AI Intelligenza Artificiale Daniela Tafani diritti
I sistemi di intelligenza artificiale sono oggi in grado di svolgere alcuni specifici compiti, che erano stati, finora, prerogativa dei soli esseri umani: funzioni quali la traduzione di testi, il riconoscimento facciale, la ricerca per immagini o l’identificazione di contenuti musicali, non trattabili con l’intelligenza artificiale simbolica, sono affrontate con crescente successo dai sistemi di apprendimento automatico (machine learning).
Questi sistemi, di natura sostanzialmente statistica, consentono infatti di costruire modelli a partire da esempi, purché si abbiano a disposizione potenti infrastrutture di calcolo e enormi quantità di dati. Le grandi aziende tecnologiche che, intorno al 2010, in virtù di un modello di business fondato sulla sorveglianza, detenevano già l’accesso al mercato necessario per l’intercettazione di grandi flussi di dati e metadati individuali e le infrastrutture di calcolo per la raccolta e l’elaborazione di tali dati, hanno potuto perciò raggiungere, con l’applicazione di algoritmi in gran parte noti da decenni, traguardi sorprendenti1.
Nella generale euforia per i genuini progressi, le imprese del settore hanno colto l’opportunità per un’espansione illimitata di prodotti e servizi «intelligenti», ben oltre l’effettivo stadio di sviluppo della tecnologia. Con la formula di marketing «intelligenza artificiale», hanno diffuso e messo in commercio sistemi di apprendimento automatico per lo svolgimento di attività che tali sistemi non sono in grado di svolgere o che semplicemente non sono possibili. Tra i prodotti di questo genere – costitutivamente pericolosi e non funzionanti – ci sono