Pillole

Pillole di informazione digitale

Segnalazioni di articoli su diritti digitali, software libero, open data, didattica, tecno-controllo, privacy, big data, AI, Machine learning...

Il lockdown deciso dal governo Italiano e dalla maggior parte dei governi degli Stati a capitalismo avanzato ha determinato un'accelerazione fortissima dell'uso del digitale.

Scuole ed università si sono viste costrette ad adottare la didattica a distanza per poter proseguire le lezioni.

Questa situazione di emergenza ha fatto venire al pettine tutti i nodi di decenni di immobilismo e distruzione del poco che era stato costruito.

Innanzi tutto va detto che gli insegnanti, ma anche gli studenti e, ahimè, i genitori, si sono dovuti far carico della distanza, di inventarsi "a distanza", poiché poco o nulla è stato sperimentato sotto la guida degli organi competenti e quindi nulla è stato messo a sistema. In ordine sparso, scuole e università hanno tentato di fare buon viso a cattivo gioco, a volte facendo finta di nulla: riprodurre la didattica in presenza attraverso le video chat. Poi, pian piano, sono arrivate le assegnazioni dei compiti da fare a casa; chi attraverso le mail, chi attraverso Google Drive, qualcuno attraverso piattaforme come Edmodo, e così via. Nel frattempo il Ministero ha cominciato a dare indicazioni, tramite la sua pagina web (https://www.istruzione.it/coronavirus/didattica-a-distanza.html), sulle piattaforme per la didattica a distanza da adottare: Google Suite, Office 365, Weschool. [...] In questo panorama sono spariti completamente il metodo didattico, la libertà di insegnamento, la questione della privacy e dei dati, il digital divide. Proviamo a farli riemergere.

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Le “killer application” che vengono proposte oggi per il 5G, con la notevole eccezione del mercato business e dell’IIoT, sono generalmente banali e quasi sicuramente destinate a non avverarsi. Vediamo perché, e quale sarà, ancora una volta, l’elemento preponderante per l’uso delle nuove reti da parte degli utenti

Il 5G è fondamentale per lo sviluppo economico del paese. Si, ma perché? Per la sua minore latenza? Perché ci permetterà di dialogare col frigo e di sapere se lo yogurt è scaduto? Per abilitare la circolazione delle auto a guida autonoma o per consentire operazioni chirurgiche a distanza?

Proviamo a fare un po’ di chiarezza, per capire – oltre l’hype – perché la vera killer application della nuova generazione mobile, per gli utenti, non sarà, probabilmente, nessuna di quelle finora pubblicizzate. Leggi tutto

di Enrico Nardelli, professore di Informatica all’Università Roma Tor Vergata e presidente di Informatics Europe.

Una comunità pubblica che non sviluppa e controlla una propria infrastruttura di gestione e scambio di dati e competenze pagherà un prezzo enorme in termini di possibilità di scegliere la sua direzione di sviluppo perché sarà sempre più dipendente da sistemi e conoscenze che non le appartengono, soggetta alla sorveglianza di chi controlla le infrastrutture usate. Leggi tutto

Il 16 luglio 2020 la Corte di Giustizia europea si è pronunciata (qui il comunicato stampa) su una serie di ricorsi presentati dal legale Maximilian Schrems, invalidando l’accordo “Privacy Shield” tra l’Unione europea e gli Usa (qui annuncio di Noyb).

Il Privacy Shield è un accordo tra la Commissione europea e il Segretario al Commercio USA che consentiva un regime privilegiato per le aziende americane aderenti, nel caso di trasferimento dei dati personali dei cittadini europei verso gli Usa. Il Privacy Shield in realtà nasce sulle ceneri del Safe Harbour, che era stato invalidato dalla Corte di Giustizia europea nel 2015, anche qui a seguito del ricorso del legale Schrems.

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Digital technologies now emit 4% of greenhouse gas emissions (GHG), and its energy consumption is increasing by 9% a year. The Shift Project published in March 2019 (updated in 2020) the rapport “Lean ICT – Towards Digital Sobriety” (2019). In it we recommended making digital transition compatible with climate imperatives and the constraints of resources. Digital sobriety consists in prioritizing the allocation of resources as a function of uses, in order to conform to the planet’s physical boundaries, while preserving the most valuable societal contributions of digital technologies. This requires questioning the pertinence of how we use digital technologies, one of which is online video whose use we focus on in this new report “Climate crisis: The unsustainable use of online video – A practical case study for digital sobriety” (2019).

Vai sul sito di theshiftproject per scaricare il Report

Si leggono in questi mesi una pletora di articoli di professori, intellettuali, esperti su quanto manchi la didattica in presenza, la magia dell’aula, il contatto diretto e quanto invece sia algida e distaccata la didattica a distanza... Chi più chi meno, ma il senso prevalente è questo.

Poi, vabbè, ci sono i tecno-entusiasti, esaltati dallo sdoganamento dell’e-learning, ma quelli basta che si usi un qualche dispositivo elettronico gioiscono indipendentemente da come siano andate le cose, lo facevano già prima del lockdown e lo continueranno a fare in barba a tutto e tutti, quindi lasciano il tempo che trovano.

I vari Piani Nazionali per la Scuola Digitale andranno avanti, nonostante il loro evidente fallimento, con nuova linfa dopo questi mesi di digitalizzazione forzata. Non importa quale sarà stato l’impatto, non si sono fatti finora e non si faranno adesso bilanci seri di questi processi. L’informatizzazione della scuola è un diktat, legato a doppio filo alla sua burocratizzazione e alimentato da interessi economici troppo forti per metterlo in discussione.

Leggi l'articolo completo di Alfredo Imbellone.

La trasmissione Le Dita Nella Presa che va in onda una domenica si e una no su Radio Onda Rossa ha dato vita ad un ciclo di trasmissioni che ha sviscerato alcune importanti questioni legate alla sostenibilità del digitale.

Design

Apriamo un ciclo di puntate per parlare della materialità del digitale: ovvero del perché non accettiamo la semplificazione che "il digitale inquina meno della carta".

Facciamo un'analisi dell'impatto ambientale delle tecnologie, dall'estrazione fino al fine vita. Utilizzando la metodologia della LCA (analisi del ciclo di vita) discutiamo i modelli di produzione della merce tecnologica.

Rifiuti

Parleremo del "fine vita" degli oggetti tecnologici e dei problemi ambientali connessi: i componenti elettronici sono particolarmente inquinanti e difficili da separare e riciclare.

Facciamo un excursus sulle normative riguandanti i RAEE, i sistemi di gestione previsti, sottolineando le criticità, tra cui spiccano la gestione privata (in genere affidata agli stessi produttori) contrapposta all'interesse pubblico e la scarsa trasparenza sugli effettivi risultati conseguiti.

Produzione e lavoro

Terza puntata del ciclo sulla materialità del digitale: dopo aver parlato del design dei dispositivi elettronici e dell'estrazione delle materie prime, passiamo al lavoro che sta dietro ai prodotti elettronici che usiamo quotidianamente, in particolare a quello "prettamente" elettronico.

Le materie prime

Dal coltan al cellulare

Dopo la puntata precedente, dedicata al design, oggi parliamo delle materie prime utilizzate per produrre i dispositivi digitali.

Partiamo dalla lista di materiali necessari alla produzione di un computer standard e analizziamo alcuni dei processi di estrazione dei minerali che li contengono. Petrolio e acqua sono le risorse maggiormente usate (in kg), ma ci concentreremo su Oro e Tantalio perché irrinunciabili per l'elettronica, come è oggi.

Vai su Radio Onda Rossa

 

 

Puntata di Le Dita nella Presa dedicata all'ecologia ed in particolare ai consumi energetici dell'uso delle tecnologie digitali. Ripartiamo quindi da quanto abbiamo raccontato nel ciclo di trasmissioni sulla materialità del digitale a proposito della produzione dei dispositivi digitali, ma stavolta parliamo dell'uso.

Il digitale nel suo complesso consuma il 4% del totale dell'energia elettrica consumata nel mondo. Secondo le stime nel 2025 arriverà al 7%, con buona pace delle velleità di risolvere la catastrofe climatica attraverso l'automento dell'uso del digitale.

Può sembrare sorprendente, ma buona parte del consumo dell'ecosistema digitale è da attribuire al trasferimento dati e in particolare allo streaming video, una tendenza che si prevede ulteriormente in aumento.

Potete riascoltare la puntata in 3 parti:

Quanto inquina internet. I dati ci aiutano a capirlo

Un Focus sui video e il relativo modello di consumo

Qualche consiglo per inquinare meno

Nonostante i progressi del green computing e un’aumentata sensibilità delle aziende rispetto alle tematiche del climate change, oggi il saldo netto dell’ICT è pesantemente negativo per l’ambiente. Streaming e estrazione delle criptovalute le attività più voraci di energia, ma anche il deep learning ha il suo peso.

Articolo completo di Giovanna Sissa