AI Intelligenza Artificiale lavoro
Presentato durante il DIG Festival di Modena, racconta l'inquietante dietro le quinte di chi sostiene interi sistemi tecnologici. Ne abbiamo parlato con il regista, Henri Poulain
L’intelligenza artificiale occupa uno spazio sempre maggiore nel dibattito contemporaneo. Soprattutto al cinema dove è diventato il prisma attraverso cui si riflettono le nostre paure, le nostre speranze e le domande più radicali sull’identità umana, sul controllo della tecnologia e sul futuro della società. L’AI è diventata un vero campo di battaglia politico e sociale, dove si incontrano, e si scontrano, questioni economiche, ambientali e legate ai diritti dei lavoratori. Ancora una volta è il cinema a investigare questo rapporto complesso, mostrando cosa si nasconde dietro dati, cloud e reti digitali, grazie al prezioso documentario In the Belly of AI, diretto da Henri Poulain, presentato durante il DIG Festival di Modena.
Un’opera che smonta l’illusione di un’intelligenza artificiale immateriale e trascendente, rivelando invece quale prezzo paghiamo quotidianamente per sostenere interi sistemi tecnologici, infrastrutture che consumano e dilapidano energia, risorse naturali e vite umane. In the Belly of AI parte proprio da questo per raccontare la vita lavorativa dei data worker che, secondo un rapporto della World Bank pubblicato lo scorso anno, si stima che nel mondo siano tra i 150 e i 430 milioni, e che il loro numero sia cresciuto in modo esponenziale nell’ultimo decennio.