bias cognitivi AI intelligenza artificiale
L’Intelligenza artificiale è spesso al servizio di progetti autoritari che accrescono le disuguaglianze e mettono a rischio la democrazia. Parla lo studioso Dan McQuillan
Serve «un approccio antifascista all’intelligenza artificiale», scrive Dan McQuillan nel suo recente volume intitolato “Resisting Ai” (Bristol University Press). Non perché l’Ia sia di per sé fascista, ragiona il docente di Computing sociale e creativo al Goldsmiths College dell’università di Londra, ma in quanto motore di dinamiche congruenti, e in modo strutturale, con politiche fasciste. Lungi dall’essere una mera tecnologia, l’Ia è infatti un “apparato” che somma tecnica, istituzioni e ideologia. E se ne comprendiamo le “operazioni di base”, e le situiamo nell’attuale momento storico, è impossibile ignorare che il cambiamento di paradigma sociale portato dall’Ia «non farà che amplificare politiche di austerity e sviluppi autoritari», si legge nel testo, agile ma durissimo di McQuillan.
[...] Per l’autore, che vanta un dottorato in fisica delle particelle e un passato come direttore delle comunicazioni digitali di Amnesty, il legame tra fascismi e Ia si salda prima, all’incrocio tra le crescenti richieste di efficienza e risparmi nella gestione della cosa pubblica e l’ideologia che fa dell’intelligenza artificiale la panacea, infallibile e oggettiva, di ogni male. È il cosiddetto “soluzionismo”, che riduce problemi sociali complessi - la pandemia, l’emergenza climatica, la questione energetica - a questioni tecnologiche, risolvibili tramite Ia. Tutto diventa materia di “ottimizzazione” statistica. E, in fondo, questo è l’Ia secondo McQuillan: non “intelligenza” - l’autore sembra fare sua la fortunata espressione della ricercatrice Kate Crawford, per cui l’Ia «non è né intelligente né artificiale» - ma «elaborate congetture statistiche», informate da una visione «astrattamente utilitarista» che finisce per insieme nascondere, riprodurre e amplificare ingiustizie e storture sociali, automatizzandole.
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