Puntata dedicata a 3 casi piuttosto diversi, di interazione tra grandi aziende teconogiche e lavoratori:
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Da Microsoft a ActivTrak: secondo uno studio Usa, il settore del monitoraggio crescerà a dismisura. Sono le “sentinelle dello smart worker”, quelle che controllano - col fucile spianato dall’altra parte dello schermo - che il lavoratore da remoto sia costantemente produttivo. Si tratta delle app per il controllo a distanza dei dipendenti e negli Stati Uniti sono sempre di più: si va da quelle che comunicano ai capi dati sui siti web consultati a quelle che fanno gli screenshot delle schermate. E ora ci si mette anche Microsoft: un nuovo tool, chiamato Productivity Score, annunciato durante la conferenza annuale degli sviluppatori, mostra ai datori di lavoro come i propri dipendenti utilizzano i servizi di Microsoft 365 come Outlook, Teams, SharePoint e OneDrive.
Ma può esistere uno smart working senza controllo sulla vita delle persone? Secondo Michel Martone, giurista e accademico, autore del libro “Il lavoro da remoto - Per una riforma dello smart working oltre l’emergenza”, sì: “Il datore di lavoro ha bisogno di controllare - spiega ad HuffPost - ma dovrebbe controllare i risultati del lavoro, non la persona”.
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«Il tuo capo è un algoritmo» di Antonio Aloisi e Valerio De Stefano (Laterza). Gli autori intervistati da il manifesto descrivono le strategie politiche per non finire «schiavi» delle piattaforme. Districarsi tra obblighi di cura, isolamento e lavoro è una prova ardua per le categorie vulnerabili. La tecnologia non è neutra. Il suo impiego è spesso fonte di abusi. Con l’irrompere della pandemia, i fanatici del «soluzionismo tech» sostengono che le «macchine non si ammalano». Lo smart working ha aumentato produttività e soddisfazione, malgrado i disagi. Anche se pensato per le professioni impiegatizie, estende i suoi benefici agli altri