piracy shield AGCOM
Negli oltre 3.200 indirizzi Ip oscurati sono finite una serie di iniziative legali. Agcom nega i problemi, mentre su Github si rivendica la pubblicazione del codice sorgente dell'app
Aumenta il conto dei danni collaterali di Piracy Shield, la piattaforma nazionale per bloccare in automatico in 30 minuti lo streaming pirata di partite di calcio. Nelle intenzioni dei promotori, la Lega calcio Serie A e l’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom, che l’ha in gestione), il sistema dovrebbe abbattere solo i siti che trasmettono senza autorizzazione eventi sportivi in diretta.
Ma, alla prova dei fatti, nei 3.212 blocchi compiuti da Piracy Shield dal lancio, il primo febbraio, sono finite anche risorse di rete che nulla hanno a che fare con la pirateria online.
La loro colpa? Condividere l’indirizzo Ip con i siti nel mirino di Agcom.
E nelle scorse su Github, piattaforma dove sviluppatori e ingegneri condividono e pubblicano il codice dei loro software, è comparso un profilo che rivendica di aver pubblicato il codice sorgente della piattaforma. Un fendente all'immagine di sicurezza granitica dietro cui si trincera l'autorità quando fa riferimento a Piracy Shield. Sono in corso verifiche sulla veridicità del contenuto ma, al momento, non sono pervenute smentite.