Radio Blackout ha intervistato Silvano Cacciari, ricercatore presso il NAFF dell’Università di Firenze e il CheerLab dell’Università di Prato
La competizione strategica tra Cina e Stati Uniti è più complessa e meno lineare di come viene solitamente rappresentata dai media generalisti. Conta, in prima luogo l’interdipendenza economica tra i due giganti che da qualche decennio struttura quel fenomeno che abbiamo conosciuto come “globalizzazione”, basato sui due macro-fenomeni: una corposa delocalizzazione delle produzione verso il polo asiatico (centro cinese); una sempre maggiore finanziarizzazione dell’economia euro-atlantica (polo statunitense). Questa interdipendenza è ancora più evidente se si osserva il livello degli scambi delle merci ad alto contenuto di tecnologia incorporata, dove l’uno e il maggiore cliente dell’altro, e viceversa. Si tratta però di un equilibrio perennemente instabile e a-simmetrico, che in questo momento storico viene rimesso in discussione da una Cina sempre meno disponibile a restare confinata negli scalini più bassi della scala del valore.
L’uscita politicamente ben orchestrata delle nuova intelligenza artificiale Made in China DeepSeek ha causato profondi tonfi nelle borse statunitensi ma, a differenza del passato (vedi crisi dei subprime, 2008) questa volta l’innesco è stato esterno, cinese appunto, e non interno alle dinamiche della finanziarizzazione americano-centrica. Dopo qualche decennio di osservazione sui meccanismi predatori della finanza a stelle e strisce , i cinesi hanno imparato a condurre, pro domo loro, la guerra finanziaria e ne hanno fornito un primo assaggio ai competitor strategici. Tra le realtà più colpite, oltre alla ben nota Chat GPT c’è anche la più nascosta, e meno conosciuta dai non addetti ai lavori, Palantir, specializzata nel servizio di controllo e fornitura dati, all’interno di quello che potremmo chiamare paradigma del “capitalismo della sorveglianza” e della “guerra ibrida”. Il CEO di questa azienda, Peter Thiel, già fondatore di PayPal autore di diversi manifesti politici tecno-reazionari, si è preso il compito nell’ultimo lustro di dare una strigliata ideologica (e politica) alla Silicon Valley libertaria e rizomatica degli anni ’90 per intrupparla in un nuovo corso dove devono essere chiare le gerarchie e le finalità (nemesi) politiche.
Primo di una serie di articoli di CIRCE sulla rivista Gli Asini.
Il secondo mandato presidenziale di Donald Trump è un nuovo capitolo della saga “Tecnologie e politica”. Un uomo anziano, miliardario, bianco, plurindagato e pluricondannato, un autocrate violento e vendicativo, si circonda di suoi simili per governare gli Stati Uniti d’America, un paese che appare sempre più lacerato e sempre meno affidabile anche per i suoi alleati storici in Europa. Fra gli alleati di Trump, spiccano alcuni fra i più ricchi e potenti manager e investitori delle cosiddette nuove tecnologie. Il più in vista è il padrone di Tesla, di SpaceX e di X (ex Twitter), il controverso Elon Musk. Molti altri si contendono il fronte del palco trumpiano: si pensi al vicepresidente J.D. Vance, ma anche al padrone di Amazon nonché proprietario del Washington Post, Jeff Bezos, che ha interferito con la decisione del consiglio di redazione del giornale di sostenere la candidata democratica Kamala Harris, provocando le dimissioni indignate di alcuni giornalisti e la cancellazione di decine di migliaia di abbonamenti.
L’argomento è vasto e complesso. Anche al nostro interno abbiamo opinioni diverse, che non trovano una sintesi unitaria. Ci limiteremo quindi a presentare alcuni elementi della nostra discussione, tuttora in corso.
Il punto d’avvio, che ritorna in tanti dibattiti, può essere sintetizzato così: qual è la relazione fra governi eletti e multinazionali della tecnologia digitale? Sono queste ultime a essere strumenti dei primi, o viceversa? Come stanno cambiando forma, influenzandosi reciprocamente? Qualcosa è cambiato? Studiamo da decenni l’impatto delle tecnologie su individui e società (in particolare delle tecnologie digitali) ma i social media sono un caso a parte. Non è la prima volta che rileviamo uno stretto rapporto fra chi si presenta come innovatore a livello tecnologico, bisognoso di avere le mani libere rispetto a una legislazione percepita come ostacolo all’innovazione, e programmi politici che si raccontano come stravolgimenti dello status quo e rottamatori dell’inefficienza burocratico-statale.
Dopo le rivelazioni di Snowden, sappiamo che gli Stati Uniti sono impegnati nella sorveglianza di massa degli utenti dell'UE, raccogliendo dati personali dalle Big Tech statunitensi. Il "Privacy and Civil Liberties Oversight Board" (PCLOB) è la principale autorità di controllo statunitense per queste leggi. I media statunitensi riportano orache i membri democratici del PCLOB sono stati rimossi e i loro account di posta elettronica sono stati chiusi. Questo porta il numero di membri nominati al di sotto della soglia necessaria per il funzionamento del PCLOB. Il fatto che il Presidente degli Stati Uniti abbia semplicemente rimosso delle persone da un'autorità (presumibilmente) indipendente, mette in dubbio l'indipendenza di tutti gli altri organi di ricorso esecutivo negli Stati Uniti.
L'Unione europea si è basata su queste commissioni e tribunali statunitensi per ritenere che gli Stati Uniti offrano una protezione "adeguata" dei dati personali. Basandosi sul PCLOB e su altri meccanismi, la Commissione europea permette ai dati personali europei di fluire liberamente verso gli Stati Uniti nel cosiddetto "Quadro transatlantico sulla privacy dei dati" (TADPF). Il PCLOB è l'unico elemento di "supervisione" rilevante dell'accordo. Gli altri elementi fungono solo da organi di ricorso. Migliaia di aziende, agenzie governative o scuole dell'UE fanno affidamento su queste disposizioni. Senza il TADPF, dovrebbero smettere immediatamente di utilizzare i fornitori di cloud statunitensi come Apple, Google, Microsoft o Amazon.
I piani di Trump ricalcano le strategie messe a punto dal Bitcoin Policy Institute e dal Satoshi Action Fund che ha profondi legami con il Koch Network, un consorzio di società petrolifere e chimiche che ruotano attorno alla famiglia Koch
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Un’indagine del sito di inchiesta statunitense The Lever ha ricostruito l’opaca rete di interessi che spingono per la svolta monetaria digitale della nuova presidenza. A delineare e sostenere la nuova linea trumpiana sono, in particolare, attivisti di destra espressione dell’industria dei combustibili fossili che puntano ad uno smantellamento delle normative ambientali che sia il più radicale possibile. Come noto, il sistema bitcoin consuma immensi quantitativi di energia. I soli “minatori” presenti negli Stati Uniti utilizzano 70 tetrawattora in un anno, tanto quanto l’intero stato del New Jersey. Ciò significa anche un aumento dei costi, in diverse aree del paese le bollette sono salite di circa 8 dollari in media a causa dell’energia chiesta dall’industria delle cripto.
La recente decisione di una corte d’Appello degli Stati Uniti ha riacceso il dibattito sulla neutralità della rete, un tema che coinvolge diretti interessi economici e il futuro dell'accesso a Internet. Con l’annullamento delle normative ripristinate dalla Federal Communications Commission nel 2024, emerge la complessità di un sistema internet che continua a polarizzare opinioni e schieramenti politici. Questo articolo esamina la questione della net neutrality e le sue implicazioni a livello globale, con uno sguardo particolare all’Europa.
I fondamenti della net neutrality
La net neutrality, o neutralità della rete, è un principio fondamentale che regola il comportamento delle aziende fornitrici di accesso a Internet, noti come Internet Service Provider . Secondo questo principio, gli ISP non possono bloccare né limitare l'accesso a determinati contenuti o applicazioni, né possono imporre tariffe aggiuntive per avvantaggiare i propri partner commerciali. L’obiettivo è garantire che tutti i dati siano trattati in modo eguale, senza favoritismi o discriminazioni.
Nei fatti, ciò significa che fornitori come Comcast o Verizon negli Stati Uniti, così come Telecom e Vodafone in Italia, non possono rallentare connessioni per servizi come Skype o Netflix, favorendo invece i propri servizi. L’assenza di garanzie sulla neutralità della rete apre il campo a interpretazioni arbitrarie: un grande provider potrebbe avere la capacità di sovraccaricare la rete per far prevalere le proprie applicazioni a discapito di competitor più piccoli, creando una sorta di monopolio dell’informazione.
Puntata del 24 novembre 2024
Apriamo la puntata collegandoci con l'Hacklabbo di Bologna per segnalare la loro prossima iniziativa: Hack or di(y|e), due giorni di workshop, capture the flag e quant'altro. A proposito: 20-21 Dicembre AvANa (yours truly) fa 30 anni, siateci! Le selezioni musicali di stasera ne sono un assaggio.
Tutto il resto della puntata è dedicata al rapporto tra aziende della tecnologia e politica statunitense. Iniziamo con il ruolo dei Venture Capitalist nel nuovo governo statunitense, con JD Vance vicepresidente e Musk che ha già iniziato a parlare di tagli politicamente orientati.
Nel frattempo l'antitrust, che ha riconosciuto Google come monopolista, avanza la proposta di separare Chrome da Google. Facciamo un po' di ipotesi a riguardo.
Ascolta la puntata nel sito di Radio Onda Rossa
Puntata del 10 nevembre 2024. Da domani, 11 Novembre, TSMC smetterà di vendere a Pechino chip con tecnologia sotto i 7nanometri (inclusi). A che tecnologia sono arrivate le industrie della repubblica popolare cinese? Quanto divario le separa ancora da quelle occidentali? Vedremo tutto questo, legandolo alla condizione geopolitica Taiwanese.
Alcuni cambi di licenze continuano a mettere in crisi la nostra coscienza: il software libero è sempre la scelta migliore? Anche quando Amazon dice di sì? Sempre più progetti si stanno muovendo verso licenze non compatibile con la tradizionale definizione di software libero; i motivi ci sembrano quantomeno comprensibili.
Chiudiamo con alcune notiziole riguardo ai temi del copyright, dei sistemi di trasporto pubblico su ferro ma, soprattutto, di tecnologie digitali obsolete.
Apriamo la puntata parlando del Piracy Shield, anzi lasciamo parlare l'AGCOM a riguardo. La scoperta delle più moderne tecnologie Internet, quali i siti e le CDN, mette l'AGCOM di fronte ad una grossa questione: bloccare i siti illeciti senza bloccare quelli leciti è difficile.
Negli USA, il complottismo (rappresentato da Schmitt, trumpiano DOC) arriva di fronte alla corte suprema, protestando per le limitazioni alla libertà di espressione subite, secondo lui, da account di estrema destra. Vista la composizione attuale della corte suprema, c'è da tremare.
Apple è stata accusata dall'antitrust USA di abusare della condizione di monopolio, facendo il tipo di cose che hanno sempre fatto: evitare l'interoperabilità.
L'ONU approva a larghissima maggioranza una risoluzione non vincolante sull'intelligenza artificiale. Si parla di rispetto dei diritti umani, ma sempre rimanendo sul vago. Non stupisce quindi ci sia stata l'unanimità.
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Stati uniti. Musk: «L’invasione di migranti voluta da Biden continua. Solo un’onda rossa a novembre può salvare gli Usa»
È troppo presto per dire che lo scopo di Elon Musk nel comprare Twitter fosse quello di riportare il suo amico Trump alla presidenza degli Stati Uniti? No, non lo è. Nel 2022 Musk ha pagato 44 miliardi di dollari (l’equivalente dello stipendio di diecimila operai americani per 200 anni) e ha ribattezzato Twitter “X” per esibire il suo ego smisurato. Poi la sua prima mossa è stata quella di eliminare il gruppo che si occupava di fiducia e sicurezza, ovvero di controllare che la piattaforma non diventasse uno strumento per aggressioni politiche o personali. L’unica parola che contava era la sua: il caos che ne è derivato ha causato la fuga degli inserzionisti e l’apertura di indagini da parte delle autorità di regolamentazione di tutto il mondo.
Il dipartimento di Giustizia: la big tech viola le leggi antitrust penalizzando le compagnie che potrebbero farle concorrenza
Per la terza volta in 14 anni il Dipartimento di Giustizia, Doj, e i procuratori di 16 stati, hanno citato in giudizio Apple, accusata di impedire alle società concorrenti di accedere alle funzionalità hardware e software di iPhone e Smart Watch, violando le leggi antitrust.La causa è stata depositata presso un tribunale federale del New Jersey e rappresenta il culmine della cosiddetta «indagine del secolo» avviata nel 2019, quando il dipartimento ha citato in giudizio Google e Alphabet per monopolizzazione del mercato. L’anno seguente un’indagine della sottocommissione giudiziaria della Camera ha poi stabilito che Apple, insieme a Google, Amazon e Meta esercitava «tipologie di monopoli» simili a quelli visti «all’era dei baroni del petrolio e dei magnati delle ferrovie», e che potevano essere considerate colpevoli «di aver ucciso la concorrenza acquisendo i competitor, e di aver privilegiato e sostenuto i loro servizi affossando quelli di soggetti terzi di più piccole dimensioni».