Intelligenza Artificiale piattaforme Carola Frediani guerre di rete AI Act
La newsletter del 25 giugno di Carola Frediani
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Ora che l’AI Act, il regolamento Ue sull’intelligenza artificiale, è più vicino ed ha assunto una prima forma (la bozza approvata il 14 giugno dall’Europarlamento che però dovrà ancora passare per il campo minato delle negoziazioni tra Parlamento, Consiglio e Commissione note come triloghi, come spiegato nella scorsa newsletter), come si pongono i modelli di base (foundation models, come quelli che hanno dato vita a ChatGPT) rispetto agli obblighi e requisiti previsti dalla prossima legislazione europea? Se lo chiedono dei ricercatori dell’americana Stanford University e la risposta è (in sintesi) la seguente.
I principali fornitori di modelli di base attualmente non sono conformi ai requisiti preliminari previsti. Raramente forniscono informazioni adeguate sui dati usati, sulle risorse di calcolo così come sulle caratteristiche chiave dei modelli. In particolare non danno informazioni sull'uso di dati di addestramento protetti da copyright, sull'hardware utilizzato, sulle emissioni prodotte durante l'addestramento, e su come valutano e testano i modelli. E tuttavia questi stessi fornitori di modelli di base possono in realtà adeguarsi all'AI Act, e anzi il fatto di doverlo fare migliorerà la trasparenza in tutto l'ecosistema.