Mentre in Italia nasce l’associazione Gaia-X Hub Italia sostenuta da tre ministeri, uno dei fondatori del consorzio lascia per dopo l’ingresso dei big player mondiali. Il progetto rischia di perdere la sua identità? Il punto sulle sfide che caratterizzano il funzionamento di un cloud e la sovranità digitale Ue
In queste ultime settimane il progetto Gaia-X, un’iniziativa europea per riguadagnare almeno un po’ il terreno perduto dall’Europa in tema di cloud, è tornato sotto i riflettori con l’annuncio della costituzione dell’associazione Gaia-X Hub Italia sostenuta da tre ministeri (Sviluppo economico, Innovazione e transizione digitale, Università e ricerca) e da altri attori rilevanti nel panorama nazionale.
Allo stesso tempo uno dei 22 fondatori del consorzio Gaia-X, Scaleway attore francese del public cloud, ha annunciato l’intenzione di non rinnovare l’adesione al consorzio assumendo posizioni molto critiche sul progetto. Il provider francese contesta infatti l’ingresso nel consorzio che oggi conta oltre 300 organizzazioni dei big player del cloud pubblico mondiale come AWS, Microsoft, Google, IBM se si pensa all’America o Huawei se si pensa alla Cina. È evidente che se l’aspetto centrale nel progetto Gaia-X era quello di assicurare un’autonomia europea in materia di cloud l’ingresso di questi grandi player extracomunitari può influenzare il progetto fino a farne perdere l’identità, che è l’essenza dell’accusa mossa da Scaleway.
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