Fra le applicazioni pratiche, esaltate dagli entusiasti e sminuite dagli scettici, ricordiamo: i servizi di assistenza alla clientela (in particolare i chatbot delle compagnie telefoniche); gli acquisti, sempre più personalizzati e rapidi; i social network, in particolare le notifiche e i feed (ad esempio, la timeline di FB, costruita in base al profilo di ciascun utente); la finanza, dove gli algoritmi di trading da parecchio hanno soppiantato gli obsoleti negoziatori umani; viaggi e trasporti, dai suggerimenti del navigatore alla pianificazione degli spostamenti fino alle occasioni di ospitalità; le case furbe (smart), disseminate di sensori in grado di regolare la temperatura dell’acqua, l’illuminazione e così via; le automobili furbe (smart), con tanti accorgimenti per assistere la guida, in prospettiva delle auto a guida autonoma; la sorveglianza e il controllo, nelle strade come a casa propria, spesso attraverso sistemi di riconoscimento facciale e vocale; l’assistenza sanitaria, nella diagnosi precoce così come nella ricerca farmaceutica di nuove molecole, nella gestione dei dati dei pazienti, nella chirurgia di precisione.
E, infine, nell’educazione: per abbassare l’ansia dell’apprendimento, personalizzare l’insegnamento, ma soprattutto controllare e monitorare, valutare, schedare…
Sgombrare il campo dagli equivoci sull’IA non è banale.
Leggi l'articolo di Carlo Milani su La ricerca
Cassandra Crossing/ Un robot assassino potrebbe già oggi entrarvi in casa senza bussare.
Un aspirapolvere commerciale può muoversi da solo per casa, rilevare la pianta dell'appartamento e trasmetterla al fabbricante. Se lo fa un aspirapolvere, perché non potrebbe farlo un robot assassino?
I droni luminosi usati in molti eventi sono incredibilmente efficienti nel posizionarsi, formando disegni e volando in formazione. Se lo fanno i droni, perché non potrebbero farlo sciami di robot assassini?
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