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Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

La pandemia ha avuto un forte impatto sul mondo del lavoro, anche se molti effetti sono poco chiari oppure figli di processi ancora in corso. Openpolis ha analizzato il fenomeno insieme ad altre 6 redazioni di Edjnet, soffermandosi in questa analisi sul lavoro da remoto.

  • Il mondo del lavoro ha subito molte modifiche durante la pandemia, alcune ancora difficili da interpretare.
  • Nel 2021 circa 1 europeo su 4 lavora da remoto.
  • In Italia, prima della pandemia l'88% dei lavoratori non aveva mai lavorato da casa.
  • Dopo la pandemia, il 54% di chi lavora da remoto dichiara di avere almeno una difficoltà nel farlo.
  • L'ostacolo principale è legato alla connessione internet.

Leggi l'articolo completo sul sito di Openpolis

Il lavoro da remoto ha un bacino potenziale di 8 milioni di persone. E ora, dopo il Covid, le imprese cominciano a considerarlo come strumento per tagliare spazi e costi, soprattutto quelli dell'energia. Meno spese anche per i lavoratori, per esempio per i trasporti, ma quelle casalinghe potrebbero alzarsi

Articolo su Repubblica.it

Bello il telelavoro agile. O forse non sono tutte rose e fiori?

Puntata del 17 dicembre del podcast DataKnightmare: L'algoritmico è politico di Walter Vannini.

Perché non ci abbiamo pensato prima. Come cambia la vita dei lavoratori da remoto. Chi guadagna dal lavoro agile.

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Gli strumenti utilizzati dallo smart worker (ad esempio pc portatili e smartphone) per prestare la propria attività lavorativa permettono una reperibilità ed una connessione, non solo potenziale ma di fatto, costante e continua. E ciò rischierebbe di compromettere il bilanciamento tra vita professionale e vita privata che è tra i presupposti dell’istituto del lavoro agile. In questo quadro si inserisce il diritto alla disconnessione, in virtù del quale il prestatore di lavoro deve essere protetto da una potenziale perenne connessione.

Facciamo il punto sugli accordi che tutelano questo diritto.

Argomenti

  • Lo smart worker e il tema della disconnessione
  • Diritto alla disconnessione e garante privacy italiano
  • Il diritto alla disconnessione in Francia
  • Il diritto alla disconnessione nella contrattazione collettiva in Italia
  • Il rischio da tecnostress e la tutela dell’integrità psicofisica dello smart worker

Leggi l'articolo completo su "Agenda Digitale"

I ricercatori dello Stanford Virtual Human Interaction Lab hanno esaminato le conseguenze psicologico di passare ore ogni giorno nelle piattaforme di videochat . Carola Frediani nella sua newsletter "Guerre di rete" le riassume così:

  1. La quantità di contatto visivo e l’effetto di vicinanza del viso delle persone nelle videochat è faticoso. Rimedio: evitare lo schermo pieno e ridurre la grandezza della finestra.
  2. Vedersi (vedere la propria faccia) durante le videochat è innaturale. Rimedio: usare l’opzione nascondi la propria vista.
  3. Le video chat riducono notevolmente la nostra usuale mobilità, dovendo stare fissi davanti alla videocamera, rispetto a conversazioni di persona o solo audio. Rimedio: una videocamera esterna, posta più lontana dello schermo, e ogni tanto togliere il video.
  4. Il carico cognitivo è molto più pesante nelle video chat dove dobbiamo decifrare o mandare con più fatica segnali non verbali. Rimedio: anche qui una pausa solo audio può aiutare.

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Gli oltre 300mila lavoratori del comparto sono spesso definiti gli operai del nuovo millennio, ma senza rappresentanti sindacali, né un contratto nazionale di riferimento: sono infatti inquadrati come metalmeccanici, addetti alle telecomunicazioni o al commercio. Questo, sommato alla frammentazione del settore, rende di fatto complicato organizzarsi in azienda e anche solo pensare a uno sciopero. «Il problema di fondo, in realtà, è che molti di noi si sentono già privilegiati per avere un lavoro e uno stipendio, così accettano di sottomettersi alla violazione dei propri diritti e a pratiche illegali, come il body rental», spiegano da TWC - Italia.

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La pandemia di Covid-19 ha amplificato la nostra dipendenza da internet e, di conseguenza, anche il divario digitale tra chi ha potuto in questi mesi proseguire le proprie attività online (lavoro agile o didattica a distanza), chi lo ha fatto con difficoltà e chi ne è stato escluso. Il diverso livello di accesso alla rete non è solo un problema di capacità di spesa delle famiglie. Il luogo dove si vive, infatti, determina il tipo di connessione di cui si può disporre. L’obiettivo di questo contributo è mostrare come la situazione sia diversificata e problematica anche all’interno di un’area metropolitana densamente popolata come quella di Roma.

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Puntata dedicata a 3 casi piuttosto diversi, di interazione tra grandi aziende teconogiche e lavoratori:

  • nel primo caso Google licenzia (o accompagna alle dimissioni...) una sua ricercatrice, Timnit Gebru, perché un suo articolo sul bias algoritmico non rispettava gli standard aziendali
  • nel secondo Amazon assolda la Pinkerton, azienda famosa nella storia delle relazioni tra aziende e lavoratori, per indagini di intelligence sui suoi stessi lavoratori;
  • nel terzo troviamo la Microsoft impegnata a studiare software per rendere più efficienti i lavoratori ("Productivity Score") o le riunioni in base ai comportamenti registrati, confrontati con l'"ideale" da una AI e aggregati in punteggi ipersemplificati.

Ascolta il podcast sul sito di Radio Onda Rossa

Da Microsoft a ActivTrak: secondo uno studio Usa, il settore del monitoraggio crescerà a dismisura. Sono le “sentinelle dello smart worker”, quelle che controllano - col fucile spianato dall’altra parte dello schermo - che il lavoratore da remoto sia costantemente produttivo. Si tratta delle app per il controllo a distanza dei dipendenti e negli Stati Uniti sono sempre di più: si va da quelle che comunicano ai capi dati sui siti web consultati a quelle che fanno gli screenshot delle schermate. E ora ci si mette anche Microsoft: un nuovo tool, chiamato Productivity Score, annunciato durante la conferenza annuale degli sviluppatori, mostra ai datori di lavoro come i propri dipendenti utilizzano i servizi di Microsoft 365 come Outlook, Teams, SharePoint e OneDrive.

Ma può esistere uno smart working senza controllo sulla vita delle persone? Secondo Michel Martone, giurista e accademico, autore del libro “Il lavoro da remoto - Per una riforma dello smart working oltre l’emergenza”, sì: “Il datore di lavoro ha bisogno di controllare - spiega ad HuffPost - ma dovrebbe controllare i risultati del lavoro, non la persona”.

Leggi l'articolo completo di Di Ilaria Betti

«Il tuo capo è un algoritmo» di Antonio Aloisi e Valerio De Stefano (Laterza). Gli autori intervistati da il manifesto descrivono le strategie politiche per non finire «schiavi» delle piattaforme. Districarsi tra obblighi di cura, isolamento e lavoro è una prova ardua per le categorie vulnerabili. La tecnologia non è neutra. Il suo impiego è spesso fonte di abusi. Con l’irrompere della pandemia, i fanatici del «soluzionismo tech» sostengono che le «macchine non si ammalano». Lo smart working ha aumentato produttività e soddisfazione, malgrado i disagi. Anche se pensato per le professioni impiegatizie, estende i suoi benefici agli altri

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