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La smaterializzazione di massa dei prodotti culturali li ha resi più accessibili ma anche più precari, con conseguenze difficili da calcolare

Nel 2024 la grande catena statunitense di negozi di elettronica Best Buy eliminerà gradualmente la vendita di Blu-ray e DVD di film e serie tv, come da piani aziendali emersi già a ottobre scorso. La popolarità dello streaming e dei download digitali, causa del progressivo declino delle vendite dei supporti fisici, ha prodotto ormai da anni un cambiamento radicale delle modalità di fruizione di massa dei prodotti culturali: cambiamento spesso dibattuto e raccontato, ma le cui conseguenze su larga scala e a lungo termine sono difficili da cogliere e valutare nell’insieme.

Il fatto che l’ascolto di una canzone o la visione di un film o una serie siano oggi esperienze nella maggior parte dei casi mediate da una piattaforma di streaming è assodato e ovvio, ma definisce una differenza significativa sotto molti aspetti rispetto a un passato relativamente recente. Fino a qualche anno fa quelle stesse esperienze richiedevano infatti, oltre che un dispositivo di lettura dei dati, un supporto materiale su cui i dati erano incisi: supporto peraltro necessario anche in caso di noleggio, e ora non più.

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Il prezzo dei modelli più economici è diminuito moltissimo negli ultimi vent'anni, ma c'è un costo nascosto

Oggi un televisore da 32 pollici con una definizione maggiore rispetto al modello del 2003, e la capacità di collegarsi a Internet per ricevere i servizi in streaming, costa tra i 150 e i 250 euro, cioè trenta volte meno di quanto sarebbe costato all’epoca, sempre fatti i dovuti aggiustamenti. Negli ultimi 20 anni il prezzo dei televisori più economici ha continuato a ridursi, inizialmente in modo significativo e in seguito più gradualmente con prezzi che possiamo definire stabili da qualche anno.

Su questa riduzione hanno inciso soprattutto l’enorme scala su cui sono prodotti i televisori, la semplificazione dei processi produttivi stessi e nuove possibilità di guadagno per i produttori, che non passano dalla vendita in sé dei televisori, ma dai dati che possono raccogliere sul loro utilizzo da parte di chi li acquista.

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Le smart tv comunicano e inviano dati anche a destinatari terzi. Un traffico, che secondo uno studio dell’Imperial college e della Northeastern university, non è necessario a fornire il servizio. È quello che emerge dalla nuova inchiesta di Report in onda su Rai 3 il lunedì 27 dicembre alle ore 21:20

Non siamo solo noi a guardare la tv, ora è la tv che guarda noi. Grazie agli esperimenti condotti dai ricercatori dell’Imperial College e della Northeastern University, è emerso che tra gli elettrodomestici intelligenti, le smart tv sono quelle che più di tutti contattano terze parti, cioè servizi di profilazione, pubblicità, tracking e destinazioni non richieste per fornire il servizio.

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