2,1 miliardi di euro per trasformare 100.000 classi tradizionali in ambienti innovativi di apprendimento e creare laboratori per le professioni digitali del futuro. Tanto sarà stanziato, all’interno del pacchetto di investimenti del Pnrr per la transizione digitale della scuola. A questi vanno aggiunti altri 2 miliardi e 443 milioni per altri tipi di interventi quali il potenziamento delle reti locali, cablate e wireless, l’installazione di schermi interattivi nelle aule, il piano per la Banda larga, la migrazione sul cloud, lo sviluppo di siti internet delle scuole e il Piano PagoPA-SPID-CIE. Insieme agli 800 milioni destinati alla formazione digitale dei docenti, arriviamo ad una somma complessiva di 4,9 miliardi di euro
Nella scuola manca il pane, ma stanno per arrivare montagne di brioche. E' quanto ha dichiarato Laura Biancato, dirigente scolastica dell’Istituto Einaudi di Bassano del Grappa, che aggiunge: "in un’occasione così unica per la scuola pubblica è necessario fare formazione ai dirigenti scolastici perché il rischio è quello di acquistare o rinnovare gli ambienti scolastici secondo la moda e non secondo un criterio di sistema della scuola che si dirige".
Giovanni Salmeri è professore di Filosofia all’Università di Roma Tor Vergata e segue da tempo il tema dell’insegnamento dell’informatica nella scuola: “viene detto che il modello tradizionale di insegnamento non è più adatto ai tempi attuali, quindi è necessario percorrere la strada di una «didattica innovativa», commenta a Guerre di Rete. Già qui c’è una premessa fragile: la scuola di oggi è in realtà molto diversa da quella anche solo di qualche decennio fa. L’innovazione poi viene identificata principalmente con l’uso della tecnologia: questa è un’ingenuità, che fa sospettare che chi ha preparato questo documento non abbia mai insegnato”. In un’analisi per Agenda Digitale scrive, inoltre, che nel Piano viene utilizzato “un linguaggio intenzionalmente vago” che serve a tenere sotto lo stesso ombrello l’informatizzazione della scuola, l’uso dell’informatica come tecnologia di sostegno all’insegnamento e l’insegnamento vero e proprio dell’informatica.
“Purtroppo la tecnologia può essere facilmente spacciata per una cura miracolosa – spiega a Guerre di Rete Salmeri – la storia della LIM (le Lavagne Interattive Multimediali, ndr) di dieci anni fa non ha insegnato nulla? Gli studi empirici hanno concluso che non c’è stata la minima correlazione tra uso della LIM e miglioramento dei risultati dell’insegnamento”.
È andata deserta la prima gara della Strategia per la banda ultralarga finanziata con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Si tratta del bando per portare le connessioni internet veloci anche nelle isole minori: 60,5 milioni di euro.
Il termine per la presentazione delle offerte è scaduto il 22 dicembre senza alcuna candidatura. Secondo le informazioni raccolte dal Sole 24 Ore, hanno inciso soprattutto il tema delle garanzie fideiussorie bancarie e delle polizze assicurative, considerate troppo impegnative. Al tempo stesso, per la necessità di rispettare le scadenze intermedie imposte dalla Commissione europea sulla realizzazione dei progetti Pnrr, sono state previste penali in caso di ritardi ritenute da alcuni severe, pari fino al 20% dell’ammontare netto contrattuale.
Verso la trattativa privata
Il cronoprogramma prevede che già nel primo semestre 2022 si arrivi alla progettazione esecutiva e per sbloccare l’impasse potrebbero ora esserci colloqui tra il ministero dell’Innovazione guidato da Vittorio Colao e alcuni dei potenziali candidati, considerato che il codice degli appalti consente di procedere in questi casi direttamente a procedura negoziata in alternativa alla riproposizione di un bando riveduto e corretto.
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Una corrispondenza a Radio Onda Rossa per cercare di comprendere il dibattito nazionale che sta dando molto spazio alla proposta di acquisto di Tim fatta da Kkr.
Colleghiamo a questo argomento anche il tema del cloud europeo, un progetto che rimane ancora non del tutto chiaro. Si può già dare per assodato, però, che il tema della sovranità che viene sbandierato per quanto riguarda la stesura della fibra non sia al centro delle attenzioni quando si parla di cloud.
Ascolta l'intervento sul sito di Radio Onda Rossa
Carola Frediani nella sua newsletter fa il punto sul cloud europeo e italiano.
Il consorzio Gaia-X intende creare un cloud federato europeo attraverso un accordo di collaborazione per definire criteri e standard comuni di gestione dei dati e dei servizi, e prevede anche la creazione di una serie di hub regionali. Attenzione, l’idea è quella di creare non una piattaforma ma un ecosistema, prima ancora un framework, cioè una cornice in cui far funzionare servizi cloud secondo standard e regole comuni (su portabilità, sicurezza, interoperabilità ecc) e a quel punto favorire così lo sviluppo di un’industria locale.
Problema: anche le aziende di cloud extra-Ue sono membri del consorzio, costituitosi come noprofit nel 2021, anche se non è chiaro quale ruolo avranno. Ricordiamo che i servizi cloud di Amazon, Microsoft e Google ammontano al 69 per cento del mercato
Il consiglio di amministrazione del consorzio è composto da aziende europee quali “OVHCloud, Airbus, Orange e ovviamente Deutsche Telekom, ma il coinvolgimento riguarda anche partner extra europei. Tra le crescenti organizzazioni che hanno aderito al progetto – circa 320 dalle poche decine di un anno fa – ci sono alcune che rappresentano gli interessi di aziende esterne, come Bitkom, CISPE e Digital Europe che sono la voce dei vari Amazon, Google e Microsoft all’interno di Gaia X. L’influenza statunitense, quindi, è ancora molto importante”. Nel mentre, alcune aziende di hardware e software europee, scontente di come stava andando il progetto, a luglio hanno creato Euclidia
L’hub italiano Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese ha presentato il suo progetto di hub regionale di Gaia-X lo scorso maggio: il governo ha infatti affidato a Confindustria il compito di costituire e coordinare la “filiale” italiana. A differenza di altri Paesi, in cui è previsto il coordinamento da parte delle istituzioni pubbliche, sul nostro territorio il promotore dell’Hub è Confindustria”, scrive un report di I-Com. Nondimeno il governo avrebbe dato un sostegno finanziario.
Struttura, statuto e lancio operativo dell’hub dovevano essere previsti per fine giugno. Tuttavia anche la parte italiana sembra essere in ritardo
La gara per il cloud della PA del Polo Strategico Nazionale Per quanto riguarda invece il PSN, il Polo Strategico Nazionale, cioè quell’infrastruttura che in Italia dovrà ospitare i dati e i servizi critici e strategici di tutte le amministrazioni centrali (circa 200), delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e delle principali amministrazioni locali, a fine ottobre si contavano 3 cordate nazionali pronte a presentare i rispettivi progetti: Tim-Cdp-Sogei-Leonardo; Almaviva-Aruba; Engineering-Fastweb.
Ultimo punto del casino. “A sorpresa la gara non sarà gestita dalla Consip, la spa del ministero dell’Economia che si è occupata delle precedenti procedure per il cloud della Pa”, ha scritto Il Sole 24 Ore.
Leggi la newsletter completa di Carola Frediani che spiega i punti sul cloud riassunti qui
Tra annunci roboanti si è arrivati al dunque: tanti soldi grazie al PNRR, un prevedibile assalto alla diligenza, con appetiti ben in vista delle grandi multinazionali, e meccanismi di controllo ancora poco chiari. Si spera che sul Cloud non si verifichi la stessa impostura che si è registrata sul dossier della rete unica.
Il Cloud per la PA prende prepotentemente la scena. Come previsto, il ministero guidato da Vittorio Colao ha ricevuto la proposta progettuale avanzata dalla cordata TIM, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti (CDP, attraverso la sua controllata CDP Equity) e Sogei. A depositare la propria proposta progettuale anche il tandem nazionale composto da Almaviva e Aruba.
La posta in gioco messa a disposizione dal PNRR non è di poco conto: 1,9 miliardi di euro per infrastruttura Cloud e migrazione dei dati, cui si aggiungono altri miliardi per il settore del digitale nel suo complesso, a cui si aggiungono ancora altre ingenti risorse provenienti da misure esterne al PNRR.
Si tratta di soldi pubblici che andrebbero spesi tutti e spesi nel migliore dei modi, salvaguardando alcune prerogative che qualificano le decisioni. Ma vediamo, per questo, quali sono i punti di criticità.
Leggi l'articolo di Barberio sul sito key4biz
Nel frattempo è arrivata la presa di posizione del Consorzio Italia Cloud che non presenterà proposte perché "Non riconosciamo il modello del Governo". Leggi tutto.
Un articolo molto chiaro di Luciano Paccagnella, docente di Sociologia della conoscenza e delle reti dell'Università di Torino, che spiega in maniera molto chiara quali sono le questioni in ballo nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) relativamente ai processi di digitalizzazione e innovazione del Paese che hanno particolare rilevanza all'interno del Piano.
In cosa consiste una società "completamente digitale"? Come è affrontato il tema delle "competenze digitali, tra le quali non vi sono solo competenze strettamente tecniche (per esempio, come impostare una tabella in un foglio elettronico) ma anche e soprattutto competenze cognitive critiche (per esempio: come stimare rapidamente l’affidabilità del sito internet che stiamo consultando?)".
"Ma il punto cruciale del piano è quello che riguarda la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, dove la parola d’ordine è “cloud first”. " L'autore fa alcuni esempi per spiegare qual'è il problema del Lock In tecnologico. Quali scelte faranno le PA in tema di cloud? Si affideranno al cloud pubblico di Google, Amazon, o Microsoft? Ma cosa hanno di pubblico i servizi di queste aziende?
Attenti ai dinosauri. I ‘dati’, ma soprattutto gli ‘algoritmi’, sono sempre più in grado di incidere nelle scelte politiche e manageriali ma soprattutto sono fattori determinanti per assicurare il principio di uguaglianza e la tenuta della stessa democrazia della nostra società.
Le contraddizioni tra le parole di Colao (Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale) e quanto scritto nel Piano nazionale di Rinascita e Resilienza. La mancanza di una struttura di confronto tra il piano di interventi sul Digitale e le altre missioni del PNRR costituisce una grave criticità che potrebbe metterne in crisi la tenuta e l’attuazione. Nel PNRR il riferimento alla rilevanza del ‘diritto alla connessione’ come leva per la realizzazione del principio di uguaglianza non è previsto.
Leggi l'articolo di Germano Paini, Alessio De Luca