso dei giornali e di Facebook/Instagram la sola base legale sotto GDPR è il consenso esplicito dell'interessato.

Immaginate il padrone di casa che dice "ti installo una webcam nelle doccia, ma se non sei d'accordo puoi pagarmi il doppio dell'affitto".

È una vera scelta? È un consenso libero?"

Ascolta il podcast di Vannini

E' in vigore dal 7 marzo il regolamento che l’Europa ha voluto per riequilibrare la concorrenza nei mercati digitali.

Le big tech stanno cambiando molta della tecnologia alla base dei loro servizi e gli utenti europei se ne accorgeranno presto: tutto perché scattano giovedì le regole del Digital Markets Act, il regolamento che l’Europa ha voluto per riequilibrare la concorrenza nei mercati digitali.

Con sanzioni fino al 10 per cento del fatturato globale, che raddoppiano in caso di recidiva: un bel disincentivo. Non sorprende che le big tech stiano cominciando ad annunciare importanti modifiche, anche se alcune novità forse richiederanno ancora mesi e un braccio di ferro con l’Europa per esprimersi appieno. Le modifiche che le big tech stanno facendo ora sono in effetti “proposte” di adeguamento al Dma, che la Commissione europea dovrà valutare. Leggi cosa cambia per gli utenti sul sito de "IL Sole 24 ore"

Noyb ha presentato un reclamo contro Meta presso l'autorità austriaca per la protezione dei dati. Gli utenti europei possono ora "scegliere" se acconsentire a essere tracciati per la pubblicità personalizzata o pagare fino a 251,88 euro all'anno per mantenere il loro diritto fondamentale alla protezione dei dati su Instagram e Facebook. Non solo il costo è inaccettabile, ma i numeri del settore indicano che solo il 3% delle persone vuole essere tracciato, mentre oltre il 99% decide di non pagare quando si trova di fronte a una "tassa sulla privacy". Se Meta riesce a farla franca, i concorrenti seguiranno presto le sue orme. Considerando che su un telefono medio sono installate 35 applicazioni, mantenere la privacy potrebbe presto costare circa 8.815 euro all'anno.

Leggi tutto sul sito di NOYB

Meta e il suo CEO Mark Zuckerberg sono al centro delle accuse per aver ignorato le evidenze sulla nocività dei loro prodotti per gli utenti più vulnerabili, bambini e adolescenti. La società avrebbe scelto di ignorare, in nome del profitto, le pressioni interne per proteggere il benessere dei più giovani

Appare oramai evidente ai più come Meta, società madre di Facebook e Instagram, non sia intenzionata a mutare il proprio modello di business basato sull’indifferenza rispetto alla circostanza, assodata, che certi prodotti possono danneggiare i suoi utenti maggiormente vulnerabili, bambini e adolescenti.

Le notizie divulgate dalla CNN nei giorni scorsi fanno intendere che neanche le pressioni dei suoi più grossi dirigenti siano in grado di far cambiare idea, al proposito, a Mark Zuckerberg. È venuto fuori, infatti, che egli ha personalmente e ripetutamente contrastato iniziative tese a tutelare il benessere degli adolescenti su Facebook e Instagram, ignorando anche i suoi collaboratori più anziani.

Leggi tutto su Agendadigitale

La recente mossa di Meta Platforms, l’azienda che offre il servizio di social media Facebook, di introdurre un abbonamento a pagamento (12,99 euro/mese) al servizio, così eliminando le pubblicità, ha sollevato una serie di critiche e di dubbi.
I principali, ovviamente, si incentrano sulla privacy, un diritto fondamentale del cittadino che viene monetizzato e si declassa a mera merce.

È questo il problema? Ci siamo incamminati realmente verso un declassamento dei diritti dei cittadini? Sopratutto, l’alternativa tra un Facebook a pagamento e uno basato sulla profilazione degli utenti, è realmente conforme alle norme del regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali?

Leggi l'articolo su Valigia Blu

L’azienda statunitense Meta ha annunciato il 30 ottobre che da novembre offrirà agli utenti europei abbonamenti a pagamento per usare Facebook e Instagram senza pubblicità, conformandosi così alla legislazione europea sui dati personali e sulla pubblicità mirata.

[...]

Meta e Google hanno costruito i loro imperi sui ricavi generati dalla pubblicità mirata, basata sui dati personali dei loro miliardi di utenti.

Ma l’Unione europea combatte da anni la profilazione degli utenti senza il loro consenso, prima con il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) del 2016 e poi con il Digital markets act (Dma), entrato in vigore quest’estate. Le piattaforme digitali avranno tempo fino al 6 marzo 2024 per adeguarsi.

A maggio Meta è stata multata per 1,2 miliardi di euro dall’autorità irlandese, che agisce per conto dell’Unione europea, per aver violato il Gdpr con Facebook. È stata la quarta multa inflitta a Meta nell’Unione europea in sei mesi.

Leggi l'articolo su "Internazionale"